Shein multata in Italia, 1 milione per pubblicità falsa e greenwashing

L’Autorità contesta a Shein pubblicità vaghe su moda green, riciclo e riduzione di emissioni, in contrasto con il suo modello fast fashion

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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Shein è stata multata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per 1 milione di euro. L’accusa nei suoi confronti è di aver utilizzato pubblicità ingannevoli e omissive nella promozione della vendita dei prodotti di moda, nello specifico quelle tipologie di prodotti dichiarati “sostenibili”.

I clienti sarebbero quindi stati ingannati con l’utilizzo di claim dalla veste green come “Responsabilità sociale”, utilizzo di fibre green e un presunto sistema di progettazione circolare o di riciclabilità dei prodotti. Secondo l’Antitrust, se non del tutto false, tali pubblicità risultano confusionarie e non chiare.

Antitrust contro Shein: multa da 1 milione di euro

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato accusa Infinite Style Services (nome in Europa per la distribuzione dei prodotti Shein) di aver fatto una falsa promozione di prodotti di abbigliamento presenti nel suo catalogo online. Viene accusata di una condotta ingannevole e omissiva attraverso inserzioni promozionali, ma anche informative riconducibili all’intero periodo del 2023.

Contro Shein sono stati presentati diversi punti.

Dichiarazioni ingannevoli su Sheintheknow

Affermazioni contenute nella sezione del sito #SHEINTHEKNOW, pagina che spiega la circolarità della produzione, ma anche la qualità dei prodotti e il consumo responsabile attraverso affermazioni di riduzione, riusa e riciclo dei capi di abbigliamento.

Secondo l’Antitrust risultano indicazioni vaghe e generiche e non supportate da dati e prove oggettive.

Dichiarazioni ingannevoli su evoluShein

Affermazioni contenute nella sezione del progetto di sostenibilità ambientale “evoluShein”, presentato nel 2022 con una prima collezione dichiarata sostenibile perché prodotta con materiali dichiarati ecosostenibili.

Tuttavia non ci sono indicazioni sulla provenienza responsabile dei materiali utilizzati per realizzare ogni singolo capo e non ci sono informazioni in merito alla riciclabilità, all’inquinamento delle acque, alle emissioni di CO2 per la produzione, il trasporto, lo smaltimento e molto altro.

Dichiarazioni su Responsabilità sociale

Affermazioni relative alla riduzione dell’immissione di gas serra nella sezione dedicata alla “Responsabilità sociale”, dove Shein dichiara di voler ridurre le emissioni, ma non ci sono dati in merito.

Le prove del greenwashing

Nel documento pubblicato dall’AGCM, ovvero il provvedimento, si racconta l’iter per l’acquisizione delle prove delle accuse mosse contro Shein. Nel provvedimento si vuole ricordare che Shein è un noto produttore del settore fast e ultra fast fashion.

Le sue caratteristiche sono incompatibili con i messaggi green e sostenibili delle inserzioni presenti sul sito. Il modello di business è riportato come il seguente:

  • enormi volumi e varietà di capi di abbigliamento venduti a prezzi bassi e concepiti per un uso limitato, ovvero usa e getta, per perseguire nuove mode e tendenze;
  • spedizioni in tempi brevi, prevalentemente dalla Cina via aereo o mare;
  • alti livelli di rifiuti destinati allo smaltimento, nonché il rilascio di microplastiche;
  • impatto ambientale elevato, anche per l’utilizzo massiccio di data center.

Non vengono poi citati nel dettaglio i problemi di sostenibilità ambientale e umana, ma è chiaro il messaggio che il documento vuole mandare: sono più le prove che raccontano di una realtà poco compatibile con la sostenibilità ambientale rispetto alle inserzioni vaghe di natura “green”.

Questo rende, secondo l’Antitrust, le operazioni “sostenibili” di Shein ingannevoli e quindi accusabili di greenwashing.

Shein si difende: un “modello produttivo diverso”

Shein fa sapere attraverso il suo ufficio stampa di aver

collaborato attivamente con l’Agcm durante tutto il procedimento, adottando tempestivamente tutte le misure necessarie per rispondere alle criticità sollevate non appena ne è venuta a conoscenza.

Nel comunicato si legge anche:

Abbiamo rafforzato i nostri processi interni di revisione e migliorato il sito web, con l’obiettivo di garantire che tutte le dichiarazioni ambientali siano chiare, specifiche e conformi alla normativa vigente.

Dopo che l’Antitrust aveva contestato le campagne green e sostenibili di Shein, questa nel 2024 si è difesa contestando l’ipotesi dell’impatto ambientale del proprio modello produttivo.

Secondo Shein infatti il suo modello di business è diverso dai tradizionali perché è progettato per allineare la domanda dei clienti con l’offerta di prodotti e minimizzare gli sprechi di inventario.

Rispetto alla tematica ambientale e ai materiali utilizzati, Shein dice di rispettare gli standard di qualità. Inoltre, si sta impegnando, dice, per usare solo materiali di provenienza responsabile, con certificazione da terze parti indipendenti, e di stare migliorando la gestione dell’acqua.

Le inserzioni sostenibili sono circoscritte a programmi sperimentali, come nel caso di ritiro e riciclo dei capi di abbigliamento o agli eventi pop-up negli Stati Uniti, in Messico e in Europa.

Inoltre, nel caso di #SHEINTHEKNOW, si tratterebbe solo di un’iniziativa di comunicazione di info-marketing destinata al mercato inglese per intensificare l’interazione con la community sui social e promuovere iniziative ed eventi.

Quindi, chiude quelli che sono le problematicità presentate dall’Antitrust rispondendo che è vero che i prodotti non possono essere riciclati in altri capi di abbigliamento, ma non si può dire che non possano essere riciclati o riutilizzati come tessuti industriali, imbottiture, materassi eccetera.

Sulla questione dell’obiettivo di ridurre del 25% le emissioni entro il 2030, Shein non ritiene che siano fuorvianti, perché vengono contestati i rapporti di emissione del 2022 e del 2023, ma andrebbero considerati quelli più aggiornati.

Tutto ciò non ha convinto l’Antitrust, che ha presentato motivazioni ulteriori per arrivare alla delibera: una multa di 1 milione di euro per aver ingannato i consumatori con pubblicità false o poco chiare in merito alla sostenibilità dei prodotti e all’impatto ambientale del loro modello di produzione.

Agcom dalla parte dei consumatori

La multa a Shein viene considerata una vittoria da chi si batte per offrire ai consumatori la piena consapevolezza durante gli acquisti. Altroconsumo, per esempio, lotta contro il greenwashing la pubblicità ingannevole con una serie di iniziative per informare i consumatori e aiutarli a capire quali sono gli annunci “falsi”.

“Questa sanzione dimostra che le nostre denunce erano fondate. Shein non si limita a usare dark pattern per spingere agli acquisti compulsivi, ma mente anche sull’impatto ambientale”, commenta Anna Vizzari, coordinatrice public affairs di Altroconsumo. Per Vizzari, quella di Shein è una strategia coordinata per nascondere la realtà, ovvero che il fast fashion è insostenibile.

Ma Shein non è l’unica: le tecniche per convincere in maniera ingannevole a fare acquisti di cui non si ha alcun bisogno sono comuni sui siti online di abbigliamento. Altroconsumo propone un nuovo modello di consumo e ha lanciato ‘Impegnati a Cambiare’, un progetto che ha lo scopo di costruire una nuova cultura del consumo più consapevole e sostenibile, anche sul tema della moda.