L’invasione della Russia in Ucraina fa sentire i propri effetti anche sulla Francia, che ha meno problemi di dipendenza energetica da Mosca rispetto a Germania e Italia, ma che rischia di ritrovarsi con un serio problema domestico: un sodale di Vladimir Putin all’Eliseo. Perché Marine Le Pen, candidata di destra che si gioca la poltrona col centrista Macron (più indietro il candidato della sinistra, Mèlenchon), ha avuto solidi rapporti con Putin ed è probabilmente anche stata finanziata da Russia Unita, insieme a diversi altri partiti e movimenti più o meno populisti, con l’obiettivo di destrabilizzare l’Ue. Le Pen è in piena risalita nei sondaggi, ed ora Macron deve anche affrontare una grana interna al suo governo. L’ipotesi di una testa di ponte per Putin nel cuore dell’Europa occidentale è un’eventualità più che possibile.
La risalita di Le Pen
lo scarto tra i due candidati considerati da mesi i probabili finalisti, il presidente uscente Emmanuel Macron e la candidata del Rassemblement National, Marine Le Pen, continua a ridursi, anche nelle proiezioni per il secondo turno, in programma per il 24 aprile. Mentre non si può del tutto escludere una ‘sorpresa Mélenchon’, terzo per intenzioni di voto in vista del primo turno e solo il 62% degli iscritti nelle liste elettorali si dice certo di andare a votare.
L’andamento dei più recenti sondaggi spiega perché il presidente-candidato, dopo aver tardato fino all’ultimo ad entrare in campagna, sia recentemente passato all’offensiva. Dopo essere stato criticato dagli avversari per la sua sostanziale assenza da una campagna elettorale comunque anomala – dove il dibattito politico è stato relegato in secondo piano dietro l’emergenza Covid, prima di essere travolto e dominato dalla guerra in Ucraina – Macron sembra essere tornato all’attacco.
L’attacco di Macron
Lo si è visto durante l’unico grande comizio della sua campagna, al Défense Arena di Nanterre sabato scorso, in cui ha chiamato alla ‘mobilitazione generale’ contro ‘gli estremi’ e con l’intervista alla stampa regionale, martedì, in cui ha preso di mira Marion Maréchal, “erede di un clan presente alle elezioni presidenziali dagli anni Sessanta” quando ha colpito in una volta sola due avversari: il Rassemblement National, che ha chiamato con il suo vecchio nome, Front National e non con quello che il partito si è dato nel 2018, e Eric Zemmour, il controverso polemista di cui Marion Maréchal si è fatta sostenitrice. “Abbiamo un tandem in azione”, ha dichiarato Macron annullando le distanze tra i due candidati dell’estrema destra.
Zemmour abbandonato a destra
Le Pen si è accuratamente costruita un’immagine il più possibile rassicurante in questi ultimi mesi, abbandonando al suo rivale a destra della destra, l’ex polemista Eric Zemmour, i temi più duri delle origini, la xenofobia, la lotta contro l’immigrazione, la critica all’Europa. Anche se nelle ultime settimane ha preferito evitare riferimenti a Putin.
Problema McKinsey per Macron
Su Macron pesa anche lo scandalo, rivelato da un rapporto della corte dei conti a marzo, dell’uso troppo intensivo da parte del governo delle società di consulenza, in particolare per la gestione della pandemia (solo nel 2021 lo stato francese ha speso 1 miliardo di euro per consulenze). A rendere ancora più complicata la fine della campagna del presidente-candidato, il fatto che la società di consulenza americana McKinsey (nella lista di quelle consultate dal governo e della quale alcuni dirigenti sono amici personali di Macron) è ora oggetto di un’inchiesta per frode fiscale.
I sondaggi
L’ultimo sondaggio Opinion 2022 realizzato da Elabe per Bfmtv, L’Express e Sfr – ripreso dall’Adnkronos – vede Macron (La République en marche) in testa con il 28% delle preferenze (-0,5), seguito da Marine Le Pen (Rassemblement National) con il 23% (+1) quindi da Jean-Luc Mélenchon (La France Insoumise), con il 15,5% (+0,5). A seguire Éric Zemmour (Reconquete), con il 9% (-0,5) e Valérie Pécresse, (Les Républicains), con l’8% (-0,5). Quanto agli altri candidati, ormai lontani dal gruppo di testa, l’ecologista Yannick Jadot si attesta sul 5%, il candidato di ‘Résistons!’ Jean Lassalle sul 3%, quello del Partito comunista Fabien Roussel sul 2,5%, sul 2% la socialista Anne Hidalgo e il leader di ‘Debout la France’ Nicolas Dupont-Aignan, Philippe Poutou, (Nouveau Parti Anticapitaliste) si ferma all’1,5%, Nathalie Arthaud (Lutte Ouvrière), allo 0,5%.