Iva, cambia la detrazione: le novità della Cassazione

La Corte di Cassazione prende posizione sulla detraibilità dell'Iva della merce importata. Ecco quando si può scaricare

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Quando è esigibile l’Iva relativa a della merce importata dall’estero? Ma soprattutto quando risulta essere effettivamente detraibile dall’acquirente? A dare una risposta a queste domande ci ha pensato la Corte di Cassazione, attraverso la sentenza n. 25891 del 5 settembre 2023: l’Iva all’importazione risulta essere esigibile e detraibile dopo lo sdoganamento.

La suprema corte, inoltre, ribadisce e sottolinea che quando vengono effettuate delle operazioni che risultino essere soggettivamente inesistenti, all’Agenzia delle Entrate è sufficiente provare – anche per via indiziaria – che la prestazione non è stata realmente resa dal soggetto che ha provveduto a fatturarla. Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire meglio cosa stia accadendo.

L’Iva sulla merce importata

Attraverso la sentenza n. 25891 del 5 settembre 2023 la Corte di Cassazione ha ufficialmente chiarito che l’obbligo di applicazione dell’Iva per la merce che è stata importata e il relativo diritto alla sua maturazione sorgono soltanto al momento dello sdoganamento. Questo avviene indipendentemente da quando venga effettuata la fattura e indipendentemente dal fatto che i beni si trovino fisicamente già in Italia.

Nel caso in cui non venisse adottato questo assunto, si dovrebbe ammettere la possibilità di esercitare il diritto a detrarre un’imposta che non esiste ancora.

La presa di posizione da parte della Suprema Corte parte da un caso specifico che i giudici hanno esaminato: il ricorso presentato dalla società Alfa S.p.A., che opera nel settore siderurgico, contro un avviso di accertamento attraverso il quale l’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto la detrazione dell’Iva effettuata dalla società, relativa a due fatture emesse dalla società Beta S.r.l. (la n. 20 del 4 giugno 2008) ed una emessa dalla società Gamma S.r.l. (la n. 29 del 31 luglio 2008) relative ad un’operazione priva del requisito di territorialità.

L’annullamento dell’avviso

Ad accogliere il ricorso è stata la Ctp di Bologna, che ha anche annullato l’avviso. L’Agenzia delle Entrate a questo punto ha deciso di proporre un appello. La Ctr Emilia Romagna procedeva a decidere in questo senso:

  • accoglie parzialmente l’appello ed in parziale riforma dell’impugnata sentenza e decide di rigettare il ricorso di Alfa Spa avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate. Nello specifico viene rigettata la parte nella quale l’amministrazione finanziaria ha recuperato l’Iva detratta in relazione alla fattura n. 29 del 31 luglio 2008 emessa da Gamma srl. Ha quindi provveduto ad emettere le relative sanzioni e i dovuti interessi;
  • viene rigettato tutto il resto.

Contro la sentenza della Ctr l’Agenzia delle Entrate ha deciso di proporre un ricorso direttamente in Cassazione per un determinato motivo, con il quale la S.p.A resisteva proponendo un controricorso.

La presa di posizione della Cassazione

Attraverso la sentenza n. 25891/2023 la Corte di Cassazione ha preso posizione sul ricorso erariale e ha deciso di rigettare quello incidentale, rinviando la controversia ad altra sezione della Ctr Emilia Romagna.

Entrando un po’ più nel merito, benché l’Agenzia delle Entrate avesse messo in evidenza che la Ctr aveva rilevato che Beta srl fosse una società che generalmente compiesse delle frodi Iva, andando ad esaminare gli elementi riportati dall’amministrazione finanziaria che potessero ricondurre alla frode da parte di Alfa Spa ha esaminato

alcuni degli elementi prospettati dall’Ufficio in una prospettiva atomistica senza dare una valutazione complessiva della [loro] concordanza.

Gli uffici competenti avevano, inoltre, provato la natura di cartiera di Beta Srl e avevano messo in evidenza alcuni rapporti anomali tra questa società e Alfa Spa, che erano relativi all’effettiva applicazione di prezzi unitari decrescenti e in relazione al pagamento effettuato attraverso una sola nota di credito irrevocabile e trasferibile. Oltre tutto veniva esposta l’Iva prima che la merce venisse sdoganata.

Secondo i giudici della suprema corte poco importava, sostanzialmente, se i prezzi di vendita di una certa merce fossero allineati o meno rispetto ai valori di mercato. È noto, infatti, che gli operatori effettuano i loro approvvigionamenti al prezzo più basso. Non spettava, quindi, documentare che la riduzione del prezzo fosse giustificata o meno dall’andamento dei prezzi di mercato, dato che quanto richiesto da Beta srl si poneva sensibilmente al di sotto rispetto ai prezzi di mercato. Al contrario, invece, era compito di Alfa Spa dimostrare la rispondenza del prezzo ai valori di mercato, anche quando veniva registrato il suddetto andamento decrescente o a valle, la non valutabilità di un prezzo pur sottocosto e ad andamento decrescente quale elemento che avrebbe potuto fungere, per essa stessa alla stregua di un campanello d’allarme rispetto alla frode in atto a iniziativa di Beta Srl.

L’obbligo dell’Iva sulla merce importata

La Corte di Cassazione ha, quindi, ritenuto in parte inammissibili i motivi di un controricorso incidentale proposto dalla società. I giudici della Suprema Corte hanno quindi enunciato il seguente principio di diritto: quando ci si riferisce a della merce importata, l’obbligo di applicazione dell’Iva – da cui scaturisce il relativo diritto ad ottenerne la detrazione – sorge solo e soltanto nel momento in cui la merce viene immessa giuridicamente in Italia. Questa operazione viene effettuata attraverso le varie procedure di sdoganamento, che comportano l’accettazione dell’autorità doganale – che proprio per il suo ruolo procede ad accertare, liquidare e riscuotere l’Iva – e la dichiarazione dell’importazione effettuata dal presentatore della merce.

L’applicazione e la deducibilità dell’Iva viene effettuata a prescindere dal fatto che la relativa fattura della cessione sia già stata emessa e che la merce si trovi fisicamente all’interno del nostro paese. Solo e soltanto in questo momento sorge il presupposto per l’assoggettamento della merce all’Iva perché è stata nazionalizzata. In caso contrario non è possibile esercitare il diritto di detrazione per un’imposta che non risulta essere ancora esistente.