Il prezzo dell’olio d’oliva continua a salire e, al tempo stesso, la sua produzione è in netto calo. Un tema che non trova abbastanza spazio nelle discussioni politiche. La realtà, però, è che una delle produzioni italiane più importanti è in ginocchio e l’ingente domanda internazionale potrebbe non essere soddisfatta nei prossimi anni.
Aumenta il costo dell’olio
La produzione d’olio d’oliva ha un costo sempre maggiore. Un trend preoccupante, che lascia presagire anni futuri ancor più complessi per i principali produttori europei. In Italia si è registrato un aumento del 47%, mentre in Grecia la produzione d’olio ha oggi un costo superiore del 45%. Ancor peggio la situazione in Spagna, che fa fronte a un aumento devastante del 61%.
Un effetto domino che ricade ovviamente anche sulle tasche dei consumatori, ma non solo. Pensiamo ad esempio al settore della ristorazione, con prodotti generalmente economici come la pizza che ora vantano un ingrediente di colpo più costoso della norma.
La produzione presenta spese maggiorate anche per quanto concerne varianti di minor pregio. È il caso dell’olio vergine d’oliva e l’olio lampante, che in Italia hanno subito rincari del 70% e 58%, rispettivamente.
Perché il prezzo dell’olio è in aumento
Non esiste una sola motivazione dietro l’aumento del costo della produzione dell’olio. Si tratta di una concatenazione di eventi che hanno condotto a questa condizione, a partire dall’aumento del costo dell’energia degli ultimi mesi.
Su tale fronte si è registrato un miglioramento ma le stime non promettono nulla di buono nella seconda parte del 2023, con un nuovo rialzo delle bollette. Anche l’uso dei fertilizzanti rappresenta oggi una spesa ben maggiore rispetto al recente passato, considerando i rincari tanto nella produzione che nel trasporto.
Una condizione preoccupante ma non devastante, considerando come l’intera economia stia subendo questi effetti, figli anche di varie speculazioni, sui quali i governi europei sono al lavoro. Il vero ostacolo insuperabile è rappresentato dalla siccità.
Il cambiamento climatico ha un impatto devastante, al di là di quanto sostengano i negazionisti, e la scarsità d’acqua sta riducendo in maniera evidente i raccolti di olive in tutta l’area del Mediterraneo.
Se a una minor disponibilità si contrappone un’identica domanda (qualora non aumentata), è facile comprendere come una data materia, come l’olio d’oliva in questo caso, possa definirsi più ricercata e, secondo i criteri di mercato, più cara.
I produttori tentano di riottenere i propri livelli di guadagni aumentando i prezzi, facendo anche fronte ai “momentanei” rincari delle forniture. Nel corso dei prossimi anni, però, a meno di interventi governativi e migliori condizioni climatiche, la domanda mondiale d’olio non verrà più soddisfatta.
Lo scenario del mercato per come lo conosciamo oggi potrebbe radicalmente cambiare. Basti pensare che la produzione europea è da sola responsabile per il soddisfacimento di due terzi della domanda globale.
Le previsioni sono però allarmanti e la Commissione europea sottolinea come quest’anno vedrà un calo produttivo del 40%, che si traduce in circa 1 milione di tonnellate d’olio in meno. In futuro, alquanto prossimo, potrebbero conquistare maggior rilevanza mercati extraeuropei, come Turchia, Marocco e Tunisia, che riusciranno a mantenere costante la produzione mondiale, almeno per quest’anno. A questo ritmo, però, un settore di pregio dell’Unione europea pare destinato a trasformarsi per non soccombere.