Trump vince sulla Fed, verso un nuovo taglio dei tassi dopo le pressioni

Sui tagli ai tassi di interesse nella Federal Reserve vince la linea Trump, pronta un'altra riduzione entro la fine dell'anno nonostante i timori sull'occupazione e l'inflazione

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Matteo Runchi

Editor esperto di economia e attualità

Redattore esperto di tecnologia e esteri, scrive di attualità, cronaca ed economia

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Tra il 28 e il 29 ottobre si terrà la riunione della dirigenza della Federal Reserve, la banca centrale statunitense. L’argomento principale sarà la politica monetaria, con gli analisti che prevedono una riduzione del tasso di interesse del dollaro di 25 punti base. Gli interessi dovrebbero essere fissati tra il 3,75% e il 4%, un costo del denaro molto alto rispetto a quello europeo, che è al 2%.

Sulla Fed pesano le pressioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che vuole un abbassamento molto netto dei tassi di interesse per contrastare il calo della crescita economica avvenuto nel 2025. Il governatore Jerome Powell sta però cercando di resistere, preoccupato per l’effetto dei dazi sull’inflazione e per i problemi nel mercato del lavoro.

La prossima riunione della Fed e il taglio dei tassi

Oltre al taglio dei tassi di 25 punti base, dato fondamentalmente per scontato, i mercati finanziari stanno agendo in previsione di un altro taglio entro la fine dell’anno, a dicembre. Dopo la riunione Jerome Powell rilascerà alcune importanti dichiarazioni a riguardo, che potrebbero spegnere gli entusiasmi.

Il governatore della Fed sta infatti ancora cercando di resistere alle pressioni della Casa Bianca, con il presidente Trump che sta continuando a mettere in dubbio l’indipendenza dell’istituzione finanziaria che governa il valore del dollaro.

La riunione del 29 ottobre sarà anche importante perché dovrebbe sancire la fine del Quantitative tightening. Si tratta dell’opposto del Quantitative easing, e quindi è una politica monetaria che prevede che la banca centrale prelevi liquidità dal mercato per sostenere il valore di una valuta.

Le pressioni di Trump sulla Fed

Trump, come detto, sta continuando a fare pressione sulla Fed. Al momento, oltre agli attacchi mediatici a Powell, il presidente degli Stati Uniti si sta concentrando su Lisa Cook, governatrice tra le 12 a sedere nell’organo che decide proprio sui tassi di interesse.

Nominata da Joe Biden durante la scorsa amministrazione, Cook è tra i principali oppositori delle pressioni di Trump sulla Fed. È stata però recentemente incriminata per una supposta questione riguardante un mutuo contratto da lei stessa per acquistare una casa. Poche settimane prima, Trump aveva tentato di licenziarla, ma un tribunale aveva bloccato il provvedimento, visto che il presidente degli Usa non ha questo potere, se non in casi eccezionali.

La ragione per cui Trump vuole un netto taglio dei tassi di interesse è l’effetto che questo dovrebbe avere sugli investimenti e sull’economia americana. Il Pil americano è previsto in crescita dell’1,8% nel 2025, molto meno del 2,8% dell’anno scorso.

Di cosa è preoccupato Powell

Gli effetti della diminuzione dei tassi però potrebbero essere anche altri, potenzialmente deleteri per l’economia americana. Powell ha spesso indicato come l’inflazione non si ancora del tutto sotto controllo. A settembre è ulteriormente cresciuta, portandosi al 3%, un punto percentuale sopra l’obiettivo del 2% che di solito permette alle banche centrali di allentare la stretta monetaria, come accaduto in Europa.

L’altra preoccupazione di Powell è il mercato del lavoro americano. Dopo anni di piena occupazione e di un tasso di disoccupazione sotto a quella considerata “naturale” (composta per lo più da persone che hanno lasciato volontariamente il lavoro e ne stanno cercando un altro), i dati hanno cominciato a peggiorare. Ad agosto la disoccupazione era al 4,3%, ma a calare era stato soprattutto il tasso di occupazione, al 59,6%. Questo, unito a una riduzione degli inattivi, significa che sempre più persone cercano lavoro, ma sempre meno lo trovano.