Meno soldi per i servizi sociali al Sud, al Nord 607 euro pro capite

L'Istat fotografa le disuguaglianze: la spesa sociale comunale in Italia è ferma allo 0,46% del Pil, ma il divario Nord-Sud si allarga

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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Secondo l’ultimo aggiornamento Istat sulla spesa dei Comuni per i servizi sociali, pubblicato il 24 settembre 2025, nel 2022 le amministrazioni locali hanno speso complessivamente 10,9 miliardi di euro per i servizi sociali e socio-educativi, cifra questa che in rapporto al Pil resta ferma allo 0,46%, ma che nasconde squilibri territoriali molto marcati. Infatti la spesa media per abitante varia molto da Nord a Sud, e traccia un quadro che ancora una volta penalizza i territori del Mezzogiorno.

A fronte di una media nazionale di 150 euro a persona, i dati regionali mostrano persistenti disuguaglianze economiche e infrastrutturali, registrando il picco con una spesa di ben 607 euro per abitante nella Provincia Autonoma di Bolzano e, al contrario, in Calabria l’estremo opposto, con un valore esiguo di appena 38 euro pro capite.

Perché la spesa in servizi sociali varia da Nord a Sud

Rispetto al 2021, la spesa complessiva dei Comuni in un anno è cresciuta del 5,8%. Tuttavia questo aumento non è bastato a colmare il divario Nord-Sud, che resta strutturale.

Va specificato, comunque, che il welfare territoriale italiano è finanziato in gran parte da risorse locali, ovvero dalla capacità fiscale dei Comuni e delle Regioni. E al Nord la percentuale di spesa che viene finanziata direttamente dalle risorse generate internamente dal territorio supera il 60%, mentre al Sud scende a poco più del 30%.

Quindi, i territori con meno reddito disponibile riescono a raccogliere meno risorse, e di conseguenza offrono meno servizi. Con uno scarto enorme, come confermano i dati Istat aggiornati, per cui chi è nato a Reggio Calabria riceve, in termini di servizi e sostegno, meno di un decimo di quanto possa aspettarsi un suo coetaneo a Bolzano (dove la spesa per il sociale è oltre 15 volte quella calabrese).

Come e dove vengono spesi i soldi del welfare locale

In media, la spesa per i servizi sociali e assistenziali in Italia varia tra i 78 euro del Sud e i 207 euro del Nord Est, passando per i 165 euro del Centro, i 162 euro del Nord Ovest e i 144 euro delle Isole.

A livello regionale le differenze sono ancora più marcate e il valore minimo è proprio quello di 38 euro pro-capite in Calabria, mentre quello massimo è di 607 euro pro-capite della Provincia Autonoma di Bolzano.

Inoltre, la spesa media pro-capite è decisamente più alta nelle città con più di 50mila abitanti (196 euro), mentre si mantiene sotto la media nazionale per i comuni più piccoli.

I differenziali si ampliano ulteriormente se si combina l’ampiezza dei Comuni e l’area geografica, per cui la media pro-capite varia dal minimo di 51 euro dei comuni più piccoli (fino a 2mila abitanti) del Sud al massimo di 292 euro dei Comuni più grandi (con oltre 50mila abitanti) del Nord Est. Inoltre, nei comuni più grandi del Sud il livello di spesa pro-capite (102 euro) è inferiore a quello registrato nei Comuni più piccoli del Nord Est (220 euro).

Il valore particolarmente elevato che caratterizza la spesa nei piccoli comuni delle Isole (235 euro) è dovuto alla specificità della Sardegna, dove risulta alta la spesa per i servizi destinata a persone con disabilità e agli anziani residenti nei piccoli centri.

Se si guarda alla composizione della spesa, dal report Istat emerge che:

  • il 37,3% delle risorse è destinato a bambini, famiglie e servizi per la prima infanzia;
  • il 27,5% all’assistenza delle persone con disabilità;
  • il 14,8% agli anziani;
  • il 9% al contrasto della povertà ed esclusione sociale.

L’impatto sui cittadini

Nel 2022 sono stati circa 2,3 milioni i cittadini presi in carico dai servizi sociali professionali, con un incremento del 6,6% rispetto all’anno precedente. Tuttavia,  anche a causa delle disparità si che si riflettono direttamente sulla vita delle persone, mentre al Nord  gli utenti serviti sono 5,2 ogni 100 abitanti, al Sud sono appena 2,6.

Non è solo un numero, è una frattura nell’accesso ai diritti fondamentali: un cittadino meridionale ha la metà delle probabilità di trovare un assistente sociale che lo aiuti rispetto a uno del Nord.