Cos’è la tassa di soggiorno? Ma soprattutto come funziona? Volendo rispondere al volo a questa domanda possiamo affermare che è uno strumento fiscale attraverso il quale i Comuni riescono ad acquisire gettito dai turisti che vengono ospitati dalle varie strutture ricettive che sono disseminate sul territorio.
Data la sua particolare conformazione, la tassa di soggiorno dovrebbe essere chiamata più correttamente imposta di soggiorno. Prevede il versamento di un importo che oscilla tra 1 e 10 euro. Questa particolare tassa è stata introdotta nuovamente nel 2011 dopo che era stata abolita vent’anni prima. La sua origine risale addirittura al 1910 quando venne introdotta per la prima volta nel nostro paese per le stazioni termali, climatiche e balneari. Nel 1989 venne abolita, per essere reintrodotta nel 2011.
L’elenco dei Comuni che hanno deciso di adottarla è particolarmente lungo. Le città interessate alla sua introduzione devono approvare un’apposita delibera attraverso la quale devono essere individuati i soggetti tenuti al suo pagamento e le modalità attraverso le quali deve essere attuata all’interno del territorio comunale. Le città più importanti nelle quali attualmente si paga la tassa di soggiorno sono: Milano, Roma, Firenze e Venezia.
Ma cerchiamo di capire nel dettaglio come funziona questa imposta e se sono previste delle eventuali esenzioni.
Indice
Tassa di soggiorno, chi la deve pagare nel 2024
Non è possibile stilare un elenco preciso e dettagliato dei soggetti che sono tenuti al versamento della tassa di soggiorno. Le regole e le disposizioni, infatti, variano da Comune a Comune: il regolamento è strettamente locale e, quindi, può essere differente. L’imposta viene aggiunta al costo della camera nella quale si viene ospitati e può variare, in genere, tra 1 e 10 euro a seconda di dove si sta alloggiando.
È importante sottolineare che la tassa di soggiorno è dovuta da tutti coloro che sono ospitati nelle strutture ricettive presenti nel comune come:
- alberghi;
- agriturismi;
- Bed & Breakfast;
- stanze affittate con AirBnB.
Ad ogni modo la normativa prevede una serie di esenzioni per determinate categorie di ospiti. Non pagano la tassa di soggiorno, prima di tutto, i residenti. Sono previste delle dispense, inoltre, per i seguenti soggetti:
- accompagnatori turistici;
- autisti di pullman;
- disabili e accompagnatori;
- bambini;
- malati e assistenti ai degenti ricoverati presso strutture sanitarie;
- ostelli della gioventù;
- membri delle forze armate;
- lavoratori all’interno del comune.
I soggetti esentati dal pagamento della tassa di soggiorno devono compilare un’apposita certificazione attraverso la quale attestino di appartenere ad una delle categorie che sono esentate dall’obbligo di versare l’imposta.
Chi è tenuto a pagare la tassa di soggiorno
Ad essere tenuti al versamento della tassa di soggiorno sono i soggetti ospitati all’interno delle strutture ricettive di un qualsiasi Comune, che abbia approvato una delibera con la quale è stato introdotto il tributo.
A fornire indicazioni precise e dettagliate su come le varie amministrazioni comunali si debbano muovere è l’articolo 4 del DLGS n. 23/2011, al cui interno sono contenute alcune disposizioni che riguardano il federalismo municipale. Entrando un po’ più nello specifico, il testo del decreto prevede che l’ammontare della tassa di soggiorno sia affidata direttamente agli enti territoriali.
Ad ogni modo non è obbligatorio introdurre l’imposta: ogni singola municipalità può decidere se adottarla o meno. L’elenco dei comuni nei quali è dovuto questo obolo, quindi, può variare di anno in anno, a completa discrezione delle varie amministrazioni comunali che possono decidere di introdurla per la prima volta o di toglierla completamente.
La tassa di soggiorno può essere introdotta dai comuni capoluogo di provincia, dalle unioni di comuni, dai comuni che rientrano negli elenchi regionali delle località turistiche o le città d’arte.
Tassa di soggiorno: una scelta non omogenea
La tassa di soggiorno non viene quindi applicata ovunque. E gli importi non sono sempre gli stessi. Anche la definizione dei soggetti che sono tenuti o meno a versare l’imposta non è uguale in tutta Italia: chi è esente o chi è tenuto al pagamento sono scelte prese a livello locale e che spettano alle singole amministrazioni.
Al momento c’è un’unica eccezione che riguarda Roma. In questo caso risulta essere in vigore il Decreto Legge 78/2010. Chi soggiorna nella capitale può arrivare a pagare una tassa di soggiorno di 10 euro contro una media che oscilla intorno ai 5 euro delle altre città.
Quanto viene versato attraverso la tassa di soggiorno viene utilizzato per finanziare degli interventi di turismo, a sostegno delle strutture ricettive o per la manutenzione e il recupero dei beni culturali. Queste disposizioni di spesa, quanto meno, dovrebbero dissipare i timori di eventuali aumenti della pressione fiscale a carico dei turisti. Riuscendo a garantire allo stesso tempo dei servizi aggiuntivi.
Quanto incassano i comuni con la tassa di soggiorno?
A cercare di delineare quanto entra nelle casse dei comuni grazie a questa imposta ci ha pensato l’Osservatorio Nazionale sulla Tassa di Soggiorno, che è redatto da JFC. Grazie a questo tributo è stato generato un gettito pari a 702 milioni di euro nel corso del 2023, un importo in salita del 9,5% rispetto al 2022. Si stima che il trend in crescita possa continuare nel 2024, fino ad arrivare a 800 milioni di euro.
La città che riesce ad incassare di più è Roma, dove l’ultimo ritocco dell’imposta è arrivato lo scorso mese di ottobre: nella Capitale per dormire in un albergo a 5 stelle si pagano 10 euro a notte. In media, però, il contributo è pari a 5,50 euro contro i 3,7 euro del 2023. A Firenze il comune ha deciso di aumentare il tetto massimo fino ad 8 euro e a Venezia il tributo è di 5 euro, ma viene chiesta la stessa cifra per i visitatori giornalieri.
In sintesi
La tassa di soggiorno deve essere pagata dai turisti che soggiornano almeno una notte nelle strutture alberghiere. L’importo varia da città a città, perché l’ammontare dell’imposta viene deciso a livello locale. Così come le esenzioni.