L’Italia è finita nel mirino delle decisioni di infrazione adottate periodicamente dalla Commissione europea per intervenire nei confronti degli Stati membri che non rispettano gli obblighi sanciti dal diritto Ue. Le decisioni prese a Bruxelles spaziano tra settori e ambiti differenti e hanno il fine di tutelare il beneficio dei cittadini e delle imprese, con l’Italia che in questo caso viene messa in mora per il mancato rispetto delle norme riguardanti la libera circolazione delle merci prevista dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
Si tratta di un problema con le etichette dei prodotti legato alla shrinklation, con il governo guidato da Giorgia Meloni che ora avrà due mesi per rimettersi in regola e chiudere la procedura di infrazione contestata dall’Ue.
La messa in mora dell’Italia
L’azione legale avviata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia fa riferimento, come detto in precedenza, al mancato rispetto delle generali norme Ue sulla libera circolazione delle merci. Il primo step di questa procedura ha previsto l’invio da parte della Commissione di una lettera di costituzione in mora all’Italia (Infr 2025 – 4000) nella quale viene sottolineato che lo Stato membro non ha previsto a risolvere il problema di “incompatibilità dei suoi obblighi di etichettatura con gli articoli da 34 a 36 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)”.
Entrando più nello specifico, “l’Italia ha introdotto l’obbligo di apporre sui prodotti di consumo un’indicazione specifica che informa in merito alle situazioni in cui un prodotto, pur mantenendo inalterato il precedente confezionamento, ha subito una riduzione della quantità e un correlato aumento del prezzo per unità”. Si tratta del cosiddetto fenomeno della shrinklation o, in italiano, sgrammatura.
“Sebbene la Commissione riconosca l’importanza di informare i consumatori riguardo a tali modifiche – si legge nella lettera di messa in mora dell’Italia – l’obbligo di riportare questa informazione direttamente su ciascun prodotto interessato non sembra proporzionato. I requisiti nazionali in materia di etichettatura rappresentano un notevole ostacolo al mercato interno e compromettono gravemente la libera circolazione delle merci”.
Cosa prevede l’etichetta anti shrinkflation
La norma, approvata in via definitiva in Senato alla fine del 2024, prevede una nuovo articolo 15 bis del Codice del consumo dal titolo Disposizioni in materia di riposizionamento dei prodotti preconfezionati. In virtù di questo intervento, i produttori avrebbero l’obbligo di indicare che una “confezione contiene un prodotto inferiore di X (unità di misura) rispetto alla precedente quantità” nel corso dei sei mesi dalla prima messa in commercio del nuovo formato.
Cosa deve fare ora l’Italia
In virtù di quanto esposto, la Commissione Ue “ritiene che le autorità italiane non abbiano fornito prove sufficienti della proporzionalità della misura, in quanto sono disponibili altre opzioni meno restrittive (ad esempio la fornitura delle medesime informazioni in prossimità dei prodotti interessati)”.
L’Italia sarebbe dunque in difetto con la direttiva europea sulla trasparenza del mercato unico (direttiva (UE) 2015/1535). L’invio della lettera di costituzione in mora da parte della Commissione prevede che l’esecutivo di Giorgia Meloni abbia ora 2 mesi di tempo “per rispondere e rimediare alle carenze segnalate”. Oltre tale limite temporale e “in assenza di una risposta soddisfacente”, l’organo europeo “potrà decidere di emettere un parere motivato”.
L’intervento sulla shrinkflation in Italia
La decisione della Commissione Ue arriva dopo che nel decreto Milleproroghe si era stata fatta slittare di sei mesi in Italia l’entrata in vigore degli obblighi previsti dalla legge contro la shrinkflation, proprio per evitare procedure di infrazione. Più nello specifico, l’obbligo di indicare in etichetta una riduzione del peso del prodotto era stato posticipato al 1° ottobre 2025.
Il Governo aveva deciso di muoversi diversamente rispetto alla roadmpa prevista e rispettare la procedura Tris, ovvero l’iter da seguire quando si modificano le norme che possono inficiare il mercato unico europeo. Questo non è bastato a evitare la lettera della Commissione.