Il prossimo 25 settembre gli italiani saranno chiamati a tornare alle urne per scegliere il nuovo Parlamento che darà vita, dal 13 ottobre prossimo, alle Camere che si riuniranno per seguire i lavori con a capo il nuovo Presidente del Consiglio. Succedere a una figura carismatica e, dal punto di vista internazionale, forte come quella di Mario Draghi sarà impresa ardua e i partiti lo sanno bene.
Dal 21 luglio, giorno in cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto di scioglimento delle Camere indicendo le elezioni, vanno avanti le trattative tra i big della politica per trovare alleanze e nomi da appoggiare per garantire al futuro inquilino di Palazzo Chigi una base solida per dare il via al proprio lavoro, si spera, almeno quinquennale.
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Come funziona il Rosatellum
Il ritorno alle urne sarà segnato dalla grande novità del taglio del numero dei parlamentari che, per la prima volta, non vedrà più 630 deputati e 315 senatori, ma 600 parlamentari in tutto divisi tra i 400 che occuperanno le poltrone di Montecitorio e i 200 di Palazzo Madama. A essere utilizzata sarà invece la legge elettorale pensata da Ettore Rosato nel novembre 2017, ovvero il Rosatellum.
Si tratta di una legge elettorale, la numero 165 del 3 novembre 2017, che prevede un sistema elettorale misto, in parte proporzionale e in parte maggioritario. Nello specifico, infatti, un terzo dei seggi tra Camera e Senato sarà eletto in collegi uninominali e quindi tramite un sistema maggioritario, mentre i restanti due terzi saranno divisi tra i partiti rispettando i risultati percentuali ottenuti alle elezioni, quindi tramite un sistema proporzionale.
Per gli elettori ci saranno dei cambiamenti e delle conferme. Per la prima volta, infatti, il corpo elettorale di Camera e Senato sarà lo stesso, con entrambi i rami del Parlamento che potranno essere votati dall’elettorato attivo e non più con la soglia dei 25 anni per il voto a Palazzo Madama. Due, poi, saranno le schede ricevute al seggio per ogni ramo del Parlamento da votare.
Differenze tra Camera e Senato
Entrando nello specifico del voto, alla Camera saranno assegnati 148 collegi uninominali, usando il sistema maggioritario, dove i partiti e le coalizioni presenteranno un solo candidato. A essere eletto sarà ovviamente la figura che prenderà almeno un voto in più degli altri. Per gli altri 244 seggi è usato invece il metodo proporzionale in base ai collegi plurinominali. In ogni collegio, infatti, ogni partito o coalizione presenta una lista di candidati e riceve un numero di seggi in proporzione al numero di voti ricevuti. In questa circostanza gli elettori non possono indicare preferenze sui nomi dei candidati che sono invece eletti seguendo l’ordine dei nomi sulle liste.
Al Senato, seguendo lo stesso percorso di voto proporzionale e maggioritario, sono 74 i collegi uninominali e 122 quelli proporzionali, con 4 che invece verranno votati all’estero. Non si può scegliere il voto disgiunto ma indicare una sola preferenza.
Camera e Senato, per i partiti, hanno però una base comune, ovvero la soglia di sbarramento. I partiti infatti potranno ottenere i seggi solo se ottengono almeno il 3% dei voti su base nazionale. Per potere eleggere un rappresentante, le coalizioni devono invece raggiungere la soglia del 10%.