Comuni in dissesto, debiti miliardari: Italia condannata a pagare dalla Cedu

La decisione della Cedu impone allo Stato di saldare i crediti dei Comuni in dissesto, dopo anni di ricorsi e mancati pagamenti, arriva la sentenza

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Giorgia Bonamoneta

Giornalista

Nata ad Anzio, dopo la laurea in Editoria e Scrittura e un periodo in Belgio, ha iniziato a scrivere di attualità, geopolitica, lavoro e giovani.

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La presidenza del Consiglio è stata raggiunta da un decreto ingiuntivo del tribunale di Roma, dopo il mancato pagamento di un credito privato nei confronti di un Comune in dissesto. La decisione arriva in seguito alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che a inizio 2025 ha stabilito che lo Stato fosse garante ultimo dei debiti degli enti locali insolventi.

Il caso nasce da una serie di ricorsi presentati da aziende che non riuscivano a recuperare le somme dovute dai comuni o da società partecipate finite in fallimento o liquidazione. La Cedu ha invece riconosciuto che il mancato pagamento viola il diritto di proprietà e il diritto al giusto processo, imponendo allo Stato italiano di saldare i crediti entro 90 giorni. Una scadenza che in questo caso non è stata rispettata e ha spinto a ulteriori passaggi, fino al pagamento dei 103 milioni di euro previsti.

La sentenza della Cedu: cosa è stato stabilito

Tutto comincia con dei crediti commerciali maturati da società private nei confronti di diversi Comuni italiani dichiarati in dissesto finanziario. Quando un Comune si trova in queste condizioni, non è più possibile recuperare le cifre e le imprese rimangono a mani vuote. In questo caso si sono rivolte alla Corte dei diritti dell’uomo per ottenere giustizia.

Dopo un decennio, arriva finalmente la sentenza a gennaio e poi a marzo 2025. Questa ha sancito un principio storico: quando un ente locale non paga i propri creditori, la responsabilità ricade sullo Stato centrale, che deve garantire il rispetto dei diritti fondamentali.

La Cedu ha quindi stabilito che:

  • il mancato pagamento di una pubblica amministrazione è una violazione del diritto di proprietà;
  • in caso di sentenza non eseguita viola anche il diritto al giusto processo;
  • lo Stato è obbligato a estinguere i debiti entro 90 giorni.

Lo Stato ha pagato oltre 100 milioni di euro

La sentenza è arrivata a gennaio 2025, ma lo Stato non ha pagato entro i 90 giorni stabiliti. Così lo studio legale si è rivolto al tribunale di Roma, che il 30 settembre ha permesso, tramite decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nei confronti della presidenza del Consiglio, il pagamento di uno dei crediti. Questo supera i 100 milioni di euro, per la precisione 103 milioni di euro.

Le conseguenze per lo Stato

La decisione è stata considerata “storica” perché in Italia oggi ci sono 120 Comuni e province in dissesto e oltre 5000 società partecipate, di cui circa 1000 in liquidazione. Si tratta di una cifra enorme di crediti non riscossi e che potrebbe trasformarsi in pretese economiche dirette allo Stato.

Ora che lo Stato risponde dei debiti degli enti locali, perché rappresenta l’unità della pubblica amministrazione sul piano della tutela dei diritti, se un Comune fallisce il creditore non può essere privato del suo diritto per l’incapacità finanziaria del Comune e sarà lo Stato a pagare.

Si prevedono quindi valanghe di richieste analoghe a quella già pagata. Sono moltissimi i ricorsi pendenti. Secondo le stime si potrebbe arrivare a un buco da risanare pari a decine di miliardi di euro. Il rischio, secondo gli esperti che hanno letto la sentenza, è che lo Stato, se non dovesse pagare tempestivamente, rischia pignoramenti da parte dei creditori.

Per le imprese questo è il primo strumento reale per recuperare il denaro bloccato ormai da anni nelle maglie del dissesto degli enti pubblici. La presidenza del Consiglio ha ora 40 giorni per predisporre opposizione al decreto ingiuntivo, che resta comunque esecutivo.