Lo scenario Trump 2.0 e l’impatto su mercati e politica estera

Cosa ne pensano gli analisti della rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca e quale impatto avrà la vittoria sulla politica economica e sulla politica estera

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Redazione

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Pubblicato: 7 Novembre 2024 08:00

Donald Trump ha riconquistato le chiavi della Casa Bianca. Una notizia che non sorprende i mercati, che già scontavano una rielezione del tycoon contro l’avversaria democratica Kamala Harris. Due destini, un unico obiettivo: assumere la leadership della più grande economia mondiale in un momento storico difficilissimo, caratterizzato da incertezze, guerre e divisioni di stampo nazionalistico e protezionistico. Ma quale sarà la politica di Trump? E come si porrà il nuovo Presidente nei confronti dell’Unione Europea, della Cina e del Medioriente?

Una politica interna a favore delle Corporates

La politica economica di Trump, come noto, è totalmente a favore delle grandi aziende multinazionali, per le quali il futuro inquilino della Casa Bianca pianifica una massiccia riduzione dell’aliquota di imposta dal 21% al 15% ed un aumento degli investimenti nel segno dell’America First. L’isolazionismo statunitense, prima ancora di avere impatti sulla politica estera, si tradurrà in un aumento degli investimenti in grandi progetti infrastrutturali, soprattutto là dove la dipendenza dall’estero è maggiore.

Attesa anche una politica di stimolo da parte della Federal Reserve, il cui sostegno all’economia non verrà meno e, anzi, potrebbe accelerare nel corso del prossimo anno per rivitalizzare la crescita.

Tutti elementi che i mercati hanno in qualche modo già “prezzato” nell’ultimo mese e che la reazione euforica degli indici USA – S&P 500, Nasdaq, Dow Jones e Russell 2000 – hanno in qualche modo confermato.  Lo stesso vale per il Bitcoin, che ha festeggiato clamorosamente la vittoria di Trump, raggiungendo nuovi massimi storici, mentre l’oro ed il dollaro sono risaliti sull’attesa di una Fed sempre più accomodante, che annuncerà domani le sue decisioni: le attese di un nuovo taglio di 25 punti base non sono mutate dopo la vittoria di Trump.

Un atteggiamento opaco verso l’Europa

Nei confronti dell’Europa la questione è ancora in divenire. Il dollaro si è chiaramente apprezzato nei confronti dell’euro e questo potrebbe costituire, nel breve, un recupero di competitività per le esportazioni europee. Una situazione di favore che non cambierebbe se si riuscisse a spuntare una politica dei dazi benevola da parte dell’amministrazione Trump, ma l’imposizione di tariffe sulle importazioni dalla Ue costituirebbe un grave limite per il commercio estero, che neanche un dollaro forte riuscirebbe a mitigare. L’ipotesi di dazi del 10% sulle importazioni dalla Ue pesa come un macigno sulla già fragile situazione economica europea, tanto che gli analisti di Generali Investment sono pronti a rivedere al ribasso dello 0,2% la stima di crescita del PIL europeo nel 2025, attualmente indicato all’1%.

Trump rappresenterebbe un grande cambiamento rispetto all’attuale amministrazione Biden anche sul fronte geopolitico e questo implicherebbe un passo indietro nel conflitto fra Russia ed Ucraina, che finirebbe per gravare maggiormente sulla Ue e sulla spesa fiscale degli Stati membri. Una evoluzione che, tuttavia, potrebbe avere risvolti positivi, spingendo verso una maggiore integrazione della politica e economica e fiscale del Blocco.

L’impostazione duplice nei confronti della Cina

La Cina scommetteva da tempo su una rielezione di Trump e la conferma della sua vittoria ha avuto impatti negativi sui mercati, anche se non così marcati come si supponeva. Ma cosa implicherà per la Cina una seconda presidenza Trump? E’ chiaro che il principale risvolto sarà un ritorno dell’incertezza, conseguente all’atteggiamento sempre duplice del tycoon verso Pechino.

Guardando al mercato valutario, la vittoria di Trump sarebbe nettamente negativa per lo yuan e, parallelamente, positiva per la leadership del dollaro. Quanto al commercio, anche se si prevede che Trump aumenterà le tariffe durante il suo secondo mandato, non è chiaro quando e in che misura saranno imposti dazi sull’importazione di prodotti cinesi. La minaccia di tariffe sino al 60% potrebbe infatti innescare un round di negoziati tali da condurre ad un accordo al ribasso sui dazi o ad un aumento delle esportazioni statunitensi in Cina.

Fine delle guerre in Medioriente

Appena una settimana fa dal Madison Square Garden di New York, Trump urlava “Metterò fine alla guerra in Ucraina. Metterò fine al caos in Medio Oriente ed eviterò la Terza guerra mondiale”. Una politica estera più chiara di così  non si potrebbe immaginare, se non fosse che il retroscena di una politica siffatta andrebbe ricercato nelle relazioni economiche e finanziarie fra Arabia Saudita e Stati Uniti.

Non solo l’Arabia è il secondo maggior produttore mondiale di greggio, è anche il quinto paese al mondo per acquisto di armi ed ha una finanza piuttosto attiva che sta realizzando imponenti investimenti infrastrutturali. Un partner da tenere in grande considerazione per gli Stati uniti.