Pensioni, flop Ape: in un anno nessun assegno pagato

Da quando è entrato in vigore l'anticipo pensionistico (con la legge di Bilancio dell'anno scorso) lo Stato non ha staccato neanche un assegno

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Redazione

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Pubblicato: 11 Dicembre 2017 12:34

L’Ape, l’Anticipo Pensionistico diventato legge un anno fa con la Manovra e che doveva scattare dal primo maggio 2017, non ha ancora pagato nemmeno un assegno. Non ha dubbi la Cgil: l’Ape è un flop sia nella versione “social”, interamente a carico dello Stato e riservata alle categorie più deboli, sia in quella volontaria, rimessa alla libera valutazione dei lavoratori.
Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, che assicura di stare facendo il possibile per pagare gli arretrati entro dicembre, in un tweet scrive: “Lavorando anche sabato, domenica e festivi riusciremo a liquidare il primo lotto di arretrati entro Natale”.

Forti ritardi e stime sbagliate

“A onore del vero – Morena Piccinini, presidente dell’Inca – di ritardi se ne sono accumulati tanti e non sempre per responsabilità dell’lnps. Il decreto applicativo ha avuto una gestazione complicata, tant’è che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.138 soltanto il 16 giugno, con un ritardo di più di un mese. Poi, però, l’Istituto ci ha messo del suo per confondere ulteriormente le acque. E le cose ancor oggi non sono affatto chiare”.
Superato lo scoglio dell’ultima scadenza (30 novembre) per la presentazione delle domande di Ape sociale e di anticipo pensionistico per i lavoratori precoci, spiega l’Inca, “l’Inps ha diffuso i dati sulle richieste pervenute complessivamente sia per quanto riguarda la prima fase (conclusa il 15 ottobre) che la seconda (30 novembre). Con la prima, sono state accolte 15.493 domande di certificazione di Ape sociale e 9.031 richieste di lavoratori precoci (pari al 39% e al 34% del totale), per un numero complessivo di 24.524 domande su 65.972 richieste complessivamente pervenute, pari al circa il 37%; ben al di sotto della metà“.
“Poi, però, l’Inps precisa di aver provveduto a riesaminare d’ufficio 6.384 domande di Ape sociale e 5.592 di lavoratori precoci (per un totale di 11.976). Al momento, è sempre l’Inps a dirlo, queste operazioni di riesame hanno comportato l’accoglimento di circa 2.000 domande di Ape sociale e di circa 1.780 di lavoratori precoci (per un totale di 3.780). Dunque, se la matematica non è un’opinione, su 11.976 domande riesaminate, 8.196 ancora attendono di sapere quale sarà l’esito alla loro richiesta (oltre il 68%)”, dice l’Inca.

Metà delle risorse inutilizzate

“Se questo è l’andazzo, cosa ne sarà delle 16.917 domande pervenute all’Inps, tra il 15 luglio e il 30 novembre?”, sottolinea l’Inca. “Il sospetto -dice Piccinini- è che si avveri ciò che lo stesso Inps ha pronosticato, nell’ottobre scorso, in occasione dell’audizione alla Camera, quando, giocando di anticipo rispetto ai tempi, affermò che il 50% delle risorse stanziate per l’indennità Ape sociale e l’anticipo pensionistico in favore dei lavoratori precoci, anche dopo il riesame delle domande, sarebbe rimasto inutilizzato. Un fallimento facilmente prevedibile, dunque, che si sarebbe dovuto e potuto evitare dando certezza del diritto, a chi subisce sulla propria pelle le conseguenze di un altro grossolano errore commesso dalla legge di riforma delle pensioni Monti-Fornero”.

Risorse che andranno perse

Stando infatti a un’analisi della Cgil, nel 2017 le risorse non utilizzate per l’Ape social e i lavoratori precoci ammontano a 540 milioni di euro, molto superiori a quei 300 milioni in tre anni stanziati dal governo per il pacchetto pensioni inserito nella legge di bilancio. Risorse che non saranno reimpiegate nel capitolo previdenza e che quindi andranno perse. In una nota diramata qualche giorno fa, la Cigl denuncia “l’inconsistenza delle misure proposte dall’Esecutivo al sindacato per la fase due del confronto sulle pensioni”.

RISPARMIO PER IL GOVERNO – A far risparmiare il governo nel 2018 soprattutto il numero di domande accolte per Ape sociale e precoci, molto inferiore a quello che era stato preventivato: 31.290 domande anziché le 60.000 ipotizzate, pari al 52,15% del totale previsto, stima ancora la Cgil. E sarà proprio questo a determinare, con un effetto trascinamento, il risparmio anche per il 2018 che il sindacato stima pari a 554,5 mln.

Urgono correttivi

“Se non si vogliono accumulare ulteriori residui, pregiudicando il diritto di molti lavoratori di fruire delle prestazioni di Ape sociale e anticipo per i precoci, è necessario intervenire in legge di Bilancio per modificare profondamente le procedure e i vincoli”, dice ancora Ghiselli.
“I correttivi sino ad ora ipotizzati dal Governo, relativi all’ampliamento di quattro categorie di lavori gravosi, all’intervento sulle donne madri e sui contratti a termine, senza ulteriori misure sarebbero del tutto irrilevanti e determinerebbero anche per il 2018 l’esclusione di tantissimi lavoratori dalle prestazioni”, dice ancora. Riepilogando le proposte avanzate dalla Cgil: la necessità di abbassare il requisito contributivo per i lavoratori impegnati in attività gravose da 36 a 30 anni e la modifica della continuità professionale richiesta di 6 anni su 7 allargandola all’ipotesi di 7 su 10”. Inoltre, sempre relativamente ai lavori gravosi, “chiediamo di semplificare le procedure e di rimuovere il vincolo del tasso di tariffa Inail del 17 per mille”. conclude.