L’ex moglie ha diritto al tuo TFR? Cosa dice la legge

Ha diritto al 40% del TFR dell’ex coniuge chi percepisce l’assegno divorzile e non si è risposato. Vediamo quando spetta, come si calcola e quando si prescrive

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Giorgia Dumitrascu

Avvocato civilista

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Il divorzio chiude un capitolo, ma non sempre i conti. Uno dei dubbi più diffusi è se l’ex possa chiedere una parte del TFR. È una questione concreta, spesso ignorata fino al momento della liquidazione, quando un coniuge scopre che l’altro può vantare un diritto su una parte dell’indennità di fine rapporto. Vediamo come stanno le cose in base alla legge.

Quando l’ex coniuge ha diritto a una quota del tuo TFR

Il diritto dell’ex coniuge a una parte del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) non nasce in automatico con la separazione, ma solo nelle condizioni previste dall’art. 12- bis l. n. 898 del 1970 legge sul divorzio:

“L’ex coniuge ha diritto al 40 % dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro, ma solo in proporzione agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.”

In sostanza, devono sussistere i seguenti requisiti:

  • il divorzio deve essere già pronunciato, non basta la semplice separazione legale;
  • l’ex coniuge deve essere titolare dell’assegno divorzile, anche di modico importo;
  • non deve essersi risposato al momento in cui l’altro percepisce il TFR;
  • il TFR deve maturare al momento o dopo la proposizione della domanda di divorzio; la quota è esigibile quando l’altro coniuge percepisce il TFR.

Solo se tali presupposti coesistono, sorge il diritto alla quota.

Quando non spetta il TFR all’ex coniuge

La legge sul divorzio prevede casi in cui il diritto non sorge o si estingue.
In primo luogo, se non esiste un assegno divorzile, non c’è diritto alla quota di TFR.
Il secondo limite concerne le nuove nozze. Se l’ex coniuge beneficiario si è risposato prima che l’altro maturi o percepisca il TFR, il diritto si estingue in automatico. È il matrimonio a interrompere la continuità di tutela economica prevista dal divorzio, dal momento delle nuove nozze, l’ex coniuge non può più rivendicare alcuna quota.
Quanto al TFR conferito a un fondo di previdenza complementare, la quota ex art. 12-bis non si calcola sulla parte confluita nel fondo, perché la prestazione del fondo è distinta dal TFR. Se una parte del TFR resta residua e viene liquidata come TFR del datore di lavoro, la quota si applica solo su quella parte residua, sempre in proporzione agli anni di matrimonio.
Anticipi di TFR e incentivi all’esodo non entrano nella base di calcolo del 40%, in questo caso si tratta di prestazioni diverse per funzione e natura.
Infine, resta dirimente il momento in cui il TFR diventa esigibile. Solo se l’importo è effettivamente percepito dopo la proposizione della domanda di divorzio, l’ex coniuge può avanzare la richiesta. Se invece la liquidazione è avvenuta prima, anche in parte, nessuna quota è dovuta.

Come si calcola la quota

Una volta accertato che l’ex coniuge ha diritto al TFR, resta da capire quanto gli spetta e chi deve pagare. La quota è pari al 40% dell’indennità di fine rapporto riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio, compreso il periodo di separazione.
La formula giuridica si traduce così:

“Quota = 40% × (TFR netto × anni di matrimonio / anni di lavoro)”

Occorre ricordare che il calcolo avviene sul TFR netto, cioè dopo la trattenuta fiscale. La giurisprudenza ha chiarito che la percentuale va calcolata “sull’importo effettivamente percepito dal lavoratore”, non sul lordo (Cass. sent. n. 24421/2013).
Sono esclusi anche gli anticipi già erogati e le somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo, che non rientrano nel concetto di TFR in senso stretto.

TFR complessivo percepito € 50.000 (netti) base di partenza reale
Anni di lavoro totali 20 durata complessiva del rapporto
Anni coincidenti con il matrimonio (compresa separazione) 10 periodo rilevante ex art. 12-bis
Calcolo 40 % × (50.000 × 10 / 20) 40 % × 25.000 = € 10.000
Quota spettante all’ex coniuge € 10.000 importo finale dovuto

Chi paga

L’obbligo di versare la quota grava, di regola, sull’ex coniuge che ha percepito il TFR. L’ordine di pagamento diretto al datore di lavoro è una soluzione eccezionale (strumento di garanzia/esecuzione), non la via ordinaria di soddisfazione del credito.

TFR o TFS nel pubblico impiego: cosa cambia

Nel pubblico impiego molti lavoratori sono ancora in regime di TFS (trattamento di fine servizio), che non coincide con il TFR privato. Il diritto alla quota ex art. 12-bis può spettare, ma:

  • il momento di liquidazione è spesso dilazionato (più tranche);
  • la decorrenza della prescrizione segue la percezione di ciascuna tranche riferibile agli anni di matrimonio;
  • serve verificare i prospetti dell’ente erogatore, perché le regole di calcolo del TFS sono differenti.

Come richiedere la quota TFR all’ex coniuge

La richiesta può essere formulata solo dopo la cessazione del rapporto di lavoro o quando l’importo è determinato. Prima di quel momento la pretesa è inammissibile.
Per richiedere la quota di TFR occorre presentare un ricorso al Tribunale competente, in genere quello del luogo di residenza dell’ex coniuge obbligato o, se esiste una sezione specializzata, la Sezione Famiglia. È un procedimento di natura patrimoniale collegato al divorzio, ma distinto dal giudizio originario, non serve riaprire la causa, basta un’istanza autonoma in cui si chiede l’attribuzione della quota del TFR ex art. 12-bis l. n. 898/1970.
Nel ricorso devono essere allegati i documenti, perché il giudice possa verificare la sussistenza dei requisiti:

  • la sentenza di divorzio;
  • la prova della titolarità dell’assegno divorzile;
  • lo stato civile aggiornato (che dimostri l’assenza di nuove nozze);
  • l’attestazione del TFR maturato o percepito dall’altro coniuge;
  • il conteggio dettagliato della quota richiesta.

Dopo il deposito, il Tribunale convoca le parti per l’udienza e, se accoglie la domanda, condanna l’ex coniuge percettore del TFR al pagamento della quota dovuta. In caso di inadempienza, il provvedimento costituisce titolo esecutivo e consente di procedere con il pignoramento.

Entro quando agire: prescrizione e decorrenza dei termini

Il diritto alla quota di TFR si prescrive in 10 anni (art. 2946 c.c.). Non si applica la prescrizione abbreviata quinquennale dell’art. 2948 n. 5 c.c., perché non si tratta di ratei retributivi, ma di un credito autonomo collegato al giudizio di divorzio.
La prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui l’altro coniuge percepisce effettivamente il TFR.
Quindi, se il rapporto di lavoro dell’ex marito è cessato il 1° giugno 2025 e il TFR viene percepito il 30 settembre 2025. La prescrizione decorre dal 30 settembre 2025 e scade il 30 settembre 2035. Una diffida scritta o il deposito del ricorso interrompono la prescrizione e il termine ricomincia da capo (art. 2943 c.c.). La prescrizione può essere sospesa nei casi previsti dall’art. 2941 c.c.; la prova della sospensione spetta a chi la invoca.