La storica decisione della Banca centrale europea, presa dopo 11 anni, di alzare i tassi di interesse di mezzo punto rischia di abbattersi come un ciclone su imprese e famiglie. L’aumento del costo del denaro porta il tasso principale allo 0,50%, quello sui depositi a zero e quello sui prestiti marginali allo 0,75%.
La stretta monetaria avrà conseguenze dirette anche su mutui e prestiti, rendendoli più cari. Questo perché l’aumento dei tassi della Bce influenza il livello generale dei tassi d’interesse.
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Di quanto aumenteranno mutui e prestiti?
L’aumento del costo del denaro deciso dall’Eurotower impatterà direttamente soltanto sui pochi mutui variabili indicizzati al tasso Bce. Come spiega il Corriere della Sera, si tratta di prodotti che, a parità di spread, tutte le banche sono tenute a offrire in opzione ai prodotti parametrati a Euribor, ma che hanno riscosso scarso interesse. Il discorso cambia invece per i mutui legati al tasso di riferimento, calcolato giornalmente e molto sensibile alla variazione del tasso Bce, che indica l’interesse medio delle transazioni finanziarie in euro tra le principali banche europee.
Dal 1° al 21 luglio, l’Euribor a un mese è salito da -0,51 a -0,26%, mentre quello a tre mesi è passato da -0,18 a +0,13%. Tradotto: su un mutuo da 200mila euro a 30 anni, per ogni 25 centesimi di punto l’aumento della rata è di circa 24 euro al mese, che diventano 48 se l’Euribor assorbisse tutti i 50 centesimi di rialzo. Allo stesso modo, per lo stesso mutuo a 20 anni l’incremento sarà di 18 euro ogni 25 centesimi.
Il tasso variabile costano ancora molto meno rispetto a quelli a tasso fisso. Per un mutuo medio a 20 anni quest’ultimo è pari al 3,10% contro lo 0,97% (1.120 euro contro 920), mentre per le formule a a 30 anni il fisso segna un 3,08% contro l’1,08% del variabile (851 euro contro 630).
Cresce il costo del debito pubblico
Gli interventi stabiliti a Francoforte potrebbero causare anche l’aumento del costo del debito pubblico. Con la crescita dei tassi, gli Stati che emettono titoli di debito per finanziarsi dovranno offrirli con interessi più alti. Un meccanismo vizioso che potrebbe comportare un aggravio della situazione per quei Paesi già molto indebitati, come l’Italia, al netto di interventi della banca centrale come il Quantitative Easing, volto ad abbassare gli spread.
Lo Stato dovrà insomma spendere di più per rifinanziare il debito. Secondo Unimpresa, entro aprile 2023 andranno rinnovati 341 miliardi di debito. Stando a un’analisi dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, un aumento permanente di 100 punti base sulla curva dei rendimenti dei titoli di Stato italiani a partire dal 2023 porterebbe a un costo del debito superiore di 2,5 miliardi nel 2023 e 6,7 nel 2024.
I piani della Bce: cosa ci aspetta in futuro?
Gli aumenti per i contribuenti potrebbero rivelarsi maggiori in alcuni Paesi, come l’Italia, se la banca centrale non eviterà il ritorno della frammentazione del mercato europeo già sperimentata negli anni scorsi. La Bce ha comunque affermato che i prossimi rialzi dei tassi saranno decisi volta per volta, in base ai dati macroeconomici e all’inflazione.
Il Consiglio direttivo ha deciso di adottare “un primo intervento più ampio nella normalizzazione dei tassi di riferimento rispetto a quanto segnalato nella riunione precedente”. Questo “sosterrà il ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo di medio termine del Consiglio direttivo rafforzando l’ancoraggio delle aspettative di inflazione e assicurando che le condizioni della domanda si adeguino in linea con il conseguimento dell’obiettivo di inflazione nel medio periodo”.