Nel bagaglio di conoscenze di ogni buon professionista, ci devono essere anche quelle relative al fisco. Quando si è dotati di una partita Iva, è necessario essere a conoscenza delle modalità attraverso le quali il proprio reddito viene tassato. Nel momento in cui un lavoratore autonomo svolge un’attività all’estero, è bene che sia a conoscenza di alcune informazioni importanti: la tassazione, per le attività svolte oltre frontiera, è condizionata dalla presenza di una base fissa nello Stato estero. Ma soprattutto può essere condizionata dalla presenza o meno di una convenzione bilaterale.
I professionisti, dotati di una partita Iva, nel momento in cui devono pagare delle imposte all’estero, devono capire se e come possono recuperarle in Italia.
Spesso e volentieri, può capitare che un professionista dotato di partita Iva debba recarsi all’estero per svolgere la propria attività professionale. Il classico esempio può essere quello dell’avvocato, che deve seguire una causa all’estero per conto di un suo cliente. Caso simile può essere quello del consulente aziendale, che si reca oltre confine per seguire una pratica. Questi sono i classici casi nei quali è necessario domandarsi quale sia il regime impositivo, che deve essere applicato, ai fini delle imposte dirette. E soprattutto se vengono applicate le cosiddette ritenute in uscita.
Le domande che si devono porre i diretti interessati, quando si trovano in questa situazione, sono le seguenti:
- i redditi derivanti dalle attività professionali svolte all’estero, in quale paese devono essere tassate?
- i compensi percepiti devono essere tassati in Italia e all’estero?
- è possibile evitare la doppia tassazione?
- è possibile recuperare in Italia eventuali imposte pagate all’estero?
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Indice
Partita Iva, le prestazioni effettuate all’estero
Come si devono comportare i professionisti, che svolgono un’attività professionale all’estero? Cerchiamo di rispondere in maniera sintetica a questa domanda. Le convenzioni internazionali, che sono state sottoscritte dall’Italia, si rifanno al modello di convenzione Ocse, al cui articolo 14 sono indicate le modalità di tassazione dei redditi professionali. La convenzione prevede quanto segue:
I redditi che un soggetto residente di uno Stato (Italia) ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente in un Paese estero sono imponibili soltanto nello Stato di residenza del professionista (Italia). A meno che questi non disponga di una sede fissa stabile all’estero.
Sintetizzando al massimo, questo significa che il reddito percepito da un professionista titolare di partita Iva deve essere tassato unicamente nel suo paese di residenza fiscale. Caso diverso è quello che del reddito percepito attraverso la presenza di una stabile organizzazione – una sede fissa, per intenderci – in un paese straniero.
Sede fissa all’estero: che cosa si intende
A questo punto è necessario comprendere che cosa si intenda per sede fissa: è, a tutti gli effetti, un ufficio messo a disposizione del professionista, nel quale lo stesso esercita in parte o del tutto la propria prestazione professionale nel territorio dello Stato.
Quando si parla di attività professionale, per base fissa si intende un ufficio nel paese estero. Solo e soltanto in questo caso, i redditi devono essere tassati nel paese dove sono stati prodotti. Quando si viene a generare questa situazione, il professionista titolare di partita Iva deve attribuire alla Stabile organizzazione gli utili, che questa ha conseguito per sottoporli a tassazione nel paese dove questi sono stati generati.
Questo è il caso in cui si viene a generare il fenomeno della doppia imposizione giuridica del reddito.
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Imposte estere: paesi convenzionati con l’Italia
Quando il paese in cui il professionista presta la propria attività è convenzionato con l’Italia, sono due le situazioni che si possono venire a generare:
- presenza di una base fissa all’estero da parte del professionista italiano;
- presenza di una stabile organizzazione all’estero di un soggetto italiano.
Attraverso la risoluzione n. 154/E/2019, l’Agenzia delle Entrate indica due strade diverse per risolvere il problema della doppia imposizione per i titolari di partita Iva. La stabile organizzazione riguarda esclusivamente le attività economiche di tipo commerciale. Il professionista, invece, che non esercita un’attività di tipo commerciale, non ha una stabile organizzazione, ma ha una base fissa d’affari.
L’Agenzia delle Entrate, nel caso in cui il professionista dotato di partita Iva, sia in possesso di una semplice base fissa e, per questo motivo, sia assoggettato alla tassazione locale, può chiedere il rimborso delle tasse pagate all’amministrazione estera. Per farlo dovrà dimostrare che quel determinato reddito è tassato integralmente in Italia. In questo caso il professionista non ha la possibilità di invocare il credito per le imposte estere, come è previsto dalle Convenzioni internazionali.
Partita Iva: attività svolta in paesi senza convenzione
Cosa accade, invece, nel caso in cui la prestazione professionale venga resa in un paese straniero, con il quale l’Italia non ha sottoscritto alcuna convenzione? Qui siamo costretti ad andare ad affrontare una situazione leggermente più complessa.
Secondo la prassi adottata dall’Agenzia delle Entrate, le prestazioni assoggettate a tassazione locale in paesi stranieri, che non abbiano sottoscritto una convenzione con l’Italia, danno la possibilità di determinare il credito di imposta. Credito previsto dall’articolo 165 del DPR n. 917/86. Il credito è applicabile soltanto in presenza di tutte le condizioni previste dalla norma. È necessario, sul punto, prestare attenzione alla natura di imposta sul reddito del tributo pagato. Questione non sempre semplice da appurare.
Come recuperare le imposte estere?
La domanda che, a questo punto si pone il contribuente è come possa recuperare le imposte estere, per il lavoro autonomo effettuato oltre frontiera.
Il professionista, a questo punto si può trovare davanti a due situazioni:
- opera in un paese estero, senza convenzione con l’Italia: in questo caso può recuperare l’imposta versata con credito per imposte estere, in base all’articolo 165 TUIR;
- opera in un paese estero con convenzione con l’Italia: la convenzione consente l’applicazione del credito per imposte estere ma l’Italia richiede il rimborso di quanto pagato all’estero.
Mentre la prima situazione appare abbastanza chiara, la seconda necessità di un approfondimento. In altre parole il professionista, per evitare la doppia imposizione, deve richiedere il rimborso delle tasse pagate all’estero. Questa, che è un’interpretazione data dall’Agenzia delle Entrate, appare poco condivisibile, anche alla luce delle disposizioni convenzionali, ma tuttavia risulta essere l’unica strada percorribile.