Mobbing sul lavoro: quali sono le probabilità di vincere una causa

Quante sono le probabilità di vincere una causa di mobbing? Uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro illustra i dati di una recente ricerca.

Foto di Domenico Tambasco

Domenico Tambasco

Avvocato

Nato a Milano, ha sempre considerato la difesa dei diritti la sua prima vocazione, diventando una scelta naturale la carriera forense. Diplomato presso il Liceo Classico Omero di Milano con 60/60, si è laureato a pieni voti in Giurisprudenza presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore nel 2000, con una tesi sul "Principio di legalità nella codificazione pio-benedettina" che è stata successivamente pubblicata su Rivista di Diritto Ecclesiastico, fasc. 1/2002.

Pubblicato: 29 Marzo 2023 14:30

Nonostante il fenomeno del mobbing sia entrato da anni nelle aule dei Tribunali italiani, i dati di un recente studio pubblicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro mostrano una realtà sconfortante, soprattutto in termini di probabilità di successo e di medie risarcitorie.

I dati sulle cause di mobbing in Italia

“Quante sono le probabilità di vincere una causa di mobbing?”: questa, solitamente, è la prima domanda che sorge spontanea nelle vittime di condotte vessatorie sul posto di lavoro.

La risposta la possiamo trovare in una recente ricerca pubblicata dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro , e non è consolante. Infatti, nel 60% dei casi le domande di accertamento di mobbing lavorativo sono totalmente rigettate. Soltanto in circa 2 casi su 10 (21%), invece, le vittime ottengono un pieno riconoscimento, a fronte di un 19% di probabilità di vedere solo parzialmente accolte le proprie richieste.

Lo studio analizza anche le ragioni alla base di questi dati.

In particolare, la principale causa del frequente insuccesso delle cause di mobbing è rappresentato dalla mancata prova delle condotte vessatorie (54% dei casi), a fronte di un 19% di casi in cui il rigetto delle domande è dovuto alla mancata dimostrazione dell’intento persecutorio del mobber, pur in presenza di una situazione lavorativa obiettivamente ostile.

La difficoltà della prova è quindi l’ostacolo principale che si erge, come una montagna quasi invalicabile, davanti a chiunque voglia citare in giudizio i propri aggressori.

Un altro dato di particolare interesse emergente dalla ricerca è rappresentato dalla netta predominanza, nei contenziosi in materia di conflittualità lavorativa, delle cause di mobbing: su 3918 sentenze analizzate, infatti, in ben 3497 casi (pari all’89%) la denuncia delle vittime riguarda asserite condotte mobbizzanti.

Le medie risarcitorie

Nel caso in cui questa ripida montagna venga scalata, qual è il panorama che si presenta?

Lo studio pubblicato dall’OIL fa luce anche su questo altro aspetto: i risarcimenti che si prospettano all’esito di questa lunga e faticosa salita sono a dir poco deludenti.
Infatti, la media è ricompresa tra un minimo di 4.000 e un massimo di 92.941 euro ed è pari a 25.244 euro, mentre la mediana evidenzia una distribuzione particolarmente concentrata verso il basso, con un valore addirittura pari alla minor somma di 16.850 euro.

L’esame dei fattori che determinano la liquidazione degli importi risarcitori da parte dei giudici manifesta la netta prevalenza dell’elemento biologico (ovverosia della lesione alla salute psico-fisica suscettibile di accertamento medico-legale) quale criterio cardine per la liquidazione del danno, prevalente nel 69 per cento dei casi.

Il secondo criterio considerato dai giudici nella definizione dei risarcimenti è l’elemento della durata della condotta vessatoria, che si collega principalmente alla percentuale della retribuzione mensile: si tratta di un parametro utilizzato nel 19% dei casi analizzati, soprattutto con riguardo al demansionamento.

In via residuale, infine, emerge il fattore morale costituito dal “temporaneo perturbamento d’animo” della vittima, utilizzato quale minoritario parametro di orientamento del giudice.

Le percentuali di riconoscimento della malattia professionale INAIL

Lo studio diffuso dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro cita anche i risultati di un’altra ricerca, condotta da alcuni esperti sulle procedure amministrative di riconoscimento del danno da mobbing da parte dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (INAIL).
Anche in questo caso, i numeri sono sconfortanti: in quasi il 90 per cento dei casi, infatti, non sono stati accertati i presupposti per il riconoscimento dell’indennizzo assicurativo.

Le linee di tendenza

Le linee di tendenza sono chiare: emerge la notevole difficoltà di provare in giudizio le vessazioni lavorative, unita ad una pronunciata tendenza verso il basso delle medie risarcitorie, che si traducono in una scarsa effettività della tutela riconosciuta alle vittime di vessazioni sul lavoro.
Un deciso intervento del legislatore in materia, oggi più che mai, è auspicabile.