Pensioni, a rischio le forme di anticipo scelte da milioni di italiani

Il nuovo Governo dovrà fare i conti (letteralmente) col ritorno alla Legge Fornero e col più che probabile addio a Quota 102, Opzione donna e Ape sociale

Pubblicato: 7 Ottobre 2022 22:38Aggiornato: 8 Maggio 2024 09:25

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Uno dei temi caldi sul quale dovrà misurarsi il futuro nuovo Governo di centrodestra a guida Fratelli d’Italia sarà sicuramente quello delle pensioni. Dopo il giuramento e l’insediamento, però, l’Esecutivo avrà il fiato sul collo per arrivare preparato all’appuntamento previdenziale di fine anno.

I sindacati temono un nuovo “scalone”, determinato da due fattori nefastamente coincidenti: l’inevitabile ritorno integrale a gennaio 2023 della Legge Fornero e la necessità di adeguare i trattamenti pensionistici al tasso dell’inflazione (con conseguente pianto greco dei conti pubblici). E il rischio di stop per tre modalità d’uscita anticipata si fanno più concreti.

Gli scenari e i rischi sull’uscita anticipata 

La previsione degli esperti non è decisamente delle migliori. Senza nuovi interventi entro dicembre, quando cioè scadranno le “opzioni” in vigore, con l’arrivo del nuovo anno diremo addio in un colpo solo a tre canali d’uscita anticipata: Quota 102, Opzione donna e Ape sociale. Con sullo sfondo l’incubo, sopra citato, della rivalutazione obbligata delle pensioni che farà impennare la spesa previdenziale del 7,9%.

Secondo quanto riportato da Cgil, Cisl e Uil, l’attuazione contemporanea di tre diverse restrizioni nel campo della previdenza porterà a un notevole innalzamento dell’età pensionabile. In particolare, si prevede che la soglia di accesso alla pensione aumenterà da 62 anni, come stabilito originariamente con il sistema Quota 100 (successivamente esteso a 64 anni con il sistema Quota 102), fino ai 67 anni previsti dal requisito di vecchiaia.

Questo cambiamento viene comunemente definito come “scalone”, in quanto prevede un graduale incremento dell’età di pensionamento. È importante sottolineare che questo aumento dovrà essere calcolato tenendo conto dei vincoli di età stabiliti dalla riforma Fornero, che introduce regole specifiche per l’accesso alla pensione in base all’età e al contributo versato. Tale evoluzione potrebbe avere implicazioni significative per i lavoratori, specialmente quelli più vicini all’età pensionabile, poiché potrebbe comportare una revisione dei piani di pensionamento e una prolungata permanenza nel mondo del lavoro. L’assenza di indicazioni chiare nel Def approvato dal Consiglio dei Ministri ha lasciato incerti sia i lavoratori che i sindacati, in attesa di ulteriori sviluppi e decisioni sul futuro del sistema previdenziale nel paese.

L’allarme (e la ricetta) dei sindacati

I sindacati non ci stanno e rilanciano la loro posizione. Secondo il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, è necessario “costruire un’intesa con il nuovo Governo entro dicembre, perché sappiamo che scade Quota 102 e dal 1° gennaio si presenta uno scalone di 5 anni che porta l’età di vecchiaia a 67 anni”.

Da qui nascono le due alternative proposte dalle sigle sindacali riunite nella stessa battaglia:

  • la richiesta di dare il semaforo verde a Quota 41, cavallo di battaglia della Lega di Matteo Salvini;
  • garantire per tutti uscite con 62 anni.

Conti pubblici in rosso

Si tratta di “ricette”, va sottolineato, difficilmente compatibili con l’attuale stato dei conti pubblici italiani, messi in forte difficoltà dalla crisi internazionale. Una situazione che sembra destinata a peggiorare, visto che la spesa pensionistica salirà certamente nel 2023 di circa 24 miliardi di euro. Senza contare l’adozione di Quota 41 e le proroghe di Opzione donna e Ape sociale, che portano il conto totale a quasi 30 miliardi.

Secondo le stime dell’INPS, per garantire le uscite con 41 anni di versamenti a prescindere dall’età anagrafica servirebbero il solo primo anno ben 4 miliardi di euro. Stando ai calcoli di sindacati e Lega, che vedono i beneficiari effettivi inferiori di numero rispetto a quelli potenziali, il costo non sarebbe superiore a 1,3-1,4 miliardi. Resta tuttavia il problema delle coperture finanziarie, da reperire in breve tempo e con estrema precisione.