Cambiano le visite fiscali dei dipendenti pubblici: i chiarimenti dell’Inps sulle nuove fasce

Gli orari delle visite fiscali dei dipendenti pubblici cambiano: un messaggio dell'Inps chiarisce quali sono le nuove fasce di reperibilità dopo la recente sentenza del Tar del Lazio

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Le visite fiscali dei dipendenti pubblici hanno nuovi orari: con un recente messaggio, l’Inps chiarisce che le fasce di reperibilità per questa categoria vanno dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00 di tutti i giorni, compresi domeniche e festivi. È quanto messo nero su bianco nel messaggio numero 4640 del 22 dicembre 2023.

Nuove fasce di reperibilità per malattia nel pubblico impiego

Fino a un recente passato le fasce di reperibilità in caso di malattia nel settore pubblico, così come stabilito dalla riforma Madia, andavano dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00. Un inter giudiziario ha però cambiato le carte in tavola: il Tar del Lazio con la sentenza n. 16305/2023 pubblicata il 3 novembre scorso ha dichiarato incostituzionale la disparità fra settore pubblico e privato, uniformando così le fasce di reperibilità. Il Tribunale amministrativo regionale è stato investito della questione dal sindacato di polizia penitenziaria Uilpa Pp.

Ora, in attesa di un nuovo decreto ministeriale o di una eventuale revisione della sentenza del Tar, ci pensa l’Inps a fare chiarezza, dopo un consulto con il Dipartimento della Funzione pubblica e in conformità con il principio di armonizzazione del D.lgs n. 165/2001.

La palla passa alle singole amministrazioni che dovranno uniformare i propri regolamenti interni e informare i dipendenti.

Restano confermate le cause di esonero dalla visita fiscale garantite dalla legge per malattia e infortunio sul lavoro.

Addio differenze negli orari di malattia fra pubblico e privato

Lo scorso novembre il giudice amministrativo, rilevando una “disparità di trattamento del tutto ingiustificata fra i dipendenti pubblici e quelli del settore privato”, ha dunque annullato l’articolo 3 del decreto n. 206 del 17 ottobre 2017 del Ministro della Semplificazione e della pubblica amministrazione.

Secondo il Tar del Lazio “un evento come la malattia non può essere trattato diversamente a seconda del rapporto di lavoro intrattenuto dal personale che ne viene colpito. Ne è quindi derivata la violazione dell’art. 3 della Costituzione, non essendo rispettato il principio di uguaglianza”.

“Il mantenimento delle differenziate fasce orarie, – si legge ancora nella sentenza del Tar del Lazio – con una durata complessiva, per il settore pubblico, quasi doppia rispetto a quella del settore privato (7 ore a fronte di 4 nell’arco di una giornata) è indicativo anche di uno sviamento di potere. Tali controlli ripetuti, associati a una restrizione delle ipotesi di esclusione dall’obbligo di rispettarle, sembrano piuttosto diretti a dissuadere dal ricorso al congedo per malattia, in contrasto con la tutela sancita dalla Carta costituzionale dall’art. 32″, secondo il quale “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

La reazione del sindacato di polizia penitenziaria

“A volte bisogna attendere diversi anni, come in questo caso, ma nonostante tutto si trova un giudice a Berlino”, aveva dichiarato a suo tempo Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria. “Noi lo abbiamo trovato presso il Tar del Lazio, che ha accolto integralmente le nostre tesi, e ha annullato ‘in parte qua’ il decreto ministeriale Madia-Poletti, ministri dell’allora governo Gentiloni. Non solo, ma il Tar ha anche precisato che stante l’effetto conformativo riconosciuto alla sentenza, nell’adozione del nuovo decreto non potrà non tenersi conto di quanto statuito con la decisione in parola”, aveva aggiunto De Fazio.