Tim ha diritto al rimborso dall’Italia dei canoni versati: la cifra arriva a 1 miliardo 

La Corte d’Appello di Roma si è espressa sul ricorso presentato dall’Italia decretando che Tim ha diritto a ottenere il rimborso dei canoni indebitamente versati nel 1998: la cifra è vicina a 1 miliardo di euro. 

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Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Pubblicato: 22 Gennaio 2025 19:00

Dopo un’attesa durata a lungo, ben 25 anni, è arrivata la decisione finale da parte della Corte di Appello di Roma sul caso dei “canoni indebiti” pagati da Tim allo Stato italiano. Più nello specifico, la società dovrà essere risarcita di circa 530 milioni di euro più interessi (circa 1 miliardo di euro) in cambio dei canoni di licenza pagati, anche se non dovuti, nel 1998. Si tratta dell’anno successivo alla liberalizzazione del settore, con Tim che aveva chiesto indietro all’Italia le cifre erogate. Si ricorda, inoltre, che dopo il ricorso presentato dalla presidenza del Consiglio, la Corte di Appello di Roma aveva invitato le parti a trovare un accordo transattivo. Questo non è stato evidentemente raggiunto, con il dispositivo del tribunale favorevole a Tim che ha fatto volare il titolo dell’azienda in borsa: a Piazza Affari è cresciuto fino al 2,5% a 0,267 euro, per poi riscendere .

Le somme dovute a Tim

L’iter che ha portato oggi Tim a ottenere il rimborso delle somme indebitamente versate all’Italia è stato molto lungo. La vicenda, come detto, fa riferimento ai canoni del 1998, con la Corte d’Appello che aveva già nei mesi scorsi condannato lo Stato a pagare la somma di 528.711.476,152 euro a Tim. Tale cifra, considerando anche la rivalutazione degli interessi, arrivava a  995.250.242,87 euro. E ancora, per ogni anno di ritardo nel pagamento dalla data di pubblicazione della sentenza, il 3 aprile 2024, la Corte ha previsto la maggiorazione delle somme dovute con un interesse pari a  24.879.935,93 euro.

Il ricorso infruttifero dello Stato

Contro la decisione della Cassazione, la Presidenza del Consiglio aveva presentato ricorso, focalizzando la propria tesi sulla “dimensione della somma portata dalla sentenza” che rende “evidente l’impossibilità per il bilancio dello Stato di reperire la liquidità necessaria a un ipotetico pagamento integrale e immediato, rendendosi necessario, a questo fine, inevitabilmente apportare modifiche alle previsioni di cassa stabilite dalla vigente Legge di Bilancio n. 213/2023 attraverso uno specifico intervento legislativo”.

A quanto detto va aggiunto inoltre che lo Stato italiano aveva mancato di rispondere alla proposta avanzata dal legale di Tim, Romano Vaccarella, che aveva ipotizzato l’ipotesi di uno sconto di 150 milioni di euro e di un pagamento rateizzato per la restante somma.

Alla Legge di Bilancio del 2023 in precedenza citata, ha fatto seguito quella del 2024, con il ricorso della Presidenza del Consiglio che sottolineava come “su una complessiva manovra di spesa di 28 miliardi di euro, l’importo di condanna pari a oltre 783 milioni incide per il 2,8%“, andando quindi a creare un forte “pregiudizio per il bilancio dello Stato e più in generale per gli interessi di rilevanza costituzionale tutelati dalle previsioni della legge di bilancio”. E ancora, la cifra richiesta “supererebbe per gravità ogni ipotetico beneficio derivante al creditore dall’incasso certamente precario di una somma fortemente contestata e soggetta al giudizio della Corte di Cassazione sotto tutti gli articolati profili rilevati dai motivi di impugnazione”.

Il comunicato di Tim

Subito dopo la decisione della Corte d’Appello di Roma, Tim ha rilasciato un comunicato nel quale specifica che la somma dovuta alla società dall’Italia “è pari al canone originario, di poco superiore a 500 milioni di euro, più la rivalutazione e gli interessi maturati per un totale pari a circa 1 miliardo di euro”. Inoltre, viene indicato che “la sentenza è immediatamente esecutiva” e che Tim “avvierà da subito le procedure per il recupero dell’importo in questione”.