Addio a Guglielmo Epifani: una grande carriera in CGIL, la politica, le critiche su Jobs Act e stipendio

E' morto Guglielmo Epifani, primo socialista alla guida del primo sindacato d'Italia, la Cgil. La sua carriera

Pubblicato: 7 Giugno 2021 20:11

Foto di Mauro Di Gregorio

Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

È morto Guglielmo Epifani, orgogliosamente – amava dire – primo socialista alla guida della Cgil. Origini campane ma nato a Roma nel 1950, aveva compiuto a marzo 71 anni. Maturità classica, aveva in tasca una laurea in Filosofia all’Università La Sapienza di Roma, conseguita con una tesi su Anna Kuliscioff, rivoluzionaria, medica e giornalista russa naturalizzata italiana, tra i fondatori e principali esponenti del Partito Socialista Italiano.

Guglielmo Epifani, una vita in CGIL

Volto storico del sindacalismo nazionale, è stato segretario generale della CGIL per ben otto anni, dal 2002 al 2010. Era stato colpito circa una settimana fa da un’embolia polmonare, dalla quale sembrava essersi ripreso, ma poi il suo quadro clinico si è aggravato rapidamente fino a portarlo alla morte.

Entra presto in CGIL Epifani, dove nel 1974 inizia a dirigere la Casa editrice della Confederazione, l’Esi. Nel 1979 inizia la sua carriera di dirigente sindacale, con l’incarico di segretario generale aggiunto della categoria dei lavoratori poligrafici e cartai. Nel 1990 entra nella segreteria confederale e nel 1993 viene nominato segretario generale aggiunto da Bruno Trentin.

Epifani e la politica: segretario Pd, poi la rottura con Renzi

Chiusa la parentesi sindacale, scende in politica, a sinistra, e dopo le dimissioni di Pier Luigi Bersani, dall’11 maggio 2013 al 15 dicembre 2013 ricopre il ruolo di segretario del Partito Democratico. Gli succede Matteo Renzi, eletto segretario alle primarie del Pd dell’8 dicembre.

E nel 2017 arriva lo strappo con Matteo Renzi, che lo porta ad abbandonare il partito. Anche Epifani prende parte alla scissione dell’ala sinistra del Pd, aderendo ad Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista. Alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 si candida nella lista di Liberi e Uguali e viene rieletto alla Camera dei Deputati nella circoscrizione Sicilia 2.

Il caso relativo al suo stipendio da segretario CGIL

Uomo colto e raffinato, è finito però al centro di alcune critiche piuttosto dure. La prima dopo il caso relativo al suo stipendio proprio come segretario della CGIL. Nel 2004 il suo compenso aumentò infatti di ben il 18%, passando da 4.399 euro a 5.183,69 euro lordi.

Quando alcuni giornalisti, come Le Iene, gli chiesero chi avesse stabilito l’aumento del suo stipendio, Epifani si difese scaricando la responsabilità sulla segreteria, che però non aveva questo compito, che spettava invece al direttivo nazionale.

Il voto favorevole al Jobs Act e le critiche

La seconda critica riguardò invece il suo voto favorevole al Jobs Act di Matteo Renzi: una riforma del lavoro duramente contestata dagli ambienti di sinistra, decisamente lontana dalle posizioni sindacali che Epifani aveva sempre sostenuto.

In particolare, mentre da un lato il Jobs Act introduceva il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, con un sistema di incentivi e decontribuzione per le imprese, dall’altro metteva nero su bianco il diritto del datore di lavoro a licenziare un lavoratore dipendente senza giusta causa, prevedendo l’applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dopo i primi tre anni di rapporto, ma con la reintegrazione nel posto di lavoro limitata solo ad alcuni casi particolari, che veniva invece sostituita dal diritto a ottenere un’indennità a mero titolo di risarcimento.