In questi giorni in molte città abbiamo assistito ad un vero e proprio assalto dei supermercati. Il panico del conflitto in Europa ha infatti spinto diverse persone a fare scorte, rifornendosi di beni di prima necessità, carburante e viveri. Proprio come successo durante il primo lockdown, la storia si è ripetuta e gli scaffali sono rimasti vuoti. Ma c’entra davvero la guerra?
Supermercati vuoti: no, non è colpa della guerra. Lo sciopero degli autotrasportatori blocca i rifornimenti
Se alcuni scaffali dei supermercati sono rimasta vuoti, in questi giorni, non è colpa della guerra in Ucraina. I ritardi dello scambio internazionale e della produzione estera non hanno infatti niente a che fare con la mancanza di scorte in Italia. All’origine di questa interruzione dei rifornimenti, infatti, c’è lo sciopero degli autotrasportatori contro il caro carburante (qui i prezzi record di diesel e benzina raggiunti a febbraio).
La protesta, durata 48 ore, è stata sospesa sabato 26 febbraio 2022 (qui le richieste avanzate), ma è stata la causa del blocco di molte merci, non arrivate o arrivate con ritardo nei magazzini della grande distribuzione.
I reali effetti della guerra in Ucraina sulle scorte di cibo e pasta
Al momento, per quanto riguarda i beni di prima necessità (come pane, pasta e cibo in generale) l’unico rischio che corriamo – conseguente alla guerra in Ucraina – è quello dell’aumento dei prezzi.
I paesi occidentali hanno imposto severe sanzioni alla Russia nel tentativo di paralizzare la sua economia e indebolire il suo sforzo militare (qui il piano per isolare Putin). Ma le ricadute economiche potrebbero anche avere un forte impatto finanziario sulle persone in tutto il mondo, dalla disponibilità di cibo al costo dell’energia e della benzina. Si prevede che il conflitto Russia-Ucraina porterà questi ultimi ancora più in alto, dopo aver fatto raggiungere al petrolio il prezzo più alto degli ultimi sette anni.
Inoltre, l’Ucraina esporta e vende molto grano su scala mondiale. Per questo motivo gli analisti hanno avvertito che la guerra potrebbe avere un impatto sulla produzione di cereali e, quindi, contribuire a far raddoppiare i prezzi globali del grano.
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Rischio inflazione: quali saranno le conseguenze?
La fase di ripresa dell’economia mondiale, dopo l’emergenza Covid, è caratterizzata da minore dinamismo ed elevata e diffusa inflazione, anche in Italia. Secondo i dati ISTAT, nel quarto trimestre 2021, il Pil italiano ha segnato un ulteriore incremento a sintesi di un aumento del valore aggiunto dell’industria e dei servizi. Dal lato della domanda, si segnala il contributo negativo della componente estera netta. La crescita acquisita per il 2022 è pari al 2,4%.
A gennaio, l’inflazione (che misura la velocità con cui il costo della vita aumenta nel tempo, ndr) ha inoltre mostrato una ulteriore crescita in Italia: il valore acquisito per l’anno corrente è +3,4%.
Secondo il Center for Economics and Business Research, tuttavia, l’inflazione potrebbe raggiungere quasi il 10% nelle principali economie occidentali se il costo dell’energia e del cibo venisse spinto ancora verso l’alto dalla diminuzione delle forniture causata dal conflitto russo-ucraino.
Trend del genere potrebbero spingere le principali banche europee e mondiali a rivedere – aumentando – i tassi di interesse dei prestiti. Di conseguenza, se chiedere una linea di credito iniziasse a essere sempre più costoso, le persone potrebbero avere sempre meno soldi a disposizione.