Economia Usa a rischio recessione?

Il commento di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel sul modello "GDPNow" della Federal Reserve Bank di Atlanta

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Pubblicato: 9 Marzo 2025 09:00

L’ultimo aggiornamento del modello “GDPNow” della Federal Reserve Bank di Atlanta ha segnalato che l’economia statunitense dovrebbe chiudere il primo trimestre del 2025 con un rallentamento del -2,8% su base annua. “Tuttavia, come per ogni modello, è fondamentale andare al di là del numero e cercare di capire quali sono le dinamiche sottostanti: il GDPNow non è una proiezione del trend di crescita strutturale dell’economia, bensì uno strumento di monitoraggio che cerca di prevedere l’andamento del Pil di un determinato trimestre anticipando di 122 giorni la pubblicazione dei dati ufficiali”, ha sottolineato Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel. “A partire dal suo esordio nel 2014, il modello ha generalmente rispecchiato l’andamento del Pil reale, non senza alcuni notevoli errori di previsione (ad esempio nel 1° trimestre 2022 e nel 2° trimestre 2022)”, ha aggiunto.

Valutazioni complesse

“Certo, anche la prima lettura ufficiale del Pil pubblicata dal Bureau of Economic Analysis rappresenta una stima approssimativa e provvisoria, dal momento che solo il 40% dei dati effettivi è disponibile a quella data. Le stime vengono poi riviste via via che nuove informazioni si rendono disponibili, talvolta con una differenza di addirittura due punti percentuali circa tra la prima lettura e la terza, quella finale”, ha fatto notare l’analista, sottolineando che la crescita del Pil nel 1° trimestre di ogni anno è piuttosto difficile da valutare, complici alcuni dati non destagionalizzati che appaiono sempre preoccupanti e le festività natalizie che trainano i consumi del 4° trimestre.

Fattori anomali

Due fattori anomali potrebbero influenzare significativamente la stima attuale – ha spiegato Cleveland –. Anzitutto, la lettura del 1° trimestre è da ricondurre soprattutto a consumi personali e importazioni e, al momento, il modello prevede una spesa per consumi personali piatta, in calo rispetto alla stima precedente del 2,2%. Nulla impedisce, però, un rimbalzo in febbraio e marzo. In secondo luogo, poiché il Pil misura il prodotto “interno” lordo, le importazioni vengono sottratte dalle esportazioni, che diventano “nette”. Nel mese di gennaio è stata registrata un’impennata delle importazioni, che potrebbe essere una tantum ma che ha determinato, secondo il modello GDPNow, un impatto in termini di esportazioni nette pari a 3,57 punti percentuali sul Pil”. È presto quindi valutare le ripercussioni dei dazi di Trump.

Approccio “top-down”

Secondo l’analista i report sull’occupazione danno l’idea, di mese in mese, del “potere dei consumatori”, tenendo conto del numero di lavoratori occupati, delle ore lavorate e del livello di retribuzione. “A gennaio, il potere di spesa nominale dei consumatori statunitensi registrava ancora uno straordinario +5,4% su base annua, l’aumento più rapido da un anno a questa parte e ben al di sopra della media di lungo periodo del +3,6%, suggerendo un’ampia capacità di spesa dei consumatori”, ha sottolineato. Il “potere dei consumatori” rappresenta un buon indicatore della spesa: il suo tasso di crescita è infatti calato in media di due punti percentuali rispetto al picco raggiunto 12-18 mesi prima dell’inizio di ognuna delle ultime tre recessioni, escluso il periodo Covid-19. “A gennaio, il tasso di crescita del potere dei consumatori è aumentato di 1,4 punti percentuali su base annua, il che significa che, se guardiamo alla volatilità mensile e trimestrale delle varie componenti del Pil, probabilmente l’economia statunitense non si trova ancora sull’orlo di una recessione – ha concluso Cleveland –. Altri modelli di rilevazione, ad esempio quelli di altre banche regionali della Federal Reserve, indicano ancora una crescita nel 1° trimestre. Pur avendo approcci leggermente diversi, tutti i modelli forniscono indicazioni preziose, ma nessuno suggerisce un forte rallentamento del trend di crescita sottostante”.