Le imposte devono essere versate nei tempi e nei modi previsti dalle varie disposizioni fiscali. Questa regola generale si applica anche agli acconti e ai relativi saldi: l’omesso o parziale versamento può determinare l’irrogazione di una sanzione amministrativa, che può arrivare al 25% dell’imposta che è stata evasa (la regola parte dal 1° settembre 2024). Il contribuente ha la possibilità di regolarizzare la propria posizione aderendo all’istituto del ravvedimento operoso.
Indice
Saldo e acconto, come funzionano i versamenti
In Italia il sistema tributario segue una regola ben precisa. I contribuenti devono versare le imposte seguendo il meccanismo del saldo e degli acconti.
Trasversalmente tutti i contribuenti – società, privati e titolari di partita Iva – devono versare i tributi per il periodo d’imposta in corso, che l’anno successivo saranno conguagliate a credito o a debito a seconda delle situazioni personali.
Gli acconti devono essere versati per tutte le imposte sui redditi, tra i quali rientrano l’Irpef, l’Ires e le imposte alternative che devono pagare i contribuenti che hanno adottato il regime dei minimi e il regime forfettario.
Sempre alle regole dei saldi e degli acconti si piegano alcune imposte patrimoniali strettamente collegate alla dichiarazione dei redditi, come sono:
- l’Ivie, ossia l’Imposta sugli immobili detenuti all’estero;
- l’Ivafe, Imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero.
Gli acconti che i contribuenti devono effettuare nel corso del 2025 devono prendere in considerazione anche quanto previsto dal concordato preventivo biennale, almeno per quanti hanno deciso di aderirvi.
I pagamenti anticipati delle imposte devono essere effettuati sulla stima del reddito atteso per il periodo di imposta.
Gli acconti vengono generalmente versati in due rate, seguendo un calendario stabilito dalla legge. Suddividere i versamenti in questo modo ha uno scopo ben preciso: serve a spalmare gli oneri fiscali nel corso dell’anno, in modo che i pagamenti siano leggermente più equilibrati.
Le sanzioni previste per chi non effettua i versamenti
Sono diverse le motivazioni che possono portare un contribuente a non versare gli acconti: mancanza di liquidità, errori di calcolo e, almeno nei casi più estremi, evasione fiscale. Le conseguenze legali di questa omissione comportano l’irrogazione di una serie di sanzioni pecuniarie e all’applicazione degli interessi di mora.
Il legislatore ha introdotto una serie di penalità con uno scopo ben preciso: disincentivare il ritardo o la mancata corresponsione delle imposte e compensare pecuniariamente i mancati introiti dell’erario.
A determinare quali siano le sanzioni da applicare in caso di insufficiente o ritardato versamento degli acconti fiscali sono i Dlgs n. 471 e 472 del 1997, che hanno riformato il sistema sanzionatorio tributario non penale.i
Nel caso in cui il contribuente dovesse omettere il pagamento o effettuare un insufficiente o ritardato versamento degli acconti di Irpef, Ires, Irap e Iva si applicano:
- una sanzione amministrativa pari al 25% dell’importo che il contribuente non ha versato o ha pagato in ritardo;
- gli interessi di mora che risultano essere pari al 3,5% nel caso in cui il pagamento dovesse avvenire a seguito della notifica dell’avviso bonario – l’aliquota sale al 4% nel caso in cui gli importi non pagati dovessero essere iscritti a ruolo.
Le disposizioni che abbiamo elencato fino a questo momento valgono anche per gli altri versamenti fiscali in acconto come, solo per fare alcuni esempi, sono:
- la cedolare secca;
- l’imposta sostitutiva per regime dei minimi e regime forfettario;
- l’Ivie;
- l’Ivafe.
Quando le violazioni diventano penalmente rilevanti
Dimenticarsi di versare l’Iva o le ritenute d’acconto, quando l’obbligo dei versamenti scaturisce dalle dichiarazioni annuali, può avere delle conseguenze penali nel momento in cui vengono superate le soglie di punibilità previste dagli articoli 10-bis e 10-ter del Dlgs n. 74/00.
Nel caso in cui si dovesse realizzare questa eventualità, il contribuente ha la possibilità di sanare la propria posizione prima dell’apertura del dibattimento penale. Il reato, procedendo in tal senso, non è più punibile.
Nella maggior parte dei casi, le violazioni che sono connesse al mancato versamento degli acconti vengono contestate direttamente dagli uffici accertatori dell’Agenzia delle Entrate attraverso le normali attività dei controlli fiscali.
Il contribuente ha pur sempre la possibilità di muoversi in assoluta autonomia per sanare la propria posizione, utilizzando l’istituto del ravvedimento operoso.
Come funziona il ravvedimento operoso
Quando i versamenti sono tardivi, insufficienti o non sono stati effettuati, l’articolo 13 del Dlgs n. 472/97 permette di sanare la propria posizione ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso.
È possibile ricorrere a questa soluzione per i tributi che sono amministrati direttamente dall’Agenzia delle Entrate.
Lo si può utilizzare anche quando ha avuto inizio un controllo, ma è inibito nel momento in cui arriva la notifica dell’accertamento o dell’avviso bonario che vengono emessi dopo una liquidazione automatica o un controllo formale della dichiarazione.
È bene ricordare che i maggiori benefici del ravvedimento operoso si riescono a ottenere se vi si ricorre il prima possibile: più si lascia passare il tempo minore sarà la riduzione delle sanzioni.
A seconda del momento in cui viene regolarizzata la posizione del contribuente, la riduzione delle sanzioni dovrebbe essere da 1/10 del minimo a 1/6 del minimo.
Nel caso in cui il ravvedimento dovesse essere effettuato in un momento in cui la violazione è stata contestata mediante verbale, la riduzione è a 1/5 del minimo.
Fatte queste doverose premesse, la sanzione del 30%, che è stata formalmente prevista dall’ex articolo 13 del Dlgs. n. 471/97 e che deve essere da corrisposta per effetto del ravvedimento operoso, deve essere ridotta in base al tempo.