FMI taglia stime crescita mondiale. Rischi da Israele “non quantificabili”

Le previsioni aggiornate del Fondo arrivano in occasione dell'assemblea annuale a Marrakech in Marocco

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Redazione

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Pubblicato: 10 Ottobre 2023 15:48

Previsioni più cupe per l’economia globale. Come altre organizzazioni internazionali, anche l’FMI ha tagliato le stime di crescita mondiale, a causa dell’emergere di numerose incertezze a livello internazionale, ultima la guerra in Israele.

Il Fondo Monetario, in occasione dell’assemblea annuale in corso a Marrakech, in Marocco, ha pubblicato l’ultimo World Ecponomic Outlook – il precedente era datato luglio – in cui emerge un netto rallentamento della crescita globale al 3% nel 2023 ed al 2,9% nel 2024, che si confronta con la media storica (2000-2019) del 3,8% e con il 3,5% registrato nel 2022.

Più in dettaglio, le economie avanzate rallenteranno all’1,5% nel 2023 e all’1,4% nel 2024 dal 2,6% del 2022, man mano che l’inasprimento delle politiche monetarie inizierà a farsi sentire, mentre i mercati emergenti e le economie in via di sviluppo registreranno un modesto calo della crescita al 4% sia nel 2023 e nel 2024 dal 4,1% del 2022.

“La ripresa globale dalla pandemia di COVID-19 e dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia rimane lenta e irregolare. Nonostante la resilienza economica all’inizio di quest’anno – sottolinea il Fondo Monetario – favorita dal rimbalzo delle riaperture e dai progressi nella riduzione dell’inflazione dai picchi dello scorso anno, è troppo presto per rilassarsi”.

L’Europa si ferma con la Germania in recessione

Il Fondo Monetario prevede che la crescita nell’Area Euro frenerà bruscamente dal 3,5% del 2022 allo 0,7% nel 2023, per risalire all’1,2% nel 2024.

Fra le principali economie del Blocco, la Germania, che vale circa un terzo dell’economia europea, è confermata in recessione quest’anno (-0,5%), mentre si attende un rimbalzo l’anno prossimo (+0,9%). Meglio farà la Francia, seconda economia dell’area, per la quale si conferma un +1% nel 2023 ed un +1,3% nel 2024.

Anche l’Italia vedrà una fase di rallentamento più pronunciata di quanto si stimasse: il PIL è atteso in crescita dello 0,7% nel 2023 e 2024, ben lontano dal 3,7% registrato nel 2022. Le previsioni sono state così tagliate rispetto alle stime di luglio di 0,4 punti percentuali per il 2023 e di 0,2 punti percentuali per il 2024 ed appaiono anche inferiori al +0,8% indicato dall’OCSE a metà settembre.

Le cause del rallentamento

Per il Fondo Monetario  vi sono “diverse forze che stanno frenando il recupero. Alcune riflettono le conseguenze a lungo termine della pandemia, della guerra in Ucraina e l’aumento della frammentazione geoeconomica”.

“Altri fattori – si sottolinea – sono più ciclici, compresi gli effetti dell’inasprimento della politica monetaria necessario a ridurre l’inflazione, il ritiro dei sostegni fiscali, in un contesto di debito elevato, ed eventi meteorologici estremi”.

Rischi orientati al ribasso

“Mentre alcuni dei rischi estremi, come quelli relativi all’instabilità bancaria si sono attenuati da aprile -. afferma l’FMI – le prospettive restano orientate al ribasso“.

“In primo luogo, la crisi immobiliare potrebbe aggravarsi ulteriormente in Cina”, sottolinea il Fondo auspicando che l’economia cinese abbandoni un modello di crescita basato sul credito. “In secondo luogo, i prezzi delle materie prime potrebbero diventare più volatili a causa delle rinnovate tensioni geopolitiche e delle perturbazioni legate ai cambiamenti climatici“.

Da giugno, i prezzi del petrolio sono aumentati di circa il 25%, grazie a estesi tagli alle forniture da parte dell’OPEC+ – osserva l’Istituto di Washington –  mentre i prezzi dei prodotti alimentari rimangono elevati, causando gravi difficoltà a molti paesi a basso reddito. Questo, ovviamente, rappresenta a grave rischio per la strategia disinflazionistica“.

“In terzo luogo, anche se  l’inflazione sottostante che quella principale sono diminuite, i loro livelli  elevati  preoccupano” ed appare quindi “fondamentale riportare al ribasso le aspettative di inflazione a breve termine per vincere la battaglia
contro l’inflazione”. Il quarto rischio riguarda i livelli troppo elevati di debito mostrati da alcuni Paesi, che dovranno sopportare costi di rifinanziamento in aumento. “Questo – ricorda il Fondo – lascia molti paesi  vulnerabili alle crisi e
richiede una rinnovata attenzione alla gestione dei rischi fiscali”.

Nonostante l’inasprimento della politica monetaria, le condizioni finanziarie si sono allentate in molti paesi. Il pericolo – si spiega – è soprattutto quello di una brusca rivalutazione del rischio per i mercati emergenti e di un  apprezzamento ulteriore del dollaro USA, che potrebbe innescare  deflussi di capital, aumento degli oneri finanziari e difficoltà del debito”.

E Israele?

“E’ troppo presto” per valutare l’effetto della guerra in Israele – ha ammesso il capo economista del FMI Pierre-Olivier Gourinchas –  rispondendo a una serie di domande legate al conflitto in occasione della  presentazione  del nuovo rapporto sulla crescita. Qui si possono valutare i primi effetti sui mercati.

L’esperto ha però indicato che ricerca indica che un aumento dei prezzi del petrolio del 10% si tradurrebbe in una contrazione del PIL globale di circa lo 0,15% nell’anno successivo, mentre  l’inflazione globale aumenterebbe di circa lo 0,4%.

L’inflazione rallenta

L’FMI ha anche confermato una frenata dell’inflazione globale: dall’8,7% del 2022 al 6,9% nel 2023 ed al 5,8% nel 2024. Il rallentamento – si spiega – è da imputare agli effetti della  politica monetaria restrittiva avviata dalle banche centrali, ma anche al  calo dei prezzi internazionali delle materie prime, specialmente quelle energetiche.

L’inflazione core dovrebbe ridursi in misura più graduale e, nella maggior parte dei casi, non dovrebbe tornare in linea con il target prima del 2025. Per questo le misure  di politica monetaria saranno “fondamentali” per mantenere ancorate le aspettative d’inflazione.

L’inflazione dell’Area Euro nello specifico è attesa al di sopra del valore obiettivo della BCE per tutto il prossimo anno: al 5,6% nel 2023 ed al 3,3% nel 2024 mentre è atteso che si riporti al di sotto del target BCE del 2% nel più lungo termine entro il 2028. L’inflazione in Italia è attesa in flessione al 6% quest’anno ed al 2,6% il prossimo .

A gonfiare i prezzi concorre anche il petrolio, sul quale grava una “incertezza elevata” a causa dei tagli addizionali alla produzione dall’Opec+, di una escalation militare nel Mar Nero ed investimenti insufficienti nell’estrazione. Per contro, fra i fattori che potrebbero favorire un ridimensionamento delle quotazioni vi sono l’indebolimento dell’economia globale e della domanda della Cina ed una penetrazione più veloce dei veicoli elettrici. In ogni caso si attende un calo dei prezzi del 16,5% attorno agli 80,5 dollari al barile quest’anno per raggiungere i 72,7 dollari nel 2026. Qui qualche previsione degli analisti.