Il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza il piano ReArm Europe, la strategia di riarmo comune presentata dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Il provvedimento, passato con 419 voti favorevoli, prevede un investimento complessivo stimato di 800 miliardi di euro per rafforzare la difesa dell’Unione Europea nei prossimi anni. L’obiettivo è quello di ridurre la dipendenza militare dagli Stati Uniti e fronteggiare le minacce provenienti da Russia e alleati.
Ma l’Italia si spacca sul voto. La Lega ha votato contro, Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno dato il via libera, mentre il Partito Democratico si è diviso: 10 eurodeputati a favore e 11 astenuti. Intanto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha lanciato un avvertimento: “Le spese militari non devono andare a scapito di sanità e welfare”.
Indice
Via libera al piano ReArm Europe
Il Parlamento europeo ha dato il suo via libera al piano di riarmo ReArm Europe con 419 voti favorevoli, 204 contrari e 46 astensioni. La risoluzione non vincolante è un primo passo verso la definizione del “Libro bianco della difesa” che la Commissione europea presenterà ufficialmente il 19 marzo.
Il piano punta a mobilitare risorse fino a 800 miliardi di euro nei prossimi quattro anni per rafforzare l’autonomia strategica europea in campo militare. Una parte dei fondi, circa 150 miliardi, sarà garantita dal nuovo programma Safe (Security action for Europe), mentre il resto degli investimenti dovrà arrivare dagli Stati membri, che potranno accedere a una deroga sui vincoli di bilancio del Patto di stabilità.
Il voto ha diviso la politica italiana: la Lega ha espresso contrarietà, Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno sostenuto il piano, mentre il Partito Democratico si è spaccato tra favorevoli e astenuti.
Governo diviso sul voto
Il via libera al piano ReArm Europe ha diviso la maggioranza. Se da una parte Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno votato a favore del testo approvato a Bruxelles, la Lega si è espressa contro.
Matteo Salvini infatti da giorni si presenta fortemente contrario:
Ha quindi espresso soddisfazione in merito alle parole pronunciate dal ministro Giorgetti. Anche il Partito Democratico si è letteralmente spaccato: 10 eurodeputati hanno votato a favore, 11 si sono astenuti. Cecilia Strada (che si è espressa anche contro il nuovo piano di rimpatri Ue) e altri esponenti Dem hanno motivato la loro scelta con la contrarietà al rischio di “agevolare il riarmo dei singoli Stati senza rafforzare la difesa comune”.
Cosa ha detto Giorgetti
La posizione ufficiale del governo italiano è stata quindi chiarita dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti durante il question time alla Camera. “Il finanziamento della difesa – ha dichiarato – non potrà avvenire a scapito di settori fondamentali come sanità e servizi pubblici”. Giorgetti ha ribadito che l’Italia accoglie positivamente l’attivazione della clausola di salvaguardia che consente di scorporare le spese militari dal Patto di stabilità, ma ha avvertito che non ci sarà un aumento del debito che possa compromettere la stabilità finanziaria.
Già al vertice Ecofin di Bruxelles, Giorgetti aveva invitato a distinguere tra “i bisogni immediati legati alla guerra in Ucraina e la strategia sulla sicurezza a lungo termine dell’Ue”.
“Riarmo Europa” cosa significa?
Il piano ReArm Europe, tradotto come Riarmo Europeo, è la nuova strategia presentata dalla Commissione Europea per tentare rafforzare la sicurezza e la difesa dei Paesi membri. L’obiettivo è rendere l’Unione Europea meno dipendente dagli Stati Uniti e sviluppare una vera autonomia strategica.
Nello specifico, il piano prevede:
- un investimento complessivo stimato in 800 miliardi di euro nei prossimi quattro anni, anche se si tratta ancora di proiezioni;
- di questi, 150 miliardi saranno finanziati da un nuovo programma chiamato Safe (Security action for Europe), tramite debito comune europeo, destinato a sostenere i prestiti agli Stati membri che investiranno nella difesa;
- i rimanenti 650 miliardi dovrebbero essere spesi direttamente dagli Stati membri, sfruttando una deroga temporanea alle regole del Patto di stabilità per permettere un aumento delle spese militari fino all’1,5% del PIL nazionale;
- la Commissione prevede incentivi per gli Stati che partecipano a progetti di cooperazione militare multilaterale, con l’obiettivo di evitare frammentazioni e duplicazioni, favorendo la compatibilità dei sistemi d’arma e il coordinamento delle forze armate.
Tra i temi più dibattuti c’è l’introduzione del principio “Buy European”, che punta a garantire che le risorse stanziate per la difesa vengano spese a favore delle industrie europee. Su questo punto esistono divisioni tra i Paesi membri: Francia e Spagna spingono per un’applicazione rigorosa, mentre Germania e Italia temono rallentamenti negli investimenti e un aggravio dei costi.
Il piano ReArm Europe non è ancora definitivo: si attendono le proposte legislative concrete e il “Libro Bianco sulla Difesa” che la Commissione presenterà il 19 marzo. Il prossimo Consiglio Europeo potrebbe essere decisivo per fissare le regole operative e superare le divergenze tra i 27 Stati membri.
Sono davvero 800 miliardi?
Nel dibattito sul piano ReArm Europe si cita spesso la cifra di 800 miliardi di euro. Ma è davvero così? Al momento no. La cifra è frutto di una simulazione della Commissione Europea che stima l’impatto potenziale del piano nei prossimi quattro anni. Di questi, solo 150 miliardi deriverebbero da prestiti erogati attraverso il programma Safe, mentre i restanti 650 miliardi rappresentano proiezioni di spesa aggiuntiva dei singoli Stati membri.
La cifra complessiva, quindi, è ipotetica e legata a decisioni future dei governi nazionali. Inoltre, gli Stati membri dovranno coordinarsi per evitare sovrapposizioni negli investimenti, e alcuni paesi – come Germania e Italia – sono riluttanti ad accedere ai prestiti europei per timore di aumentare il proprio debito. C’è un esempio recente che giustifica la cautela, ovvero il Next Generation EU, che dei 800 miliardi previsti, circa 93 miliardi non sono mai stati spesi.
Anche per ReArm Europe, dunque, i 800 miliardi restano un obiettivo sulla carta, soggetto a revisioni e alla disponibilità dei singoli governi a partecipare al piano.