Italia vicina al “cerchio di fuoco”: cosa rischia e perché

Lo chiamano il "cerchio di fuoco" e l'Italia si sta avvicinando sempre di più: ma di cosa si tratta esattamente? E cosa rischia il nostro Paese ora?

Pubblicato: 16 Febbraio 2023 12:47

Foto di Federica Petrucci

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Come la Turchia, ora anche la Cina e l’Italia si uniscono a una serie di paesi confinanti con il cd. “cerchio di fuoco“, così lo chiamano l’hotspot dove – oggi – si verificano il 90% dei scosse di terremoto mortali. Il nostro Paese si sta ora avvicinando sempre di più al punto caldo sismico: ma a quali rischi andiamo incontro?

Cos’è il “cerchio di fuoco”

Un terremoto di magnitudo 7,8 ha devastato i territori di Turchia e Siria a febbraio, causando la morte di migliaia di persone (attualmente il bilancio delle vittime è a quota più 50 mila). L’area colpita è una delle più esposte a questo tipo di scosse sismiche, a causa dell’allineamento delle placche tettoniche proprio in quelle zone.

Turchia e Siria si trovano infatti all’interno di un’area sismicamente attiva chiamata “cerchio di fuoco” e, anche se non è sempre possibile prevedere esattamente dove e quando i terremoti colpiranno, sappiamo che ci sono alcuni posti al mondo, come questo, dove gli eventi peggiori si presentano con maggiore probabilità, poiché si tratta di territori situati lungo i confini della placca terrestre.

La Turchia si trova su importanti faglie che delimitano tre diverse placche tettoniche: anatolica, araba e africana. É una regione ben nota di alta sismicità dove i terremoti si verificano nelle zone di subduzione, quando due placche tettoniche che stanno scivolando in direzioni opposte si attaccano e poi scivolano improvvisamente.

I rischi che corre l’Italia

Come già anticipato sopra, l’Italia si trova egli estremi di questo “cerchio di fuoco”, infatti – non a caso – anche il nostro Paese in passato ha dovuto fare i conti con potenti scosse che hanno tragicamente devastato alcuni dei più bei territori dello stivale (Amatrice nel 2016, Modena nel 2012, L’Aquila nel 2009).

Il Belpaese, soprattutto nella sua zona meridionale, si trova vicino alla linea tra la placca eurasiatica e quella africana, ovvero al confine del punto sismico più caldo al mondo, e proprio qui le placche si sfregano l’una contro l’altra. Proprio qui, quindi, potrebbero verificarsi altri terremoti dando vita alla cosiddetta epidemia sismica.

Inoltre, l’Appennino, da nord a sud, e contiene diverse linee di faglia, dove si uniscono due placche tettoniche.

È possibile prevedere un terremoto?

In verità, la scienza della previsione dei terremoti è molto difficile. Mentre ci sono spesso segnali minuscoli che possono essere rilevati nei dati sismici dopo che si è verificato un evento, sapere cosa cercare e usarlo per fare previsioni in anticipo è molto più impegnativo. Vale per il territorio italiano, vicino all’hotspot, come per tutto il mondo.

I geologi hanno cercato di utilizzare metodi scientifici moderni per prevedere i terremoti almeno dagli anni ’60, ma con scarso successo. Il motivo è semplice: le faglie che attraversano il globo sono difficile da analizzare. C’è anche molto rumore sismico, perché la Terra continua a brontolare, il che – combinato con il rumore del traffico, dei lavori di costruzione e della vita quotidiana – rende difficile cogliere segnali chiari prima del tempo.

Quello che possono fare gli esperti, al massimo, è affinare al meglio le proprie ipotesi, attraverso la stesura di “mappe dei pericoli”, in cui calcolano che probabilità ha un terremoto di verificarsi, entro un periodo di tempo e in un determinato territorio (come successo, per esempio, col il “cerchio di fuoco”).

Tuttavia, sebbene queste previsioni siano in grado di aiutare con un certo grado di pianificazione, per esempio spingendo a migliorare gli standard di costruzione nelle aree più pericolose, è vero che non forniscono il livello di previsione necessario per dare avvisi alla popolazione, consentendo quindi a cittadini e residenti di evacuare o rifugiarsi per tempo. Inoltre, non tutti coloro che vivono in una zona sismica possono permettersi il tipo di infrastruttura necessaria per resistere a grandi quantità di scosse.