Nel 2022, in Italia, solo il 27% delle auto immatricolate (360mila unità) aveva un prezzo di listino inferiore a 20mila euro. Questo rappresenta un calo rispetto al 2019, quando il 42% delle auto immatricolate (800mila unità) rientrava in questa fascia di prezzo. Nel 2019, addirittura il 7% delle auto si trovava sotto i 14mila euro, ma questa fascia di prezzo è scomparsa nel 2022.
Le auto con un prezzo compreso tra 20mila e 35mila euro rappresentavano il 43% delle immatricolazioni nel 2022 e lo stesso valore nel 2019, con rispettivamente 830mila e 564mila unità. Le auto con un prezzo superiore a 35mila euro hanno subito un cambiamento significativo. Nel 2019, erano 280mila, ma nel 2022 hanno superato le 400mila unità, rappresentando dal 15% al 31% delle vendite totali.
Il report
L’analisi del Centro Studi Fleet&Mobility offre una chiara spiegazione del declino nelle vendite automobilistiche da 1,9 a 1,3 milioni di unità. In ultima analisi, tutto si riduce al desiderio del cliente di acquistare un’auto e alle offerte proposte dai costruttori: se le offerte non sono convenienti, i clienti potrebbero rinunciare all’acquisto.
La decisione delle case automobilistiche di alzare i prezzi e ridurre gli sconti, nonostante l’aumento delle bollette, dei mutui e dei costi di finanziamento, può essere attribuita inizialmente alla scarsità di chip, ma questa spiegazione sta perdendo rilevanza. La strategia ora sembra essere quella di produrre e vendere meno automobili, senza doversi preoccupare troppo dei prezzi più bassi.
Ma perché un’industria che ha basato il suo successo sul volume di produzione per oltre un secolo decide di adottare una strategia più mirata e raffinata? La risposta sta nel fatto che non ha altra scelta. Se le case automobilistiche vendessero tutte le auto che il mercato richiede, ciò porterebbe a un eccesso di veicoli a motore termico tradizionale, superando i limiti imposti dalle politiche ambientali in termini di emissioni di CO2 e comportando multe significative.
In altre parole, l’industria automobilistica si sta adattando alle esigenze e alle normative ambientali, spostando gradualmente l’attenzione verso veicoli più ecologici e riducendo la produzione di veicoli tradizionali. Questo comporta prezzi più alti per i veicoli rimasti in produzione, ma è una necessità per adeguarsi alle sfide ambientali e alle normative vigenti.
Le nuove politiche delle case automobilistiche
Questa è una situazione piuttosto sorprendente e sgradevole che sta avvenendo attualmente, e non riguarda solo l’industria automobilistica, ma anche altri settori. Prendiamo ad esempio l’annuncio di Bosch UK: sembra che stiano aumentando i prezzi delle caldaie a gas di 5.000 sterline ciascuna, una mossa che sembra essere una risposta alla multa che dovranno pagare per non essere riusciti a vendere le caldaie a pompa di calore, prodotti che il mercato sembra non volere. Questo solleva una domanda: come si differenzia questa situazione dalle case automobilistiche che alzano i prezzi per affrontare le multe legate alle emissioni?
Oggi, il mercato delle auto presenta un quadro interessante. Ci sono potenzialmente 100mila o addirittura 200mila clienti che sarebbero disposti ad acquistare auto con un prezzo di listino inferiore a 20.000 euro, ma sembra che i costruttori automobilistici consolidati stiano negando loro questa opportunità.
Mentre questa situazione potrebbe non essere un problema per gli azionisti delle case automobilistiche, che stanno registrando profitti record, e nemmeno per i clienti, che alla fine potrebbero acquistare auto di importazione, c’è una preoccupazione per i circa 12,9 milioni di lavoratori impiegati direttamente e indirettamente nell’industria automobilistica. Ma sembra che queste preoccupazioni siano in secondo piano per alcuni attori.