Riaffiora dal lago di Rèsia il paese sommerso di Curon: cosa sappiamo

Emerge dalle acque il piccolo centro abitato di Curon, sommerso dal lago di Rèsia nel 1950 per produrre energia elettrica

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Il paesaggio mozzafiato del lago di Rèsia, con il campanile che sporge dall’acqua, ha lasciato spazio a un altro suggestivo scenario. Il bacino d’acqua artificiale nel comune di Curon Venosta, nella provincia autonoma di Bolzano, è stato infatti prosciugato, facendo riemergere i resti degli edifici originali del paese allagato, 163 case e oltre 523 ettari di terreno agricolo. La storia del piccolo centro è stata raccontata nel film “Il paese sommerso” del 2018 e nel romanzo “Resto qui” di Marco Balzano.

La straordinaria opera di modifica del territorio è stata completata nel 1950, nonostante i primi progetti risalgano al primo decennio del secolo scorso. La Montedison creò la diga per la produzione di energia elettrica, unendo il lago naturale che portava già il nome di Rèsia al Mittersee, il lago di Mezzo, sulle cui sponde era stata costruito il comune originale.

Perché il paese di Curon è stato sommerso dal lago di Rèsia

Un progetto decisamente particolare, che ha col tempo generato un ben comprensibile fascino per questa località in parte perduta. L’intenzione era quella di allagare del tutto il paesino, al fine di dare il via alla nascita di quello che è oggi il più grande lago artificiale dell’Alto Adige. Un’area che vanta ben 120 milioni di metri cubi di capacità di invaso. Non soltanto una rivoluzione dal punto di vista dell’impatto estetico/ambientale. Alla base del progetto troviamo infatti anche una necessità energetica. Oggi il grande lago è infatti in grado di alimentare la centrale idroelettrica di Glorenza, che produce fino a 250 milioni di kilowattora all’anno.

Prima di procedere all’allagamento del centro abitato, si procedette a radere al suolo tutte le abitazioni. Di quello che un tempo era un centro vivo, non restano dunque che le fondamenta e alcuni muri portanti. A tutti venne dato abbastanza preavviso, con garanzia di residenze, per poi procedere al trasferimento obbligato. Si scatenarono comprensibilmente delle durissime polemiche. Nessuno andò via con il sorriso sul volto, basti dire questo. Già a partire dagli anni ’20, ovvero il periodo nel quale il gruppo industriale ricevette le necessarie autorizzazioni per procedere con i lavori drastici all’interno del Comune, in tanti si ribellarono. Il via libera dato dal governo scatenò una protesta, che però non riuscì a evitare l’innalzamento del bacino di ben 22 metri.

Gli abitanti di Curon interpretarono la concessione firmata a Roma come un vero affronto contro i sudtirolesi, e si recarono anche dal Papa in udienza per chiedere il suo intervento.

Il lago di Rèsia e il campanile diventato simbolo di Curon

Solo il campanile della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria è rimasto in piedi nonostante le mine e la forza dell’acqua, diventando in breve un’importante attrazione turistica e il simbolo stesso del comune, venendo rappresentato nel suo stemma. Fa da sfondo inoltre alle vicende della serie Netflix “Curon”.

A causa di lavori di manutenzione sui tubi che portano l’acqua alla centrale idroelettrica, il villaggio altoatesino è riafforato dopo anni, e la riva si è estesa fino a mettere a nudo parte del vecchio centro abitato. Il terreno che circonda il campanile rimane tuttavia ancora sommerso dalle azzurre acque del lago.