Che differenza c’è tra maternità e congedo parentale

Maternità e congedo parentale hanno differenze sostanziali: il secondo riguarda anche il padre e si può richiedere fino al compimento degli 8 anni di età del figlio

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

Pubblicato: 4 Gennaio 2018 15:15Aggiornato: 14 Maggio 2024 11:36

Il congedo per maternità e quello parentale sono pilastri fondamentali per le famiglie che accolgono un nuovo membro. Il congedo di maternità, della durata di 5 mesi, è distribuito attorno al periodo del parto, includendo due mesi prima e tre mesi dopo la nascita. È possibile anticiparlo di un mese, previa presentazione di un certificato medico che attesti la sicurezza per il bambino. Il congedo parentale, invece, può essere fruito dopo il congedo di maternità ed è di durata variabile a seconda delle normative locali e del contratto di lavoro, ma di solito, si prolunga fino a quando il bambino raggiunge il suo primo compleanno. Questi congedi sono essenziali perché consentono ai genitori di dedicare tempo e attenzione al neonato nei primi mesi dopo la nascita, contribuendo al suo benessere fisico e emotivo e permettendo alla madre di recuperare dalla gravidanza e dal parto.

Come funziona il congedo di maternità

Il congedo di maternità, come spiegato dall’Inps, è destinato a diverse categorie di lavoratrici:

• Donne dipendenti che risultano assicurate presso l’Inps, comprese quelle già assicurate ex IPSEMA;
• Apprendiste, impiegate, operaie e dirigenti che hanno un rapporto di lavoro attivo al momento dell’inizio del congedo;
• Donne disoccupate o sospese secondo quanto prevede l’articolo 24 del Testo Unico maternità/paternità (TU);
• Lavoratrici agricole, sia a tempo indeterminato che determinato, che abbiano lavorato per almeno 51 giornate nell’ambito agricolo durante l’anno di inizio del congedo;
• Colf, badanti e altre lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari, in conformità con le disposizioni dell’articolo 62 del TU;
• Donne che svolgono attività lavorativa a domicilio, come stabilito dall’articolo 61 del TU;
• Lavoratrici impegnate in attività socialmente utili o di pubblica utilità (LSU o APU), come definito nell’articolo 65 del TU;
• Dipendenti di enti pubblici, comprese le lavoratrici ex INPDAP ed ENPALS, che devono rispettare gli obblighi previsti dalla legge in caso di maternità, secondo quanto stabilito dagli articoli 2 e 57 del TU.

Quanto dura il congedo di maternità

In base alle disposizioni degli articoli 16 e seguenti del TU, il congedo di maternità inizia due mesi prima della presunta data del parto, salvo opzioni diverse o flessibilità nei tempi di fruizione dei cinque mesi successivi al parto. Se la gravidanza è a rischio o le mansioni della lavoratrice sono incompatibili con la gravidanza, può essere disposta un’astensione anticipata su indicazione dell’Azienda Sanitaria Locale o dell’Ispettorato territoriale del lavoro.

Dopo il parto, la durata del congedo varia a seconda dei casi:

Tre mesi (salvo flessibilità), con eventuale aggiunta dei giorni tra la data prevista e quella effettiva del parto se quest’ultimo avviene dopo la data prevista;
Tre mesi più i giorni non goduti, nel caso di parto anticipato rispetto alla data prevista, con possibile estensione oltre i cinque mesi se la somma dei tre mesi successivi al parto e dei giorni tra la data effettiva e quella prevista supera il limite di cinque mesi;
Cinque mesi successivi al parto, se la lavoratrice sceglie di astenersi esclusivamente dopo il parto e se i medici specializzati e competenti attestano che questa scelta non arreca danni alla salute della madre e del bambino;
Per l’intero periodo di astensione prolungata disposto dall’Ispettorato territoriale del lavoro, quando le condizioni di lavoro o ambientali sono dannose per la salute della donna e del bambino, o quando la lavoratrice non può essere trasferita a mansioni diverse.

