West Nile e virus di Marburg, sale l’allerta: ecco i sintomi

Caldo e siccità causano l'aumento in Italia delle zanzare, veicolo della febbre del Nilo Occidentale. Nel frattempo l'Oms lancia l'allerta virus di Marburg

Pubblicato: 5 Aprile 2023 19:28

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Quando la pandemia da Covid-19 sembra ormai alle spalle, l’Oms viene scossa da un’altra emergenza sanitaria. Anzi due. Il rischio maggiore per l’Italia, in vista dell’estate, sarebbe legato alle temperature e la siccità sempre crescenti che porterebbero le zanzare ad avvicinarsi all’uomo, con un più alto pericolo di diffusione della febbre del West Nile. La malattia provocata appunto dal virus del Nilo occidentale, ha fatto salire l’allerta nel nostro Paese dopo i 588 contagi registrati nel 2022. Che nel 2023 potrebbero aumentare a causa del clima torrido. Allo stesso tempo l’Organizzazione mondiale della Sanità è impegnata in Africa a monitorare e circoscrivere focolai del virus di Marburg, un agente patogeno letale che potrebbe aver già dato via a delle epidemie in alcuni Paesi del continente.

West Nile, il rischio in Italia

La febbre del Nilo occidentale, o West Nile fever, è una malattia causata dall’omonimo virus, della famiglia dei flaviviridae, isolato per la prima volta in Uganda nel 1937, nel distretto da cui prende il nome. Il Wnv è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America e trova negli uccelli selvatici e nelle zanzare, soprattutto del tipo culex, i suoi serbatoi naturali. Il principale veicolo di trasmissione agli esseri umani sono proprio le punture di questi insetti, ma il contagio può avvenire, anche se molto più raramente, tramite trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. Il semplice contatto con una persona infetta non è sufficiente per provocare la diffusione tra esseri umani.

Dal momento della puntura della zanzara l’eventuale incubazione del virus West Nile si sviluppa in un periodo che varia tra i 2 e i 14 giorni, ma che può arrivare anche fino a 21.

Nella maggior parte dei casi i pazienti infetti non hanno alcuna manifestazione della malattia e tra i sintomatici (qui avevamo riportato i sintomi provocati dalla febbre del West Nile) il 20% può presentare insorgenze di lieve entità che possono durare pochi giorni, in particolare:

  • Febbre
  • Mal di testa
  • Nausea
  • Vomito
  • Linfonodi ingrossati
  • Sfoghi cutanei
  • Arrossamento degli occhi
  • Dolori muscolari e articolari

Nei casi più gravi, che riguardano circa una persona infetta su mille, la malattia può causare un’encefalite letale, mentre l’1% delle persone infette (1 su 150) può presentare sintomi seri come:

  • Febbre molto alta
  • Forte mal di testa
  • Debolezza
  • Disorientamento
  • Tremori
  • Disturbi della vista
  • Torpore
  • Convulsioni
  • Paralisi
  • Coma

I casi West Nile segnalati in Italia durante l’estate dello scorso anno, a partire dall’inizio di giugno, avevano riguardato 295 persone nella forma neuro-invasiva e 194 pazienti che avevano sviluppato la febbre, portando in totale a 37 decessi. Per il 2023 gli esperti ritengono che con l’aumentare delle temperature e la diffusione della siccità in Italia, le zanzare possano entrare maggiormente in contatto con l’uomo in cerca di acqua, facendo crescere le possibilità di essere veicolo del virus.

Anche se alcuni farmaci sono in fase di sviluppo, al momento non esiste nessun vaccino contro il Wnv. L’unico modo per evitare il contagio è l’uso di repellenti e tutti rimedi utili per proteggersi dalle punture di zanzare, oltre alle disinfestazioni per evitare di metterle nelle condizioni di riprodursi (qui avevamo spiegato come difendersi dal virus del West Nile).

Virus di Marburg: l’allerta dell’Oms

A preoccupare maggiormente l’Organizzazione mondiale della Sanità è invece la diffusione in Africa di un altro agente patogeno molto più letale, il virus di Marburg. Dallo scorso anno i focolai sarebbero stati riscontrati finora in Guinea Equatoriale, Ghana, Camerun e Tanzania.

Il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato che i casi ufficialmente segnalati in Guinea Equatoriale sono 9 con 7 morti, ma la grande distanza tra le località dove sono stati segnalati i contagi e le scarse possibilità di monitoraggio dell’epidemia nel continente, fanno temere che la diffusione del virus possa essere molto più ampia (qui avevamo parlato dei primi focolai del virus di Marburg registrati in Africa nel 2022).

L’Mvd fu descritto la prima volta nel 1967 a seguito di due epidemie di febbre emorragica avvenute contemporaneamente in alcuni laboratori a Francoforte e a Marburg (in Germania), e in Serbia a Belgrado, che provocarono 31 infezioni con 7 morti. Da allora, nel corso degli anni si sono registrati sporadici focolai locali in diversi stati dell’Africa subsahariana o in viaggiatori al rientro da quei Paesi.

Il virus appartiene alla stessa famiglia del virus Ebola, le Filoviridae, con il quale ha in comune un quadro clinico della malattia molto simile. Nella maggior parte dei casi la trasmissione è associata alla frequentazione umana di ambienti popolati da pipistrelli, come caverne e miniere.

Il periodo di incubazione generalmente ha una durata di 5-10 giorni, ma sono anche stati osservati periodi dai 2 ai 21 giorni. L’esordio della malattia è caratterizzato da sintomi non specifici come febbre alta (39-40 °C), grave cefalea, brividi, malessere e dolori muscolari. Dopo i primi tre giorni la patologia può provocare crampi e dolori addominali, nausea, vomito e diarrea, fino ad arrivare nei casi più gravi alla comparsa di manifestazioni della febbre emorragica, sintomi neurologici e infine al decesso (qui avevamo descritto più nello specifico i sintomi del virus di Marburg).

Anche il tasso di letalità è simile a quello dell’Ebola e si aggira intorno al 50%, ma può variare tra il 24% e l’88%, in base alla gestione terapeutica del caso e dal ceppo virale. Il trattamento precoce può infatti migliorare significativamente le possibilità di sopravvivenza.