Il redditometro cambia volto, ma continuerà a controllare le dichiarazioni dei contribuenti

Il Governo è intenzionato a cambiare il volto del redditometro. Ma non ne modificherà l'essenza. Cambierà il metodo, aumenteranno le tutele ma i controlli resteranno

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Sono le parole ad incutere terrore. Spesso nemmeno ci si preoccupa quale concetto ci sia dietro ad un termine, ad una locuzione o a un modo di dire. Parlare, oggi come oggi, di redditometro mette soggezione. Questo, forse, è il motivo per il quale la Commissione Finanze e Tesoro del Senato nella seduta che si è tenuta lo scorso 10 luglio 2024 ha intenzione di definire una sua nuova identità. Il progetto scaturisce dai lavori correttivi della riforma fiscale, che ha chiesto al Governo di mettere mano al redditometro cercando di dargli un nuovo volto.

Ma perché si vorrebbe cambiare volto a questo strumento? In molti si ricorderanno che, nel corso del mese di maggio, è ventilata l’ipotesi di reintrodurre il redditometro – uno strumento che analizza le spese sostenute dai contribuenti per verificare quale sia la loro capacità contributiva – e subito sono state sollevate non poche polemiche. Anche all’interno dello stesso Governo.

Nel giro di pochi giorni il MEF si è trovato nella situazione di sospendere l’accertamento sintetico con un atto di indirizzo: in quell’occasione è stata annunciata l’intenzione di ridefinire i contorni dello strumento.

Ma entriamo un po’ nel dettaglio e cerchiamo di capire cosa stia accadendo.

Redditometro, cambia il nome ma non la sostanza

La parola redditometro, per la maggior parte dei contribuenti oltre che per la politica, preoccupa. Ma soprattutto resta una parola impronunciabile. L’esigenza di costruire un nuovo strumento con il quale stanare gli evasori parte proprio dalla sua negazione. Sul parere fornito dalla Commissione sul decreto correttivo della riforma fiscale si legge quanto segue:

La Commissione sollecita quindi il Governo a incrementare le tutele dei contribuenti, evitando di ripristinare strumenti e istituti a carattere induttivo di massa (come ad esempio il cosiddetto redditometro), ma definendo l’ambito esclusivamente sui singoli casi di contribuenti che presentano ex ante profili di rischio fiscale.

Da questa affermazione, l’attività di controllo e verifica dei redditi dichiarati e delle spese sostenute sembrerebbe essere capillare e, ad un primo sguardo, ad ampio raggio. Ma andando a guardare per bene i numeri ci si accorge che il redditometro, in realtà, viene applicato in maniera residuale. Tanto che, nel corso degli ultimi anni, ha permesso di recuperare unicamente 300.000 euro. I dati arrivano dalla Corte dei Conti, che li ha pubblicati in una relazione del 2023. E hanno avuto un merito ben preciso: sottolineare la scarsa valorizzazione degli accertamenti sintetici nella strategia dei controlli fiscali.

Come funziona il redditometro

A questo punto una domanda è lecita: come funziona il redditometro e perché preoccupa così tanto i contribuenti ed il mondo politico? Volendo sintetizzare al massimo il redditometro è uno strumento che serve per determinare in maniera sintetica il reddito delle persone fisiche. Attraverso questo strumento, l’Agenzia delle Entrate accende i riflettori sulle capacità reali di spesa dei contribuenti. In questo modo riesce a risalire al reddito presunto di una determinata persona, partendo da una serie di beni o di servizi che sono in suo possesso. Partendo proprio da questi presupposti riesce a calcolare quali sono le tasse che dovrebbe versare in linea teorica.

Il nocciolo del contendere – che preoccupa la politica e i contribuenti – è la determinazione sintetica del reddito: attraverso questo dispositivo l’Agenzia delle Entrate riesce a determinare quale sia il reddito complessivo di un contribuente, basandosi direttamente sulle spese che lo stesso ha sostenuto nel periodo d’imposta. Se il soggetto in questione ha evaso in parte o completamente le tasse, attraverso il redditometro è possibile determinare quali tasse debba versare. I controlli scattano nel momento in cui il reddito accertabile supera quello dichiarato del 20%.

Reddito complessivo, come viene ricostruito

Il redditometro non è una novità voluta da Maurizio Leo. Ma affonda le sue radici nel passato: esiste dal lontano 1973 ed è stato ripescato nel 2010 dal governo Berlusconi. È stato poi sospeso nel 2018. Il meccanismo è quindi conosciuto da tempo, ma la novità del 2024 è costituita dall’individuazione degli elementi indicativi della capacità contributiva. Stiamo parlando di una serie di indicatori che l’Agenzia delle Entrate dovrebbe iniziare ad utilizzare per riuscire a determinare il reddito complessivo. Tra questi ci sono:

  • i generi alimentari;
  • l’abbigliamento;
  • le case;
  • gli elettrodomestici;
  • le spese per i trasporti.

Ma non solo. Sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate ci passeranno:

  • le spese per il mutuo;
  • gli abbonamenti televisivi;
  • i giochi;
  • le automobili;
  • le azioni.

Il reddito dei contribuenti verrà dedotto utilizzando i dati in possesso dell’anagrafe tributaria. E di quelli che, per qualsiasi motivo, siano in possesso dell’amministrazione finanziaria, come per esempio, i pagamenti tracciati. Quando questi dati dovessero mancare, viene utilizzata la cosiddetta spesa minima per le singole voci che sono desunte dall’indagine che l’Istat effettua annualmente sulla spesa delle famiglie.

Ma non solo. Vengono individuate undici tipologie di nuclei familiari e cinque diverse aree territoriali sulle quali effettuare le indagini a campione. Viene differenziato, in questo modo, il costo della vita in base al tipo di famiglie e al posto nel quale le persone stanno vivendo. Sarà possibile effettuare i controlli sulle dichiarazioni a partire dal 2016.

Cosa è stato chiesto al Governo

Quando si parla di redditometro, a far destare le maggiori preoccupazioni è la possibilità di rideterminare in via deduttiva il reddito complessivo del contribuente. La richiesta effettuata al Governo è stata quella di delineare:

gli strumenti induttivi di ricostruzione del reddito affidati all’Agenzia dell’Entrate, da indirizzare esclusivamente verso le situazioni che presentano alti livelli di scostamento di congruità tra spese e redditi dichiarati, anche prevedendo soglie percentuali che riducano o eliminino la discrezionalità dell’Agenzia delle Entrate.

In sintesi

Sostanzialmente il compito del redditometro non cambierà in futuro. Continuerà a controllare i redditi dei contribuenti: questo è il suo scopo. Quelle che dovrebbero essere introdotte sono delle maggiori tutele per i contribuenti. Ma soprattutto non dovrebbero essere introdotti degli strumenti induttivi, attraverso i quali stabilire quanto guadagnano le persone.

In un certo senso lo strumento sembra destinato a cambiare. E magari non si chiamerà nemmeno più redditometro. Ma i controlli verranno effettuati in altra maniera, basandosi su altri tipi di parametri.