Proposto il mini condono edilizio: dove e per chi

Da Fratelli d'Italia un emendamento volto a mettere in atto il condono edilizio per le case abusive costruite in Sicilia entro i 150 metri dal mare dove vige il vincolo di inedificabilità assoluta

Pubblicato: 17 Luglio 2023 11:55

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Presto potrebbe realizzarsi un mini condono edilizio. “Mini” perché circoscritto ad una sola regione, la Sicilia, e in particolare alle sue spiagge. Una proposta di Fratelli d’Italia punta a sanare gli immobili edificati entro i 150 metri dalla battigia, dove attualmente vige il vincolo di inedificabilità assoluta.

Proposta di condono edilizio in Sicilia

Il testo dell’emendamento presentato all’Ars (Assemblea Regionale Siciliana) porta la firma del capogruppo dei meloniani, Giorgio Assenza. La proposta è stata presentata in commissione Ambiente e verrà esaminata nei prossimi giorni. La ratio è quella di riallacciarsi al condono fatto nel 1985, la prima grande sanatoria varata a livello nazionale dopo l’introduzione dei vincoli di inedificabilità.

Il mini condono edilizio siciliano andrebbe dunque a derogare i limiti imposti dalla normativa del 1976 che aveva vietato la realizzazione di immobili entro i 150 metri della battigia.

È lo stesso Assenza a spiegare i motivi alla base della sua proposta: “In estrema sintesi l’approvazione del mio emendamento permetterebbe di salvare decine di migliaia, forse centinaia di migliaia, di case costruite nei 150 metri fra il 1976 e il 1985. Dopo quella data la legge Galasso ha definitivamente vietato di realizzare immobili sulle spiagge, ampliando il limite ai 300 metri, quindi nulla si potrebbe fare”. Così Assenza in una dichiarazione riportata dal Giornale di Sicilia.

Il condono per le case abusive sul mare

Nel suo emendamento Assenza si rifà a due leggi del 1976 e del 1985. Il primo comma del testo dice che “nei Comuni che alla data del 10 giugno 1976 erano dotati di strumenti urbanistici, compresi i semplici regolamenti edilizi, non si applica l’articolo 15 comma 1 lettera A della legge 78 del 1976”.
Traduzione: i vincoli di inedificabilità non si applicano dove fino al giugno del 1976 c’erano regole che permettevano di costruire anche sulle spiagge.

Il secondo comma si rifà direttamente alla sanatoria del 1985. “Il divieto di condono per le case realizzate dopo il 31 dicembre 1976 nei 150 metri non si applica nei Comuni per cui vale la deroga precedente”.
Traduzione: le case abusive realizzate in quei Comuni dove c’erano piani regolatori approvati prima del giugno 1976 sono salve, anche se realizzate a ridosso del mare. Le domande di sanatoria devono essere state presentate nel 1985.

L’intenzione di Assenza è quella di sbloccare una ingarbugliata situazione che si protrae da 40 anni: “Nel 1985 – spiega Assenza – sono state presentate oltre 400 mila domande. Moltissime di queste, ben 207 mila circa, si trovano proprio in questa situazione e per questo motivo sono in un limbo: non sono mai state bocciate, ma nemmeno possono essere approvate. Giacciono negli archivi dei Comuni. Con questa norma di interpretazione autentica diamo una direzione rimediando anche a una diversità di trattamento visto che per situazioni analoghe ci sono state valutazioni diverse da una zona all’altra della Sicilia”.

Palermo e Agrigento le province con più case abusive in Sicilia

Ad essere interessate dall’abusivismo, e dunque dal colpo di spugna promosso dall’emendamento, sono tutte le coste siciliane, comprese quelle che negli anni sono diventate importanti realtà turistiche. Assenza precisa che “i numeri maggiori sono nel Palermitano e Agrigentino“.

A livello nazionale la situazione dell’abusivismo edilizio è scoraggiante: un recente dossier di Legambiente mostra come dal 2004 al 2020 solo il 33% degli immobili abusivi è stato abbattuto.

E l’Ispra certifica come l’abusivismo edilizio sia una delle cause che aggravano il rischio idrogeologico in Italia.

Non è la prima volta che una proposta di questo tenore viene portata all’attenzione dell’Ars: nel 2021 una proposta simile venne bocciata con uno scarto di pochi voti, avendo trovato consenso trasversale.