Borse: settimana positiva con focus su trimestrali e risiko bancario

Venerdì in rosso, ma ottava positiva per Piazza Affari

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Redazione

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Pubblicato: 7 Febbraio 2025 18:26

Donald Trump ha causato una significativa reazione sui mercati (azionari e valutari) all’inizio di questa settimana, annunciando tariffe elevate su Canada, Messico e Cina a partire dal 4 febbraio, che hanno spinto il dollaro in generale verso l’alto e hanno fatto scendere le azioni. Tuttavia, dopo aver rapidamente sospeso i dazi su Messico e Canada per un mese, la reazione del mercato si è invertita e gli indici azionari hanno chiuso la settimana in rialzo grazie alle trimestrali positive.

La seduta odierna

La seduta odierna si è chiusa con il segno rosso per la maggior parte dei mercati del Vecchio Continente. Francoforte ha mostrato un calo dello 0,53%, Londra un modesto ribasso dello 0,31% e Parigi ha segnato un calo dello 0,43%.

Nessuna variazione significativa in chiusura per il listino milanese, con il FTSE MIB che si attesta sui valori della vigilia a 37.056 punti; sulla stessa linea, chiude la giornata senza infamia e senza lode il FTSE Italia All-Share, che rimane a 39.301 punti. Poco sotto la parità il FTSE Italia Mid Cap (-0,37%); come pure, in ribasso il FTSE Italia Star (-0,73%). Alla chiusura di Milano risulta che il controvalore degli scambi nella seduta del 7/02/2025 è stato pari a 4,27 miliardi di euro, con un incremento del 14,80%, rispetto ai precedenti 3,72 miliardi di euro; mentre i volumi scambiati sono passati da 0,81 miliardi di azioni della seduta precedente a 1,54 miliardi.

In cima alla classifica dei titoli più importanti di Milano, troviamo Iveco (+21,54%), Telecom Italia (+6,28%), Banca Popolare di Sondrio (+5,39%) e Buzzi (+3,75%). Le peggiori performance, invece, si sono registrate su BPER, che ha chiuso a -7,57%. Nexi scende del 4,43%. Sessione nera per Fineco, che lascia sul tappeto una perdita del 4,01%. Calo deciso per Inwit, che segna un -3,57%.

Il consolidamento bancario

Il tema della settimana, sul mercato italiano, è stato ancora una volta il risiko bancario. L’amministratore delegato di BPER Banca, Gianni Franco Papa, ha dichiarato che la sua offerta pubblica di acquisto da 4,3 miliardi di euro per la più piccola Banca Popolare di Sondrio è stata una mossa difensiva sollecitata da una serie di proposte di fusione nel settore bancario italiano. L’entità combinata avrà una quota di mercato del 14% in Lombardia, la regione più ricca d’Italia, il doppio della quota attuale di BPER. Un’unione riunirebbe due banche il cui principale azionista è Unipol, la seconda compagnia assicurativa italiana che ha una quota azionaria di quasi il 20% nei due istituti di credito.

L’offerta di BPER per Sondrio segue quella di Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS) per il rivale più grande Mediobanca. La reazione a catena è stata innescata dalla vendita da parte del governo italiano di una quota di MPS a novembre, che ha portato a bordo come azionisti Banco BPM e due investitori italiani con grandi quote in Mediobanca e in Generali (Delfin e Caltagirone). La prospettiva di un’eventuale alleanza tra Banco BPM e MPS aveva spinto UniCredit a puntare su BPM.

Le banche centrali

Dal punti vista delle decisioni sui tassi di interesse, questa settimana l’attenzione è stata per la Bank of England, che ha abbassato il tasso di riferimento di 25 punti base al 4,50%, come ampiamente previsto. Allo stesso tempo, la BoE ha dato una svolta accomodante alla sua guidance, poiché due membri hanno votato per un taglio più ampio di 50 punti base e hanno abbassato le loro proiezioni di crescita.

Indicazioni importanti sono arrivate anche dalla BCE. Uno studio della Banca centrale europea ha infatti indicato che il tasso di interesse neutrale dell’Eurozona resta nella forchetta compresa fra l’1,75% e il 2,25%. Il tasso di interesse neutrale è un tasso che non è né espansivo né restrittivo. Le misure di questo tasso (definito r*) sono in genere costruite come un valore di equilibrio verso cui i tassi di interesse tendono a gravitare nel medio-lungo termine, man mano che gli squilibri aggregati di risparmio e investimento si attenuano e le pressioni inflazionistiche o disinflazionistiche che potrebbero essersi sviluppate come conseguenza di tali squilibri si dissipano.