Autostrade per l’Italia, contratto lavoratori 2025: nuova trattativa sui permessi

Aspi riduce l'orario a 36 ore settimanali senza tagli salariali, ma restano da definire i permessi ceduti dai lavoratori per bilanciare il nuovo accordo

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 3 Gennaio 2025 12:31

Un nuovo capitolo si apre per i dipendenti di Autostrade per l’Italia (Aspi), con la promessa di orari più leggeri ma con una questione spinosa ancora da risolvere: i permessi retribuiti. Il recente accordo con i sindacati Filt Cgil, Fit Cisl e UilTrasporti, promette di ridurre l’orario settimanale da 40 a 36 ore senza toccare gli stipendi. Non tutto, ovviamente, è semplice, perché è ancora da decidere quante ore di permesso i lavoratori dovranno cedere in cambio.

Permessi: il punto dolente dell’accordo

L’attenzione si è rapidamente spostata sul monte ore di permessi, una risorsa fondamentale per i dipendenti. Attualmente, i lavoratori beneficiano di oltre 100 ore annuali tra contratto nazionale e aziendale. Entro febbraio, le parti torneranno al tavolo per stabilire l’entità del sacrificio. Do ut des, come si suol dire.

A chi cambierà l’orario e in che modo

L’accordo coinvolge circa 5mila dipendenti su un totale di 9mila. Di questi, quasi metà lavora su turni, occupandosi di pedaggi, viabilità e manutenzione. Per loro, già abituati a orari settimanali di 37 ore e 20 minuti, il cambiamento si tradurrà in più permessi a disposizione.

Per il personale amministrativo, che attualmente lavora servendo l’azienda con 40 ore settimanali, si prevede un passaggio effettivo a 36 ore. Tra le opzioni al vaglio, c’è anche l’idea della settimana corta con giornate di nove ore distribuite su quattro giorni, soprattutto per le sedi di Roma e Firenze. Per le unità operative, che devono garantire continuità, questa soluzione appare meno praticabile.

Produttività e orari ridotti: un esperimento da seguire

Gli esperti del settore vedono nella riduzione dell’orario una possibile chiave per migliorare la produttività e ridurre la necessità di permessi. Se il taglio delle ore di permessi sarà limitato, l’impatto sui dipendenti potrebbe essere minimo. Questo esperimento di Aspi potrebbe fornire un modello da studiare per future trasformazioni del mondo del lavoro.

La questione si inserisce in un panorama più ampio, dove la riduzione dell’orario lavorativo si lega a temi come il benessere aziendale e la sostenibilità delle risorse umane. Offrire maggior tempo libero potrebbe rappresentare non solo un beneficio per i dipendenti, ma anche una leva strategica per
attrarre nuovi talenti e migliorare l’immagine aziendale.

Legislazione e sperimentazioni aziendali

Sul fronte normativo, in Parlamento si discute di diverse proposte per ridurre l’orario di lavoro a parità di stipendio. Tra queste, Alleanza Verdi Sinistra propone delle utopiche 34 ore settimanali, mentre il Movimento Cinque Stelle punta addirittura a 32 ore attraverso contrattazioni collettive. Il Partito Democratico, invece, suggerisce incentivi per le aziende che sperimentano riduzioni.

Nel frattempo, aziende come Intesa SanPaolo e Lavazza stanno già sperimentando nuovi modelli organizzativi e si pongono come precursori di progetti pilota virtuosi. Tuttavia, si tratta più di una diversa distribuzione degli orari che di una vera e propria riduzione a parità di retribuzione. Mentre il governo non esclude del tutto queste iniziative, la maggioranza parlamentare rimane scettica su interventi normativi ampi, favorendo invece approcci basati sulla contrattazione collettiva.