In pensione a 64 anni con il Tfr, il piano di Durigon

Durigon mette al centro il Tfr, che diventerebbe rendita per garantire la pensione anticipata,con la possibilità di integrare assegni troppo bassi

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

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Il tema delle pensioni torna di attualità con le proposte del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon e con la Legge di bilancio sempre più vicina. Al centro dell’agenda politica c’è il trattamento di fine rapporto (tfr), visto da Durigon come leva per rendere più agevole l’uscita dal lavoro.

Lo strumento potrebbe infatti essere convertito in un’integrazione capace di consentire il pensionamento a 64 anni anche a chi non raggiunge la soglia minima con i soli contributi.

Durigon, cosa vuol dire che il Tfr verrà trasformato in rendita

In un’intervista al Corriere della Sera, Durigon spiega che l’idea è quella di permettere ai lavoratori di accedere alla pensione a 64 anni con 25 anni di contributi, anche a chi è entrato nel sistema misto prima del 1996.

La novità riguarda la possibilità di usare il tfr come integrazione, trasformandolo in rendita. Così, chi non raggiunge la soglia minima per la pensione anticipata, fissata a tre volte l’assegno sociale (1.616 euro), potrebbe colmare la differenza e maturare il diritto all’uscita.

Il sottosegretario ha dichiarato:

La possibilità, sempre su base volontaria, di usare anche il Tfr presso l’Inps come rendita per raggiungere la soglia minima di pensione.

Meno liquidazione, più flessibilità in uscita

Ovviamente, non è una scelta facile per chi si affaccia alla pensione. La proposta comporterebbe per chi la sceglie una riduzione, parziale o completa, della liquidazione a fine carriera.

Durigon però insiste sul fatto che si tratta di una decisione volontaria, che offre comunque benefici fiscali. Il Tfr trasformato in rendita avrebbe infatti una tassazione più leggera, come avviene già per i fondi pensione, e la reversibilità resterebbe intatta.

Effetti sui conti Inps e sui lavoratori

Secondo il sottosegretario, i conti dell’Inps non sarebbero messi a rischio. Ogni anno l’istituto paga circa 6,8 miliardi di euro di tfr a chi lascia il lavoro, ma con la nuova impostazione non si tratterebbe più di liquidazioni da 50-70 mila euro versate in un colpo solo.

Parafrasando Durigon, l’idea è quella di distribuire importi più piccoli anno dopo anno, così da ridurre il peso sui bilanci e allo stesso tempo garantire pensioni di importo più dignitoso.

Il nodo delle altre misure: quota 103 e opzione donna

Nell’intervista al Corriere, Durigon ha aggiunto che l’introduzione di questa flessibilità renderebbe superflua la proroga di Quota 103. Diverso invece il discorso per Opzione donna, che secondo lui dovrebbe essere mantenuta e rafforzata, considerando il peso del lavoro di cura che grava sulle lavoratrici.

Utilizzo del tfr per la non autosufficienza

Oltre a servire da sostegno per chi vuole andare in pensione prima, il tfr potrebbe diventare una risorsa anche per i fondi dedicati all’assistenza di lungo periodo, pensati per chi non è più autosufficiente. Ha spiegato:

Si ottiene un altro risultato: non si mettono in pagamento pensioni povere.

Questa formula può avere un doppio scopo: integrare gli assegni e garantire nuove coperture ai servizi socio-sanitari di cui ci sarà sempre più necessità.

Apertura del confronto con il Mef

Durigon, intervenuto poi al Meeting di Rimini, ha raccontato di aver già trovato apertura da parte del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per inserire la misura nella prossima Legge di bilancio.

Tra gli obiettivi c’è anche quello di congelare l’aumento automatico dell’età pensionabile previsto dal 2027.

Il sottosegretario ha parlato anche del cosiddetto bonus Giorgetti, definendolo fondamentale perché lascia al lavoratore la possibilità di scegliere se restare in servizio o uscire prima con condizioni più favorevoli.