La Cina investe in Italia: dove si sta allargando e perché

Il governo di Pechino ha messo nel mirino l’area portuale di una delle città più importanti delle nostre coste: un progetto enorme che spaventa Washington

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Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

Come direbbe Pierluigi Bersani (indiscusso leader nazionale nell’uso delle metafore linguistiche): “C’è una mucca nel corridoio, ma nessuno la vede“. Sembra essere questa l’espressione più azzeccata per descrivere ciò che sta avvenendo da un po’ di tempo a Taranto, in Puglia, una delle cittadine più osservate e discusse della nostra penisola, non solo per le bellezze mozzafiato che contraddistinguono il suo territorio (a cominciare dal mare cristallino delle coste adriatiche), ma anche per le innumerevoli vicende politiche e imprenditoriali che l’hanno caratterizzata negli ultimi anni.

La mucca, si diceva. Ebbene, questa presenza ingombrante ma ignorata a cui fa spesso riferimento l’ex segretario del PD oggi la si può identificare con una delle maggiori potenze globali, ossia la Cina. Questo perché ormai da diversi anni la politica estera del Dragone nel continente europeo mira ad espandere la propria sfera di influenza non solo tramite la sottoscrizione di diversi accordi commerciali in molti settori di import ed export (in primis, ad esempio, quella delle componenti tecnologiche per la produzione di auto elettriche), ma anche attraverso veri e propri investimenti milionari nelle infrastrutture cardine del Vecchio Continente.

Porto di Taranto e “Via della Seta”: tutti gli affari di Pechino in Italia

Questo è ciò che sta avvenendo proprio a Taranto, per esattezza nel porto della cittadina pugliese, dove i vertici politici e finanziari di Pechino hanno deciso di intervenire per portare a termine un progetto di cui si parla da anni, ma che in queste ultime settimane sta subendo un’accelerazione senza precedenti.

Tutto inizia nell’estate del 2020, quando un gruppo cinese di enormi dimensioni – il vecchio e glorioso marchio Ferretti, da sempre un’eccellenza nel comparto della cantieristica navale – avvia un progetto industriale per la riqualificazione di una parte importante dello scalo nautico. Un piano d’investimento che punta a coinvolgere numerose aziende del territorio, a pochi chilometri dalla base militare della Nato attiva da decenni, una delle più strategiche nel Mediterraneo per la politica estera degli Stati Uniti.

Già 3 anni fa l’operazione aveva suscitato forti preoccupazioni a Washington, con l’allora governo di Giuseppe Conte che volle subito rassicurare gli alleati d’oltreoceano specificando che la presenza della Cina a Taranto nulla c’entrava con la cosiddetta “Via della Seta” (il folto reticolato di accordi commerciali stretto tra Roma e Pechino in quei mesi).

Maxi investimento della Cina nel porto di Taranto: cosa sta succedendo in Puglia

Oggi si fatica a credere alla veridicità delle parole dell’allora premier grillino. Se non altro perché negli ultimi giorni il gruppo Ferretti sta ampliando in modo inverosimile il proprio raggio d’azione nella cittadina pugliese, mirando a prendere l’intero controllo del porto. L’obiettivo è quello di dare vita ad una piattaforma logistica di oltre 150mila metri quadrati, da realizzare in collaborazione con un’altra società del settore, denominata “Progetto Internazionale 39“. Da poco quest’ultima si è aggiudicata il bando per l’avvio dei lavori, nonostante sulle sue attività imprenditoriali abbia messo il mirino la Guardia di Finanza.

Ci sarebbero già tutti gli elementi per uno scoop, ma l’intreccio non finisce qui. Si è infatti scoperto che il volto di riferimento della “Progetto Internazionale 39” porti il nome di Gao Shuai, manager che da diversi anni fa da ponte tra le imprese italiane e il governo cinese. È direttamente lui a detenere il 33% dell’azienda e a dettare la linea: il sospetto è che dietro la sua figura agiscano direttamente i ranghi più alti del governo di Pechino.