Quando è possibile il congedo di paternità alternativo

Il congedo di paternità alternativo è concesso in determinate circostanze legate alla madre del bambino ed è applicabile nei seguenti casi:
• In caso di morte o grave malattia della madre, il padre richiedente deve fornire i dettagli della madre e la data del decesso al momento della presentazione della domanda. La certificazione medica della grave malattia deve essere presentata in forma sigillata al centro medico legale dell’INPS, allo sportello o tramite raccomandata;
• Nel caso in cui la madre rinunci ai propri diritti genitoriali nei confronti del figlio, è necessario compilare online una dichiarazione di responsabilità;
• Se il figlio viene affidato esclusivamente al padre (come stabilito dall’articolo 337-quater del codice civile), il padre deve comunicare i dettagli del provvedimento, inclusi autorità giudiziaria, sezione, tipo e numero del provvedimento, e la data di deposito in cancelleria.

Nel contesto di adozione o affidamento di minori, il padre può richiedere il congedo di paternità alternativo se la madre, che lavora, rinuncia in parte o completamente al suo congedo di maternità. Questo viene attestato attraverso la compilazione online di una dichiarazione di responsabilità

Il congedo di paternità alternativo ha inizio al verificarsi di uno dei citati eventi e continua per la stessa durata del congedo di maternità non utilizzato dalla madre. Se quest’ultima non lavora, il congedo di paternità alternativo termina tre mesi dopo il parto.

Se la madre sceglie di non riconoscere il figlio e di mantenere l’anonimato, al padre spetta un periodo residuo di congedo di maternità teorico pari a tre mesi post partum come congedo di paternità alternativo. Se il bambino viene ricoverato in ospedale, il congedo di paternità alternativo può essere sospeso, anche parzialmente, fino alla sua dimissione.

I padri hanno anche diritto a dieci giorni di congedo di paternità obbligatorio come previsto dall’articolo 27-bis del d.lgs. 151/2001.

Il congedo parentale

A differenza del periodo di astensione per maternità o paternità, il congedo parentale consente ai genitori di dedicare tempo al bambino durante i suoi primi anni di vita, garantendo così il soddisfacimento dei suoi bisogni emotivi e relazionali. Questo periodo di astensione è disponibile per i lavoratori dipendenti, esclusi i genitori disoccupati o sospesi, i lavoratori domestici e quelli a domicilio.

Il congedo parentale può essere usufruito dai genitori naturali e adottivi che mantengono un rapporto di lavoro nei primi 12 anni di vita del bambino, per un periodo totale tra entrambi non superiore a 10 mesi. Questo periodo può essere esteso a 11 mesi se il padre lavoratore decide di astenersi dal lavoro per almeno tre mesi consecutivi. Il congedo può essere fruito anche contemporaneamente da entrambi i genitori. Se il rapporto di lavoro termina durante il congedo, il diritto a quest’ultimo cessa dalla data di interruzione dell’occupazione.

Le modalità di assegnazione del congedo parentale sono le seguenti:

• La madre lavoratrice dipendente può usufruire di un periodo massimo di 6 mesi di congedo continuativo o frazionato;
• Il padre lavoratore dipendente può usufruire di un periodo massimo di 6 mesi di congedo continuativo o frazionato, estendibili a 7 mesi se si astiene dal lavoro per almeno 3 mesi consecutivi;
• Il padre lavoratore dipendente può usufruire del congedo anche durante l’astensione obbligatoria della madre (a partire dal giorno successivo al parto), anche se la madre non lavora;
• Un genitore unico, sia padre che madre, può beneficiare di un congedo prolungato fino a un massimo di 10 mesi, che può essere esteso a 11 mesi nel caso decidano di prendersi un periodo continuo o frazionato di almeno 3 mesi dal lavoro.

I genitori adottivi o affidatari hanno diritto al congedo parentale entro i primi 12 anni dall’ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall’età del bambino all’atto dell’adozione o affidamento e fino al compimento della maggiore età.
La legge offre la possibilità di frazionare a ore il congedo parentale, con le modalità di fruizione stabilite dalla contrattazione collettiva di settore.