Proroga del concordato preventivo biennale, no del Governo: commercialisti in sciopero

Il Governo ha ribadito che non sarà concessa nessuna proroga del concordato preventivo biennale, facendo scattare lo sciopero delle associazioni dei commercialisti

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Pubblicato: 31 Ottobre 2024 20:45

Nessuna proroga sui termini di adesione al concordato preventivo biennale. Come promesso il Governo non ha accordato l’estensione dell’ultimo minuto, richiesta da più parti, della scadenza del 31 ottobre sulla misura pensata per prevenire l’evasione fiscale. La presa di posizione ha fatto alzare le barricate alle associazioni nazionali di commercialisti Anc, Andoc, Fiddoc e Unico, che hanno indetto uno sciopero fino al 7 novembre.

Il no alla proroga

L’Esecutivo di Giorgia Meloni ha ribadito in giornata il no al rinvio della scadenza tramite una dichiarazione fatta arrivare da fonti di Governo, che ha messo la pietra tombale sulle istanze dei commercialisti.

“In merito alle indiscrezioni circolate nelle ultime ore tra alcune associazioni di categoria dei commercialisti riguardo una possibile proroga dei termini per l’adesione al concordato preventivo biennale – ha riportato Ansa – si ribadisce che non è prevista alcuna misura che vada in questa direzione. I termini rimangono quindi quelli stabiliti dalle normative vigenti, ovvero entro oggi“.

Le richieste dei commercialisti erano state esplicitate anche in una lettera inviata dal Consiglio nazionale della categoria al viceministro dell’Economia Maurizio Leo e al direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, in cui si faceva appello per una proroga anche alla luce dei malfunzionamenti tecnici che non hanno permesso ai professionisti di inviare le partecipazioni al concordato entro la scadenza.

Nel messaggio a firma del presidente del Cndcec, Elbano de Nuccio, si faceva riferimento ai disservizi sui canali telematici del Fisco, che si sono trasformati in un blocco totale del sistema nel pomeriggio del 28 ottobre e, alla vigilia della scadenza, nello scarto di numerosi modelli F24 di versamento per effettuare il ravvedimento speciale collegato al concordato.

Né i problemi tecnici, né la scarsa adesione allo strumento, dal quale il Governo aveva stimato di raccogliere circa 2 miliardi, sono stati ritenuti ragioni sufficienti per il rinvio dei termini.

“Siccome noi siamo prudenti abbiamo messo zero“, ha dichiarato in proposito il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, parlando delle previsioni di bilancio relative alla misura. “Quindi tutto quello che arriva più di zero è benvenuto”, è stata la risposta ai cronisti che gli chiedevano dei risultati raggiunti all’ultimo giorno.

Secondo il viceministro Leo sono necessari ancora una decina di giorni per tirare effettivamente le somme, ma secondo i calcoli di Confartigianato una proroga della scadenza del concordato sarebbe stata “indispensabile”, per dare la possibilità alle imprese di prenderne parte.

Stando al sondaggio condotto tra oltre 46mila imprese che presentano i requisiti di accesso “il tasso di adesione tra gli imprenditori contattati al 22 ottobre è di oltre il 18%”.

“Vista l’accelerazione nelle adesioni registrata nell’ultimo periodo, il numero di incontri con le imprese previsto dalle associazioni di Confartigianato in questi ultimi sette giorni, il tasso definitivo di adesione è destinato ad aumentare per raggiungere almeno il 23%“, aveva spiegato l’associazione.

Lo sciopero dei commercialisti

Di fronte al rifiuto di un passo indietro da parte del Governo, le associazioni nazionali dei commercialisti Anc, Andoc, Fiddoc e Unico, hanno annunciato uno sciopero sull’invio delle dichiarazioni dei redditi e Irap, dal 31 ottobre al 7 novembre.

“Le richieste – si legge in una nota – formulate con tempestività e rimaste inascoltate, di un provvedimento di proroga per far fronte dell’inadeguatezza del termine del 31 ottobre, i sostanziali cambiamenti introdotti dal decreto Omnibus e la conseguente impossibilità di corretta comunicazione per i commercialisti e di valutazione per i contribuenti, le difficoltà tecniche di accesso al cassetto fiscale e gli errori riscontrati nei dati messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate relativamente al ravvedimento speciale 2018-2022, hanno fatto sì che si ricorresse allo strumento dell’astensione”.