Tasse, l’acconto di novembre diventa a rate: come funziona

L'acconto delle tasse di novembre potrebbe saltare definitivamente. I versamenti potrebbero essere fatti a rate tra gennaio e giugno 2024. Ecco come

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Addio agli acconti delle tasse del mese di novembre. Alcuni titolari di partita Iva potrebbero dimenticarsi delle scadenze del prossimo mese e pagare a rate l’Irpef, l’Ires e l’Irap. Al posto del pagamento in un’unica soluzione sarà possibile saldare le varie imposte attraverso dei versamenti rateali da effettuare tra i mesi di gennaio e giugno 2024. Attenzione, però, la decisione non è ancora definitiva: costituisce una delle fondamenta della riforma fiscale sulla quale sta lavorando il Governo Meloni, è stata approvata nella bozza della Manovra 2024, ma bisognerà aspettare di vedere come evolverà dopo l’iter in Aula con le opposizioni.

L’acconto Irpef di fine novembre

Come funzionano, oggi come oggi, le scadenze fiscali per i vari contribuenti? I titolari di partita Iva devono tenere a mente due scadenze importanti:

  • il 30 giugno quando è necessario versare il saldo delle imposte relative all’anno precedente. Entro questa data è necessario, inoltre, versare un eventuale anticipo per le tasse dell’anno in corso;
  • il 30 novembre, invece, si paga la parte principale delle imposte: si deve versare l’acconto per l’anno in corso.

Un’impostazione di questo genere è stata contestata da più parti, perché – come ha detto giustamente Gusmeroli – si vanno a pagare le tasse in anticipo. La possibilità di rateizzare Irpef, Ires ed Irap permetterebbe, in un certo senso, di mettere le cose a posto.

I potenziali beneficiari della rateizzazione

Chi potrà beneficiare della rateizzazione dell’acconto di novembre delle tasse? A questa domanda Alberto Gusmeroli ha risposto che il governo ci sta ancora lavorando. Si ritiene che possano accedere a questa misura i titolari di partita Iva che sono al di sotto di un determinato fatturato, il quale potrebbe essere fissato a 500.000 euro l’anno.

Maggiori dettagli su questo punto potrebbero arrivare o attraverso un decreto ad hoc, che potrebbe essere approvato nel corso delle prossime settimane, o con un intervento diretto nella Legge di Bilancio. Il governo ha comunque chiarito che le informazioni necessarie saranno fornite ai contribuenti con congruo anticipo rispetto alle scadenze di novembre. I soggetti che rimarranno fuori da questa riforma nel 2023, vi saranno inseriti a partire dal 2024.

Il governo, infatti, ha intenzione di allargare a tutti i titolari di partita Iva il sistema di pagamento a rate degli acconti di novembre a partire proprio dal prossimo anno.

Quanto costa questa operazione

Permettere la rateizzazione dell’acconto Irpef quanto verrebbe a costare allo Stato? Soffermandosi solo sull’imposta sulle persone fisiche stiamo parlando di un’operazione del valore di 9 miliardi di euro. Che non vanno perduti. Invece che essere incassati nel corso del mese di novembre arriverebbero nel corso del nuovo anno, nei mesi compresi tra gennaio e giugno. Istat ed Eurostat hanno, comunque, certificato che la rateizzazione del secondo acconto non necessità di coperture. Si verrebbe a creare, semplicemente, un problema di cassa per l’anno in corso.

Le novità, però, potrebbero non limitarsi a quelle che abbiamo annunciato fino a questo punto. Secondo Gusmeroli, una volta andato a regime, il nuovo sistema di ratealizzazione può ridurre o addirittura abolire la ritenuta d’acconto, riducendo, in questo modo, molti grattacapi in campo alle imprese.

Acconto delle tasse a rate: come dovrebbe funzionare

I requisiti per poter beneficiare della rateazione del secondo acconto di novembre devono essere ancora definiti. Al momento sul tavolo del Ministero dell’Economia ci sono diverse simulazioni: l’intento è quello di non gravare particolarmente sui conti pubblici. Siamo, infatti, in prossimità della Legge di Bilancio, la cui redazione risulta essere particolarmente complessa a causa delle poche risorse disponibili.

Ma a livello operativo come potrebbe funzionare la rateazione del secondo acconto delle tasse? Operativamente, in linea di massima, potrebbe riprendere lo stesso schema che abbiamo già visto per le scadenze di fine giugno. Questo significa che per le somme emerse dalla dichiarazione dei redditi, relative al secondo acconto di Irpef, Ires, Irap ed imposte sostitutive dovranno essere versate in sei rate, il cui pagamento dovrà essere effettuato tra gennaio e giugno.

Questo significa, molto semplicemente, che l’appuntamento del 30 novembre è destinato a saltare completamente. I contribuenti avranno la possibilità di saldare quanto dovuto in più rate a partire dal mese di gennaio dell’anno successivo rispetto a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi.

Come abbiamo anticipato, per il momento, risultano ancora da definire i criteri specifici per riuscire a portare a casa la misura. Istat ed Eurostat hanno già provveduto a certificare che il semplice rinvio dei versamenti non rappresenta un costo per lo Stato. In altre parole non è necessaria una copertura per l’anno in corso: ai fini pratici ci sarebbe semplicemente una riduzione di cassa.

Per il momento la partita ruota intorno alle effettive possibilità che il governo ha a disposizione per avviare la rateizzazione del secondo acconto già da quest’anno. Rimaniamo in attesa, per il momento, di un provvedimento ad hoc per la definizione dei criteri.

E i lavoratori dipendenti

Nel caso in cui la rateizzazione dell’acconto delle tasse di novembre dovesse diventare una realtà già dal 2023 per i lavoratori autonomi, sarà necessario mettere in campo anche degli interventi per i dipendenti.

Una delle ipotesi al vaglio – quella che al momento sembra essere più accreditata – è che possa essere anticipata la detassazione delle tredicesime, almeno per i contribuenti che hanno i redditi più bassi: fino a questo momento si è parlato di un tetto che potrebbe oscillare intorno ai 20-25.000 euro.