Dal prossimo 18 ottobre, molti degli autovelox presenti sulle strade italiane potrebbero essere disattivati.
L’allarme viene lanciato dal Codacons e nasce da una combinazione fra ritardi burocratici, lacune normative e da una sentenza della Cassazione che risale all’anno scorso.
Autovelox e Decreto Infrastrutture
La situazione paradossale rischia concretamente di costringere le autorità a spegnere gli autovelox, in nome del rispetto della stessa norma che avrebbe dovuto garantire maggiore trasparenza e sicurezza.
Il caos autovelox nasce con la legge n. 105/2025, cioè la conversione del cosiddetto Decreto Infrastrutture, che ha introdotto un obbligo specifico per Comuni, Province e Regioni:
- censire tutti gli autovelox presenti sul territorio;
- comunicare al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti localizzazione, caratteristiche tecniche, conformità, modello e omologazione;
- far inserire questi dati in un’apposita sezione del portale istituzionale del Ministero.
La norma è stata fortemente voluta dal ministro Matteo Salvini. La ratio salviniana era quella di fare in modo che gli autovelox venissero utilizzati in maniera corretta e non per fare cassa sulle spalle degli automobilisti.
Senza le comunicazioni di cui sopra, l’utilizzo degli autovelox non è legittimo e, di conseguenza, le multe sono facilmente contestabili.
Il problema del decreto attuativo sugli autovelox
E qui, però, arriva il fattore tempo a complicare il quadro: la legge è entrata in vigore il 20 luglio e prevedeva che il Mit, entro 30 giorni, predisponesse il modulo digitale per il censimento. La scadenza per il Mit è fissata al 19 agosto, mentre successivamente gli enti locali avrebbero avuto 60 giorni per adempiere.
Se il modulo non arriva in tempo o gli enti locali non riescono a completare la procedura, dal 18 ottobre gli autovelox dovranno essere spenti, indipendentemente dal fatto che siano omologati o meno.
Ma non è tutto: a complicare ulteriormente il quadro c’è una sentenza della Cassazione dell’aprile 2024 che ha dichiarato nulle le multe elevate da autovelox approvati ma non omologati.
Tirando le somme, secondo il Codacons:
- quasi il 60% degli autovelox fissi e oltre il 67% di quelli mobili non sono omologati;
- molti sono stati approvati prima del 2017, anno spartiacque per le nuove regole.
Risultato: centinaia di migliaia di verbali potrebbero essere contestati, con ondate di ricorsi e bilanci comunali sotto pressione.
La posizione del Mit
Il Ministero guidato dal vicepremier Matteo Salvini ha annunciato per settembre l’attivazione di un’applicazione dedicata al censimento online. L’operazione è stata definita “verità sugli autovelox”. Obiettivo dichiarato è quello di garantire l’uso solo di apparecchi realmente utili alla sicurezza stradale e di mettere fuori gioco i dispositivi “fuori norma” o percepiti come strumenti per fare cassa.
Il problema è che, anche se il modulo arriverà in tempo, la scadenza ravvicinata rischia di mettere in difficoltà soprattutto i piccoli Comuni, rallentando il caricamento dei dati.
Il blocco degli autovelox non sarebbe solo un tema amministrativo, ma anche economico e di sicurezza. In concreto, si tradurrebbe in:
- perdita di gettito per i Comuni che (almeno teoricamente) dovrebbero destinare parte delle multe alla manutenzione stradale;
- meno controlli con possibili ripercussioni sulla sicurezza;
- aumento del contenzioso tra automobilisti e amministrazioni.
Intanto il 18 ottobre non è poi così lontano.