Il latino potrebbe tornare nelle scuole medie. Lo ha affermato Patrizio Bianchi, ministro dell’Istruzione del Governo guidato da Mario Draghi, precisando però che non è possibile immaginare un intervento normativo per reintrodurre la lingua di Giulio Cesare nei programmi. A riportare in auge la questione è stata un’interrogazione parlamentare di Forza Italia presentata dai senatori Antonio Barboni, Anna Maria Bernini, Nazario Pagano, Urania Papatheu e Fulvia Caligiuri.
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La proposta dei senatori di Forza Italia
I parlamentari azzurri hanno ricordato al ministro che la lingua latina non è più presente nelle scuole medie a partire dall’anno scolastico 1977/1978 dopo l’entrata in vigore della legge n. 348 del 1977. Al titolare del dicastero di viale Trastevere hanno chiesto di valutare la possibilità di reintrodurre la materia nelle scuole secondarie di primo grado, dunque le scuole medie.
Alla base della domanda posta al ministro ci sono le “sollecitazioni di diversi studiosi“, ma soprattutto il “grande valore formativo di questa disciplina” che, per i senatori, è funzionale al perfezionamento della comunicazione nella lingua italiana e delle competenze interpersonali, sociali e di cittadinanza che sono “fondamentali per il percorso di crescita dei nostri studenti”.
Torna il latino a scuola? La risposta del ministro Bianchi
Patrizio Bianchi, rispondendo all’interrogazione, si è detto concorde nel riconoscimento del valore formativo delle lingue classiche, che sono “essenziali per comprendere il presente e per sviluppare i saperi fondamentali che conducono alla riflessione e alla più ampia conoscenza del mondo e della società moderni”.
E che contribuiscono, ha spiegato il ministro, allo sviluppo dello spirito critico e del ragionamento necessari per l’emancipazione delle alunne e degli alunni, “per la cittadinanza europea” e per la “difesa dei valori comuni”.
Perché il ministro ha le “mani legate”
Tuttavia la reintroduzione del latino a scuola richiederebbe un intervento normativo di tipo regolamentare che “andrebbe a incidere sull’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola secondaria di primo grado” e una “rimodulazione dell’intero piano di studi e dei relativi quadri orari”.
Una vera e propria riforma che al momento sarebbe impossibile da attuare, anche alla luce delle tante richieste che arrivano dal mondo della scuola e sono relative al ritorno alla normalità dopo i difficili anni segnati dalla pandemia di Covid, che hanno stravolto la vita degli studenti e delle studentesse italiani e di tutto il mondo.
Senza contare poi le recenti polemiche che riguardano l’alternanza scuola-lavoro e il caos che riguarda i Pcto, dopo la morte di Lorenzo Parelli, 18 anni, al suo ultimo giorno di stage. Fascicoli sul tavolo del ministro che non possono essere ignorati in questo periodo storico particolarmente difficile.
Il ruolo e la decisione di presidi e docenti
In ogni caso il ministro Patrizio Bianchi ha ricordato che i collegi dei docenti possono attivare insegnamenti e potenziare discipline, nel limite massimo del 20% dell’orario delle lezioni, come prerogativa del Regolamento sull’autonomia delle istituzioni scolastiche.
Per questo anche nei piani triennali dell’offerta formativa delle scuole medie è possibile prevedere, “se opportunamente deliberato, anche l’insegnamento del latino“. Spetta dunque al dirigente scolastico e ai collegi dei docenti attivarsi con l’introduzione di questa materia nelle scuole, senza una nuova legge o un decreto ministeriale.
Uno scenario che sembra auspicabile da Patrizio Bianchi, che nella risposta all’interrogazione parlamentare dei senatori di Forza Italia ha sottolineato che in questo modo, già a partire dalla scuola secondaria di primo grado “si potrà valorizzare l’eredità della tradizione greca e latina” e trasmetterla a studentesse e studenti “non soltanto come patrimonio del passato, ma come chiave di interpretazione e di lettura della contemporaneità“.