Nuove regole per i pagamenti online. Il Consumer Financial Protection Bureau (Cfpb) degli Usa ha modificato il regolamento che gli permette di attuare controlli sulle aziende che operano in modo simile alle banche pur non avendo questo status a livello giuridico. Si tratta delle app che offrono servizi di pagamento online, come PayPal o Apple Pay.
Secondo il Cfpb, alcune delle pratiche messe in atto dai gestori di questi servizi di pagamento sarebbero irregolari. Le preoccupazioni principali sono soprattutto quelle che riguardano la privacy degli utenti, la responsabilità in caso di frodi e truffe e soprattutto il cosiddetto de-bancking, la chiusura arbitraria degli account degli utenti.
Le nuove regole per PayPal e Apple Pay
Apple Pay, PayPal e tutte le altre grandi app che gestiscono più di 50 milioni di transazioni ogni anno negli Usa dovranno comportarsi in maniera leggermente più simile a vere e proprie banche. La decisione l’ha presa il Consumer Financial Protection Bureau o Cfpb un’agenzia indipendente degli Stati Uniti che si occupa di regolamentare il settore finanziario e di difendere i consumatori finali. Si occupa sia delle vere e proprie banche, che delle altre istituzioni che si comportano come banche ma non lo sono.
Un esempio di questo secondo tipo di società sono le grandi aziende tecnologiche. Negli ultimi anni i metodi di pagamento online si sono diffusi enormemente. Per molto tempo questo settore è stato dominato dalla sola PayPal, azienda fondata da alcuni dei più grandi imprenditori tecnologici moderni, tra cui anche Elon Musk. Di recente però anche altre società ci hanno investito. Apple e Google hanno entrambe sviluppato le proprie app dedicate, sfruttando anche la diffusione dei propri sistemi operativi per dispositivi mobili, iOS e Android.
Quella dei pagamenti tramite smartphone è una pratica sempre più diffusa anche in Italia. Secondo i dati dell’Osservatorio Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano oltre 7,6 milioni di italiani li utilizzano. Questo però li espone ad alcuni rischi che il Cfpb ha individuato e che sta tentando di prevenire, almeno negli Usa.
Le preoccupazioni del Cfpb
È stata la sempre maggiore diffusione di questi sistemi di pagamento quindi a far attivare il Cfpb, come fa notare anche il comunicato pubblicato sul sito dell’ente per annunciare il cambiamento di regole: “Le applicazioni di pagamenti digitali sono diventate fondamentali negli scambi economici di tutti i giorni, entrando in competizione con metodi di pagamento come le carte di credito e di debito, sia per i pagamenti online che per quelli nei negozi. Alcune delle app che garantiscono questi servizi sono di proprietà di grandi aziende tecnologiche. Questi servizi hanno guadagnato particolare popolarità tra i consumatori con entrate medio-basse”.
La nota prosegue spiegando che sempre più famiglie, anche vulnerabili, lasciano parte dei propri risparmi nei conti aperti in queste app. Per queste parti della popolazione americana ormai, la spesa attraverso servizi finanziari come PayPal e Apple Pay sta iniziando a superare quella eseguita in contanti. Questo però le rende vulnerabili a tre comportamenti che, secondo il Cfpb, le grandi aziende tecnologiche continuano a tenere.
Il primo problema riguarda la privacy e la sorveglianza. Le grandi aziende tecnologiche stanno accumulando vaste quantità di dati sui loro clienti e sulle loro transazioni. La legge americana permette agli utenti di togliere l’autorizzazione a questo tipo di raccolte dati, ma non sempre questa possibilità sarebbe data ai clienti delle app di pagamenti online. Ci sarebbe inoltre anche una questioni di rappresentazione errata delle politiche di privacy che le grandi aziende tecnologiche stanno tenendo.
La seconda questione riguarda gli errori e le truffe. La legge impone alle banche di dare la possibilità ai propri clienti di contestare o bloccare transazioni fraudolente e di vedersi rimborsati i danni. Le applicazioni di pagamenti online non hanno lo stesso livello di attenzione secondo il Cfpb, su questa tematica. Alcuni anzi sono appositamente programmati per far ricadere il peso dell’indagine sulla transazione non autorizzata sulle banche che controllano i conti correnti a cui le app sono collegate.
Infine c’è il de-banking. Perdere accesso al proprio conto corrente è molto difficile. Può essere bloccato per troppi debiti e per una manciata di altri problemi legali. Al contrario, rimanere fuori dal proprio account PayPal o Apple Pay è molto più semplice. Chiusure arbitrarie dei conti sulle app di pagamento, una pratica chiamata de-banking, mette a rischio le famiglie che fanno affidamento su questo tipo di sistemi per gli acquisti quotidiani.
Il problema dei pagamenti a rate
Le app di pagamenti online sono finite sotto l’attenzione di diverse istituzioni anche in Europa, ma per ragioni diverse. A preoccupare è soprattutto la diffusione del cosiddetto buy now, pay later (compra ora, paga dopo). Diversi servizi come PayPal offrono la possibilità ai propri utenti di pagare a rate un acquisto. Un’offerta che fa anche un grande sito di vendite online come Amazon. Queste rateizzazioni però hanno aumentato la diffusione dell’indebitamento nel nostro Paese e in tutta Europa, attraverso metodi che non sempre i consumatori rilevano.
In Italia è stata la stessa Banca d’Italia a mettere in guardia contro questa modalità di pagamento. Come sottolineato dal comunicato diffuso dalla banca centrale italiana, il Bnpl è a tutti gli effetti una forma di credito. Il problema è che è nata e si è diffusa molto rapidamente su internet e non esistono regolamentazioni ad hoc che lo disciplinino.
I problemi sono vari secondo quanto riportato dalla Banca d’Italia, e avrebbero bisogno di una maggiore chiarezza normativa. Il servizio non fa alcuna verifica sull’effettiva capacità del consumatore di pagare quanto anticipato. Inoltre, spesso non ci sono nemmeno interessi per quello che è di fatto un prestito da parte dell’app di pagamento al suo utente. Al contrario, sono previste penali in caso di mancato pagamento di una delle rate, oltre che alcune commissioni. Il rischio, secondo la Banca d’Italia, è quello che i cittadini vadano verso un sovraindebitamento, abusando di questo tipo di finanziamenti.