Stop allo smart working in Europa, le grandi aziende vogliono i dipendenti in ufficio

Nel 2025 le grandi aziende dicono addio allo smart working: migliore organizzazione del lavoro, ansia da controllo o stratagemma per indurre i dipendenti a licenziarsi?

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 3 Gennaio 2025 21:14

Dopo l’esplosione durante la pandemia, lo smart working sta lentamente perdendo terreno. Le cose hanno preso a cambiare a partire dal 2022, quando il lavoro a distanza ha iniziato a diminuire, lasciando spazio ai modelli di lavoro ibrido.

Nel 2025, molte grandi aziende tecnologiche (e non solo) come Amazon, AT&T e Wipro insistono per un ritorno in ufficio cinque giorni a settimana. Il pioniere è stato Elon Musk, che ha minacciato a più riprese il licenziamento dei dipendenti che non accettassero il ritorno in ufficio già nel 2022 e nel 2023.

Oggi, molti fra i dirigenti ritengono che il lavoro a distanza abbia esaurito la sua utilità. I vertici aziendali credono che avere una presenza fisica in ufficio sia cruciale per il futuro.

Favorevoli e contrari

I lavoratori, invece, si dividono: c’è chi resterebbe in smart working a vita per tagliare le difficoltà logistiche e i costi, e chi ha sofferto nello stare lontano dall’ufficio per la mancanza di socializzazione e anche perché, inutile negarlo, molto spesso le carriere si giocano anche di fronte alla macchinetta del caffè o durante gli aperitivi fra colleghi a fine giornata.

Aziende contro lo smart working

In Amazon il ceo Andy Jassy ammette lo smart working solo in casi particolari e da concordare. Secondo Fortune, nel colosso dell’e-commerce più di sette lavoratori su dieci hanno dichiarato di meditare le dimissioni dopo il cambio di rotta sul lavoro da remoto.

Bt ha fatto sapere ai suoi 50.000 dipendenti che devono lavorare in ufficio almeno tre giorni a settimana. PwC, nel comunicare con i suoi 26.000 dipendenti, si è allineata ai tre giorni minimi in ufficio ogni settimana. E lo stesso sta accadendo in Asda, Starling e in molte altre realtà. In India, il colosso Wipro ha imposto regole più severe ai dipendenti che lavorano da casa. LTIMindtree con base a Mumbai ha dichiarato che sottrarrà 1,5 giorni di ferie al mese in caso di violazioni sulla stretta sullo smart working.

Oggi, secondo l’Ufficio nazionale di statistica britannico, il 28% dei lavoratori si è abituato al lavoro ibrido casa-ufficio. Il punto non è più se applicare lo smart working o non applicarlo: oggi si decide se azzerarlo del tutto o se consentirlo al massimo per qualche giorno.

La tendenza in Germania ha investito nomi di peso come Deutsche Telekom e Volkswagen. In Italia fra le voci che meditano l’addio allo smart working c’è Unipol. In Italia, comunque, la discussione è limitata dal fatto che solo il 4,4% dei lavoratori ne ha beneficiato, come ha evidenziato l’Eurostat.

Negli Usa il presidente eletto Donald Trump, che si insedierà il 20 gennaio, ha annunciato che tutti i dipendenti pubblici dovranno tornare al lavoro a tempo pieno.

Stratagemma per licenziare

Secondo Fortune, i datori di lavoro affermano di aver speso milioni di dollari per gli spazi aziendali e pretendono che vengano utilizzati. Altri sostengono che le aziende stiano semplicemente cercando di ridurre il personale e che il ritorno in ufficio sia un modo per spingere i dipendenti a dimettersi, con una strategia a metà strada fra il bossing e il quite firing.

Qualcuno si sfila

Nvidia, a differenza di altre Big Tech, si guarda bene dal richiedere il ritorno in ufficio, garantendosi così la fidelizzazione dei migliori talenti.