Elezioni Usa, vittoria del caos o scontro finale tra Occidente e Brics in cerca di rivincita?

Le elezioni presidenziali americane 2024 rappresentano un evento decisivo per il mondo intero, in cui si confrontano due visioni: quella dell'Occidente e quella dei Brics

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 4 Novembre 2024 16:12Aggiornato: 5 Novembre 2024 08:28

Le elezioni presidenziali Usa finalmente sono arrivate. Questo voto rappresenta un evento decisivo per il mondo intero, che rivela fratture geopolitiche profonde, in cui si confrontano, di fatto, due visioni del futuro: quella dell’Occidente globale, guidato dagli Stati Uniti, e quella delle potenze emergenti del blocco Brics – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – che aspira a ridefinire l’ordine internazionale. Questo faccia a faccia, sia politico che economico che ideologico, solleva interrogativi profondi: le elezioni americane saranno la vittoria del caos interno, che indebolirà la posizione americana, o saranno invece il palcoscenico di un confronto finale in cui ciascun blocco lotterà per imporre la propria visione sul futuro del mondo?

“Gli Stati Uniti sono segnati da una polarizzazione politica intensa, esacerbata dalle lotte interne tra democratici e repubblicani. Ogni schieramento rappresenta ormai visioni opposte sia sulla politica interna che sugli affari esteri” spiegano a QuiFinanza Edgar Bellow, Professore di Geopolitica e Management Internazionale presso la Neoma Business School, e Nathalie Janson, Professoressa associata di Economia presso il dipartimento internazionale di Finanza dello stesso istituto.

Un’elezione ad alta tensione, dunque, tra crisi interna e polarizzazione…

Questa crisi di fiducia minaccia la stessa stabilità della democrazia americana e alimenta lo scetticismo tra i cittadini. Un Paese diviso indebolisce la sua autorevolezza sulla scena internazionale, offrendo un’opportunità alle potenze del Brics di ‘attaccare’ l’ordine stabilito, tanto più che le lotte economiche e i dibattiti sociali negli Usa sembrano oscurare la loro posizione di leader globale. Se le elezioni daranno un esito incerto o in qualche modo divisivo rispetto ai ‘valori’ occidentali incarnati da Kamala Harris, gli Stati Uniti rischiano di perdere credibilità e capacità di riunire i propri alleati occidentali.

E questo cosa potrebbe significare?

Questo disordine interno potrebbe rafforzare la posizione di Cina, Russia e degli altri membri del Brics, che vedrebbero in questa fragilità un’apertura per affermarsi come alternativa ora davvero reale a un modello occidentale in crisi.

Possiamo dire che i Brics sono alla ricerca di una sorta di rivincita storica?

Il blocco dei Brics, inizialmente formato come una coalizione economica, si è evoluto nel tempo in un fronte comune che cerca di stabilire un contrappeso politico e strategico all’influenza americana ed europea. Questi Paesi, ciascuno a modo suo, hanno ambizioni chiare di rivalutazione geopolitica, in particolare attraverso l’integrazione di nuovi Stati nella loro alleanza, come in America Latina e Africa, come recentemente è successo con Argentina ed Egitto.

Cosa vogliono esattamente?

Il loro obiettivo è chiaro: rompere la dominazione occidentale sulle strutture economiche e politiche globali, proponendo un modello multipolare che sfidi l’unipolarità americana. I Brics cercano anche di liberarsi dalla dipendenza dal dollaro americano, perché costituisce una minaccia diretta per la dominazione economica degli Stati Uniti.

Con il Brics Pay ad esempio, che peraltro avrebbe anche effetti sull’euro…

Esatto, il Brics Pay è uno dei modi. Russia e Cina, in particolare, sono determinate a usare la loro influenza per creare reti finanziarie e commerciali indipendenti dal dollaro, il che indebolirebbe ulteriormente la posizione Usa. Quindi sì, assolutamente, questo progetto rientra in una volontà più ampia di rivincita storica nei confronti di quella che considerano una dominazione dell’Occidente, che per decenni ha sfruttato le risorse e i mercati di Paesi cosiddetti ‘in via di sviluppo’ a favore dei propri interessi.

