Taglio dei tassi generalizzato, effetto Trump sulle strategie delle Banche centrali

Fra i fattori che influenzano le politiche monetarie delle Banche centrali ci sono i proclami di Donald Trump, che minaccia una raffica di dazi

Foto di Mauro Di Gregorio

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 6 Gennaio 2025 15:09

La Bce non è da sola nella sua ritrovata politica di taglio dei tassi di interesse: diverse altre Banche centrali, dislocate nei cinque continenti, stanno seguendo lo stesso iter.

Il filo conduttore che spinge verso tale schema è sempre il medesimo: l’incertezza sull’evoluzione dell’economia dovuta all’inflazione persistente, l’instabilità economica globale e i rischi politici.

I dazi di Donald Trump

L’ultima voce va interpretata con particolare riferimento agli annunci fatti da Donald Trump, 47° presidente eletto degli Stati Uniti d’America che si insedierà il prossimo 20 gennaio e che ha promesso di terremotare l’economia mondiale a colpi di dazi.

Gli economisti prevedono che quasi tutte le principali economie metteranno in atto un allentamento monetario nel corso del 2025, ma si prevede che lo facciano con cautela, ritmi relativamente lenti e con particolare attenzione alle politiche trumpiane.

Bloomberg Economics ritiene che la misura aggregata dei tassi di interesse delle economie avanzate scenderà di soli 72 punti base nel 2025, meno di quanto accaduto nel 2024. Se da una parte l’elezione di Trump è stata accolta con fiducia dall’economia americana e dal mercato delle criptovalute, dall’altra parte il resto del mondo ha il fiato sospeso. Bloomberg ha preso in esame le politiche di 23 Banche centrali, che rappresentano il 90% dell’economia globale, e la maggioranza di esse pare orientata al taglio dei tassi, misura che imprime un boost all’economia perché rende i prestiti più convenienti per le aziende, che così si sentono incentivate a investire.

L’effetto sui mutui

Ma il taglio dei tassi, per i cittadini, si traduce anche in rate dei mutui più convenienti. Prima di fare i salti di gioia, è però opportuno ricordare che a mutui più convenienti corrispondono quasi sempre prezzi di acquisto e di affitto più alti. Dopo i tagli della Bce, la tendenza attuale in Italia, e non solo, è quella di rate dei mutui più basse per contratti dagli importi più alti.

Delle realtà analizzate, solo Giappone e Brasile sembrano orientate a rimandare il taglio dei tassi, così da contenere l’inflazione. La previsione degli analisti è che il tasso medio delle Banche centrali delle economie avanzate passi dal 3,6% registrato alla fine del 2024 al 2,9% per la fine del 2025.

La mossa della Federal Reserve

Per quanto riguarda la Federal Reserve, si prevede che per la fine del 2025 il tasso sui fondi federali cali dall’attuale 4,5% al 3,75%. Osservati speciali negli Usa sono il mercato del lavoro, soprattutto nel settore automotive, e l’inflazione che sembra essersi stabilizzata al di sopra dell’obiettivo del 2%. Il presidente Jerome Powell si è detto cautamente fiducioso che la politica monetaria della Fed rimanga significativamente restrittiva e che l’inflazione continui a diminuire. Tali dichiarazioni sono state accolte con scetticismo da più di un economista negli Usa. Trump ha invece una predilezione per il mix di tassi bassi e mercati azionari in crescita, per cui la situazione potrebbe mutare nel breve periodo.

L’economista Anna Wong di Bloomberg ritiene che “alla fine la Fed dovrà tagliare di 75 punti base nel 2025 e nel 2026, poiché il tasso di disoccupazione continua a salire, raggiungendo il 4,7% alla fine del 2025 e il 5,0% nel 2026″.