La sentenza Google metterà fine al rally delle Big Tech? La risposta può sorprendere

Una analisi di Moneyfarm sugli effetti economici e finanziari della recente sentenza sul caso Google rivela che l'esito del braccio di ferro legale con il governo USA non è scontato

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

La sentenza della Corte di Giustizia statunitense contro Google ha scosso la cronaca economica e finanziaria in un afoso inizio agosto, gettando un ombra sulla sostenibilità del rally che ha portato le Big Tech a raggiungere centinaia di miliardi di dollari di capitalizzazione ed il mercato statunitense ad aggiornare ripetutamente i record storici. Ma perché la sentenza su Google è così importante? E cosa ci si attende per il futuro in ambito è finanziario? Gli analisti di Moneyfarm, in realtà, hanno analizzato la vicenda e ridimensionato l’allarme iniziale.

La sentenza Google

Ad agosto, il giudice Amit P. Mehta della Corte distrettuale degli Stati Uniti ha stabilito che il colosso tecnologico ha agito illegalmente per garantirsi il mantenimento di un monopolio nei motori di ricerca e per far questo ha pagato miliardi di dollari ad Apple, Samsung e Mozilla per assicurarsi di essere il motore di ricerca predefinito sia sui dispositivi Apple che su quelli che usano il sistema Android.

Un condotta che è stata giudicata illecita già quattro anni prima dal Dipartimento di Giustizia statunitense e che ha consentito a Big G di moltiplicare i suoi profitti. La perdita di questa posizione potrebbe determinare un forte calo delle entrate ed impattare pesantemente l’utile, ma c’è anche chi parla di uno “spezzatino” di Alphabet, la società madre di Google. I giudizi però non hanno ancora deciso nulla al riguardo.

Le contaminazioni della politica

La sentenza – ricorda Moneyfarm – arriva in un momento storico ben preciso: negli Stati Uniti c’è, infatti, un consensus politico abbastanza ampio sullo strapotere esercitato dalle Big Tech, anche se sia i repubblicani sia i democratici tendono a pensare che i giganti della tecnologia favoriscano lo schieramento politico avversario.

L’inattività dell’antitrust

“Negli ultimi decenni, le questioni antitrust sono state ampiamente trascurate negli Stati Uniti, permettendo alle grandi aziende di crescere indisturbate”, spiegano gli esperti di Moneyfam, indicando che questa tendenza “si è invertita solo recentemente, con la decisione dell’amministrazione Biden di perseguire in modo più severo le società che abusano del proprio potere di mercato, limitando la libertà di scelta dei consumatori”.

Di qui l’avvio di delle cinque azioni antitrust nei confronti di Big Tech come Google, Amazon, Apple e Meta, che al momento lasciano fuori solo Microsoft, nonostante già negli anni ’90 i giudici ne avessero chiesto lo smembramento per abuso di posizione di mercato (sentenza contro cui il colosso di Redmond fece ricorso con successo) e oggi abbia raggiunto dimensioni da record.

Quale impatto sui mercati?

“Spesso gli investitori non ricercano la competitività – sottolineano gli esperti di Moneyfarm – ma prediligono monopoli sostenibili e la nuova regolamentazione antitrust Usa, più stringente, potrebbe impattare sui portafogli, riducendo la quota di profitti delle Big Tech. Tuttavia, se il governo assumerà probabilmente una posizione più intransigente nei confronti delle aziende con quote di mercato molto elevate, d’altro canto le Big Tech potrebbero mettere in campo una serie di azioni di lobby e di concessioni per proteggere le proprie posizioni”.

Un braccio di ferro “legale” che potrebbe vedere uscire sconfitto il governo statunitense, tanto più che un sondaggio condotto all’inizio dell’anno tra i professori di antitrust statunitensi ha rivelato che in pochi sono convinti che Washington uscirà vittorioso da tutte (o almeno dalla maggior parte) le cinque cause in corso contro i giganti del Tech.

“Nonostante la regolamentazione Usa sia destinata a diventare più stringente – affermano gli analisti – riteniamo sia troppo presto per temere un crollo dei profitti delle grandi aziende tecnologiche. Il cammino è ancora lungo ed esistono molte contromisure che queste società potrebbero prendere per rassicurare gli investitori“.