Se volessimo leggere la geopolitica del voto americano da una prospettiva squisitamente positivista, potremmo dire che questa è una enorme occasione per l’Occidente, anche…

Per gli alleati degli Stati Uniti, queste elezioni americane sono altrettanto cruciali. Ma l’emergere di correnti isolazioniste e anti-interventiste all’interno dell’elettorato americano minaccia l’impegno di Washington nei confronti delle alleanze tradizionali, come la Nato e altri partenariati strategici nell’Asia-Pacifico. Una vittoria repubblicana, in particolare con un candidato isolazionista come Donald Trump, potrebbe accelerare un ritiro degli Usa da diversi impegni internazionali. Questo riorientamento sarebbe percepito dal Brics come un indebolimento dell’Occidente e rafforzerebbe la loro posizione nelle regioni in cerca di nuovi partenariati, in particolare in Africa e America Latina.

E la vecchia, e geopoliticamente debole, Europa?

Gli alleati europei temono un ritiro americano, che lascerebbe Nato e Unione europea vulnerabili di fronte a Russia e Cina. Questa prospettiva potrebbe spingere l’Europa ad adottare una posizione più autonoma, o addirittura a cercare compromessi con i Brics per garantire la propria stabilità. Questo cambiamento rischierebbe però di indebolire ulteriormente la coesione dell’Occidente di fronte alle ambizioni delle potenze emergenti.

Siamo di fronte a una ridefinizione degli equilibri mondiali?

Queste elezioni americane 2024 potrebbero rivelarsi il palcoscenico di una frammentazione profonda dell’ordine mondiale, provocata da crisi interne e divisioni ideologiche, le stesse ampiamente evidenti nella divisione tra i dem di Harris e i repubblicani di Trump. Una democrazia indebolita e divisa potrebbe aprire la strada a un mondo multipolare più frammentato, in cui nessuna potenza detiene un controllo assoluto, e dove le alleanze sarebbero riviste in base agli interessi strategici di ciascuno. Per i Brics, questo scenario rappresenterebbe una vittoria indiretta, poiché un Occidente diviso e disorganizzato indebolirebbe la supremazia americana, aprendo la strada a un riequilibrio delle forze.

E se, al contrario, le elezioni americane portassero a una stabilizzazione interna e a una riaffermazione dell’impegno internazionale di Washington?

In questo caso potrebbe nascere un confronto ancora più diretto tra Occidente e Brics. Gli Usa e i loro alleati potrebbero quindi rafforzare le loro alleanze per contenere l’influenza del blocco Brics, con un’intensificazione delle tensioni e delle sanzioni, e persino confronti indiretti in diversi ambiti economici e tecnologici.

Questo possibile nuovo ordine mondiale ci deve far paura, o ci deve aiutare ad aprirci a nuove opportunità?

Certamente siamo di fronte a qualcosa di ben più grande di un semplice cambio di leadership nazionale. Le elezioni americane del 5 novembre sono il riflesso di un ordine mondiale in mutamento, in cui l’Occidente e i Brics si contendono l’influenza e il futuro della geopolitica internazionale. Il risultato di queste elezioni potrebbe davvero determinare se il mondo volgerà verso un’era di multipolarità e rivalità accentuate, oppure se l’Occidente riuscirà a riaffermare la propria leadership di fronte alle potenze emergenti.

Quindi, per chiudere, vincerà il caos o due visioni del mondo ancora più definite, e diametralmente opposte?

È possibile che la risposta risieda nel mezzo. Ma certamente questo voto, al di là delle questioni puramente nazionali, avrà ripercussioni profonde per la stabilità globale e potrebbe segnare concretamente il punto di svolta verso un nuovo ordine internazionale.