Pensione integrativa obbligatoria con il silenzio assenso: la riforma

Il governo prepara la riforma delle pensioni, con l'iscrizione automatica ai fondi integrativi privati tramite il silenzio assenso. E si punta anche a polizze contro l'invalidità

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

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Il welfare italiano va verso la svolta: il Governo sta valutando di riformare l’adesione automatica ai fondi pensione complementari tramite il meccanismo del silenzio-assenso.

Parallelamente, si andrebbe verso la creazione di un sistema di polizze assicurative di massa contro la perdita di autosufficienza.

Verso la rivoluzione dei fondi pensione

Oggi, in Italia, solo il 38% dei lavoratori aderisce a un fondo pensione complementare, contro percentuali che sfiorano il 100% in Paesi come Olanda e Germania.

Il dato è considerato allarmante dal governo, soprattutto alla luce della progressiva riduzione del tasso di sostituzione garantito dall’Inps: le future pensioni pubbliche, calcolate interamente col sistema contributivo, rischiano di essere inferiori al 50% dell’ultimo stipendio percepito. Per questo, il Ministero dell’Economia e il Ministero del Lavoro, in dialogo con il settore assicurativo, stanno valutando la rivoluzione: l’iscrizione automatica di tutti i lavoratori dipendenti ai fondi pensione integrativi previsti dall’azienda.

In questo scenario, il lavoratore non dovrebbe più fare una scelta attiva per entrare nel sistema: l’adesione sarebbe di default. Solo con un’azione esplicita, una richiesta formale di esclusione, si potrebbe rinunciare al fondo.

Il meccanismo è già rodato in altri Paesi europei e negli Stati Uniti, dove ha portato a una crescita significativa della previdenza privata. Ma la novità in Italia avrebbe una portata simbolica forte: segnerebbe il primo passo verso un sistema previdenziale a doppio binario, in cui la pensione pubblica diventa solo una base minima, e la vera sicurezza economica in vecchiaia dipende dalle scelte individuali (con l’adesione a un fondo pensione) e dal mercato finanziario.

Dietro queste misure c’è una consapevolezza non dichiarata ma evidente: lo Stato non sarà in grado, nei prossimi decenni, di garantire da solo pensioni dignitose. L’obiettivo è spingere milioni di italiani verso una previdenza privata di massa, per compensare i limiti strutturali dell’Inps. Non è una consapevolezza dell’ultim’ora: già nella seconda metà del 2024 il sottosegretario al Lavoro in quota Lega Claudio Durigon aveva ammesso senza giri di parole che in mancanza di una quota di previdenza complementare gli italiani sarebbero andati incontro a pensioni “da fame”.

E il silenzio-assenso è solo un tassello di una riforma più ampia, che punta a incentivare in ogni modo l’accumulo privato. Le proposte includono:

  • maggiore deducibilità fiscale con l’innalzamento del tetto di deducibilità dei versamenti ai fondi pensione (oggi circa 5.164 euro l’anno) per stimolare contributi più elevati soprattutto da parte di lavoratori con redditi medio-alti;
  • versamenti da parte dei familiari con la possibilità che genitori o nonni possano alimentare il fondo pensione di figli e nipoti ottenendo benefici fiscali;
  • modello life-cycle obbligatorio con un sistema che regoli automaticamente il profilo di rischio dell’investimento, più aggressivo per i giovani, più prudente per chi si avvicina alla pensione.

Non autosufficienza

Il secondo fronte critico è quello della assistenza alle persone non autosufficienti. In Italia circa 4 milioni di individui necessitano oggi di cure costanti. Ma la cifra è destinata a crescere rapidamente per via dell’invecchiamento della popolazione. Il costo di badanti, case di riposo, ausili sanitari ricade in gran parte sulle famiglie, mentre il sistema sanitario pubblico è già sotto pressione.

La proposta, mutuata da modelli tedeschi e francesi, è quella di creare un sistema di polizze assicurative di tipo long-term care. Durante la vita lavorativa, il cittadino verserebbe un premio annuale contenuto, pari a poche centinaia di euro, magari cofinanziato dal datore di lavoro e detraibile fiscalmente. In caso di perdita dell’autosufficienza, l’assicurazione garantirebbe una rendita o l’accesso a servizi di assistenza convenzionati. Anche in questo caso si ragiona su una forma di adesione “semi-obbligatoria”, per costruire un meccanismo mutualistico sostenibile.

I rischi

Il sistema pensionistico perfetto è ancora lontano dal venire inventato: ed anche il sistema a doppio binario ipotizzato dal governo presenta alcune criticità. La prima è rappresentata dalle diseguaglianze fra i cittadini: chi ha un lavoro stabile e ben retribuito potrà costruirsi una pensione integrativa robusta e una copertura sanitaria per la vecchiaia; chi è precario, lavora a intermittenza o ha redditi bassi rischia di rimanere aggrappato a un sistema pubblico impoverito, ampliando il divario sociale.

C’è poi il rischio finanziario: le pensioni integrative e le polizze sono legate all’andamento dei mercati. Eventuali crisi finanziarie potrebbero ridurre le rendite future.