A poche settimane dal suo insediamento, tra scadenze ed emergenze che richiedono una presa di posizione immediata negli affari interni ed esteri, il governo Meloni si è messo al lavoro per cercare di realizzare le promesse fatte in sede di campagna elettorale. Tra queste la tanto discussa flat tax, la cosiddetta “tassa piatta” per dipendenti e autonomi che l’esecutivo ha intenzione di estendere a una platea sempre più alta.
Proprio sulla flat tax negli ultimi giorni si sono intensificati i colloqui all’interno del Governo, col ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che ha aperto la porta alla volontà dell’esecutivo di proseguire sull’ampliamento della soglia di ricavi e compensi. Quelle che sono in arrivo saranno novità importanti per lavoratori autonomi e dipendenti, con una tassa pronta a seguire un doppio binario.
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Flat tax, cosa cambia per le partite iva
L’obiettivo del Governo, come ampiamente dibattuto nelle ultime settimane, è quello di estendere la flat tax al 15 % a una platea più ampia di partite iva e la strada sembra essere in discesa. La nuova tassa, infatti, sembra ormai essere una certezza e dal ministro Giorgetti è arrivata la conferma di una volontà del governo di proseguire sull’ampliamento della soglia di ricavi e compensi per l’applicazione del regime forfettario.
La flat tax al 15%, così come pensata a oggi dall’esecutivo Meloni, potrebbe interessare le partite Iva fino a 85.000 di ricavi per cercare di arginare quanto più possibile le sotto dichiarazioni di ricavi di chi non vuole superare l’attuale limite dei 65.000 euro. Ma se i lavori sembrano essere ben avviati, è ancora da capire le tempistiche della misura, con probabilità che il nuovo tetto possa valere per i redditi 2023 e 2024.
Flat tax incrementale, cosa cambia per i dipendenti
Sui lavoratori dipendenti, invece, il governo ancor oggi ha deciso di non sbilanciarsi più di tanto. Dal dicastero dell’Economia però l’intenzione sarebbe quella di puntare sulla flat tax incrementale, ovvero la tassazione al 15% di una quota dell’incremento di reddito da lavoro e da impresa. Secondo questa nuova misura a essere tassata sarà la variazione di reddito più alta dei tre anni precedenti al reddito dichiarato.
In riferimento alla variazione di reddito tra il 2022 e i tre anni precedenti, quindi, prenderebbe in considerazione i ricavi dichiarati tra il 2019 e il 2021 e se c’è un aumento di reddito, quella parte viene tassata al 15% invece che con l’aliquota marginale Irpef che varia (dal 23%, 25%, 35% o 43%) in base al reddito del lavoratore. Per esempio se il reddito di un lavoratore per il 2022 è stato di 32.000 euro e negli anni precedenti ha dichiarato redditi per 28.000 euro nel 2021, 31.000 nel 2020 e 26.000 nel 2019, a essere tassato sarà il 2020 in quanto anno con reddito maggiore rispetto agli altri. L’extra guadagno, che rispetto al 2022 è di mille euro, dovrà quindi essere tassato e si pagheranno 150 euro invece degli attuali 350. Lo schema pensato dal Governo ovviamente andrebbe a “premiare” chi ha un reddito più alto, in quanto ci sarà maggior guadagno.
Al vaglio c’è poi anche la possibilità di introdurre una misura simile a quella già applicata in Germania che consenta alle imprese di riconoscere ai dipendenti un’indennità fino a 3.000 euro con esenzione totale delle tasse. In virtù delle poche risorse a disposizione del governo per la legge di Bilancio, sembra che i fondi per garantire la copertura della flat tax siano da trovare nella riforma al Reddito di cittadinanza.