Aiuti sanità: Governo vara nuovo tesoretto, ma non basta

Le misure della manovra continuano a fare discutere, con le regioni che protestano contro il Governo per i pochi fondi per la sanità

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

All’interno della legge di Bilancio 2023, che dovrà essere approvata entro il 31 dicembre prossimo per evitare l’esercizio provvisorio, il Governo del presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha deciso di inserire anche una serie di aiuti per la sanità italiana. Si tratta di misure per un totale di 2 miliardi di euro all’anno fino al 2024, ma nonostante le cifre sembrino suggerire la presenza di un tesoretto per il settore, a dir il vero sarebbero esigue.

A storcere sin da subito il naso sono state le Regioni, che ancora una volta hanno fatto polemica con l’esecutivo per una manovra che non tiene in considerazione le richieste fatte per affrontare prima di tutto le spese impreviste di questo 2022, ma anche e soprattutto quelle per migliorare il settore anche dopo le tante spese legate al Covid.

Aiuti alla sanità, cosa è stato inserito in manovra

Per poter trovare le misure in favore della sanità bisogna arrivare fino all’articolo 86 della Finanziaria nel quale si legge di “Adeguamento del livello del finanziamento del servizio sanitario nazionale e disposizioni in materia di vaccini e farmaci”. Si tratta di un ritocco nelle cifre rispetto al fondo sanitario nazionale varato dal precedente governo di Mario Draghi, con l’esecutivo di Giorgia Meloni che ha deciso di aggiungere 2 miliardi in più per ogni anno fino al 2024, con la sanità che andrà quindi a incassare 125,6 miliardi quest’anno, 128 nel 2023 e 130 nel 2024.

Al settore verranno poi dati ulteriori fondi per incrementare gli acquisti di vaccini e farmaci anti Covid, aumentando di 650 milioni il tesoretto già in possesso. Nella manovra è stato inserito poi un altro aumento, quello d’indennità a chi lavora al pronto soccorso, che passerà dai 90 milioni indicati dallo scorso governo per quest’anno a 200. Bisogna sottolineare che non si tratta di un nuovo stanziamento, ma semplicemente di un vincolo di spesa che viene messo sul Fondo sanitario nazionale, con 60 milioni di euro che verranno usati per i medici e 140 milioni per il resto del personale in servizio.

Altre misure presenti sono quelle per finanziare azioni di contrasto all’antibiotico-resistenza (40 milioni) e gli aumenti per le farmacie (150 milioni) per il rimborso dei farmaci che vengono erogati ai pazienti con ricetta.

La proteste delle Regioni: “Pochi soldi”

Ma la manovra non piace alle Regioni e ai medici. Se infatti dalle Regioni era arrivata la richiesta di nuovi fondi per poter affrontare la crisi imprevista degli ultimi mesi, il Governo non si sarebbe discostato di tanto dai suggerimenti dati con il settore che non andrebbe a ricevere ulteriori fondi per lo sviluppo della sanità italiana. Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe, ha infatti sottolineato che con questa Finanziaria “la sanità pubblica continua a rimanere fuori dalle priorità del Paese nonostante le enormi criticità esplose con la pandemia, non è stato fatto nessun ulteriore investimento per la salute delle persone”.

Per il microbiologo e senatore Pd, Andrea Crisanti, l’aumento di 2 miliardi di euro al Fondo sanitario nazionale “non è sufficiente” in quanto “i 2 miliardi di cui si parla servono a malapena per coprire i costi delle bollette”. Dello stesso avviso i medici che hanno sottolineato che si tratta di “briciole”: “Alla sanità del 2023 vengono destinate certo più risorse, ma per bollette e vaccini e farmaci anti-Covid- ribadisce l’Intersindacale medica che riunisce più sigle dei camici bianchi- non per servizi e personale”.