Lavoratori immigrati in crescita nell’area Ocse, ma l’Italia non coglie l’occasione

Da una parte l'Italia soffre croniche carenze di manodopera in settori chiave, dall'altra parte ostacola l'integrazione dei lavoratori immigrati. I dati dell'International Migration Outlook 2024 dell'Ocse

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 17 Novembre 2024 20:07

Nel 2023 il tasso di occupazione degli immigrati nei Paesi dell’area Ocse ha raggiunto il massimo storico del 71,8%, mentre la disoccupazione è scesa al 7,3%, segnando un miglioramento generalizzato rispetto agli anni precedenti.

È quanto emerge dal nuovo rapporto International Migration Outlook 2024 dell’Ocse che fotografa un quadro di crescente integrazione lavorativa della popolazione migrante nei Paesi membri. L’Italia, però, da una parte soffre per la cronica carenza di organico in determinati settori produttivi e dall’altro lato non sembra in grado di cogliere l’occasione rappresentata dai lavoratori stranieri che stenta a integrare.

Più lavoratori immigrati nei Paesi Ocse

A livello generale, il trend viene trainato dalla forte domanda di manodopera in molte economie Ocse, colpite da carenze strutturali di lavoratori e da importanti cambiamenti demografici. Canada, Stati Uniti, Regno Unito e i Paesi dell’Unione europea sono tra quelli che hanno registrato i maggiori incrementi, grazie anche a politiche di accoglienza che favoriscono la partecipazione al mercato del lavoro. Nel 2023 sono stati rilasciati oltre 2,4 milioni di permessi di lavoro, con un incremento del +16% rispetto al 2022 e del +28% rispetto ai livelli pre-pandemia.

Il caso emblematico è quello dei rifugiati ucraini: nei Paesi dell’Europa orientale, come Polonia, Lituania ed Estonia, oltre il 50% di loro ha trovato lavoro. Tuttavia, in nazioni come Germania, Austria e Belgio, solo uno su quattro è riuscito ad accedere al mercato del lavoro, a causa di barriere linguistiche, politiche di integrazione meno efficaci e reti sociali meno solide.

In quasi tutti i Paesi Ocse c’è una costante: i settori lavorativi principali per gli immigrati sono il commercio all’ingrosso e al dettaglio, l’edilizia, i servizi per la casa, la cura delle persone e la ristorazione.

Il caso italiano

In Italia la popolazione immigrata rappresenta il 10,9% del totale, con 6,4 milioni di individui, ma il loro tasso di occupazione, pari al 64%, resta ben al di sotto della media Ocse (71,8%). Anche la disoccupazione, al 10,3%, supera di gran lunga il dato medio Ue (7,3%). Questi numeri riflettono le difficoltà di integrazione nel nostro Paese, dove gli immigrati affrontano discriminazioni, barriere linguistiche e ostacoli burocratici.

Inps e istituzioni indipendenti hanno più volte ribadito come, oltre alle politiche a sostegno della natalità che avrebbero un impatto sulla prossima generazione, per invertire la situazione occupazionale e contributiva in Italia nel periodo breve e medio uno dei rimedi sarebbe una migliore integrazione degli immigrati nel mercato del lavoro.

Nonostante una crescita del +13% della popolazione straniera dal 2013, l’Italia continua a offrire poche opportunità imprenditoriali agli immigrati. Il tasso di imprenditorialità tra gli stranieri è inferiore del -6,1% rispetto a quello dei cittadini italiani, a causa di difficoltà di accesso al credito e di supporto per avviare attività. Questo dato contrasta con la media Ocse, dove l’imprenditorialità migrante ha generato 4 milioni di nuovi posti di lavoro nell’ultimo decennio.

Aumentano gli italiani che emigrano

Ma, oltre all’inverno demografico e alla scarsa capacità di integrare i migranti, a pesare sullo “spopolamento” professionale della Penisola c’è anche l’emigrazione dei giovani italiani verso l’estero: nel 2022 i cittadini italiani che hanno scelto di trasferirsi verso i Paesi Ocse sono aumentati del +14%. Il dato riguarda 152.000 persone. I Paesi più attraenti per gli italiani sono Spagna (32%), Germania (14%) e Svizzera (12%).