Ma in caso di dichiarazioni non veritiere, finalizzate all’abbattimento delle tasse, il commercialista risponde della non conformità del 730, anche se è stato il cliente a fornire le informazioni sbagliate? Sulla questione si è espressa l’Agenzia delle Entrate, provando a fare chiarezza.
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Dati falsi nel 730: quando è colpa (anche) del commercialista?
Se il commercialista presenta un 730 con dei dati non corrispondenti alla realtà dei fatti, anche se è stato il cliente a richiederglielo, la sua colpa non è del tutto esclusa. A fare chiarezza su questo passaggio è proprio l’Agenzia delle Entrate che su FiscoOggi, il suo magazine, cita una recente sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, la n. 3352 del 3 novembre 2022.
Come stabilito dal giudice, “il concorso del commercialista nella condotta delittuosa del contribuente può essere configurato con l’inserimento, da parte del professionista, nella dichiarazione dei redditi, di dati che risultino non veritieri, finalizzati all’abbattimento del reddito imponibile”. Il fatto che sia stato il cliente a richiedere l’inserimento di informazioni non veritiere e conformi, quindi, non esclude la colpa del professionista, ma tale circostanza, quanto meno, integra il requisito soggettivo della colpa.
La sentenza e i nuovi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
La sentenza ha fatto seguito ad alcune irregolarità riscontrate da parte dell’Agenzia delle Entrate dopo una serie di controlli incrociati. In particolare, l’Amministrazione finanziaria, nell’espletamento della propria attività istituzionale di controllo, aveva riscontrato una serie di anomalie sulla posizione fiscale di diversi soggetti.
Dalle indagini, poi, sono emerse specifiche violazioni fiscali attribuibili a un numero di imprenditori e di lavoratori autonomi, tutte volte a elidere totalmente o abbattere grandemente le imposte dovute oppure ancora creare crediti inesistenti.
“Ebbene, tutti i contribuenti, la cui posizione era stata oggetto del suddetto controllo, erano assistiti dallo stesso consulente tributario – si legge della rivista AdE – il quale risultava, altresì, come soggetto che aveva trasmesso le relative dichiarazioni fiscali”.
A seguito di accertamenti portati avanti dalle autorità e ricorsi impugnati dal commercialista implicato, si è arrivati poi alla sentenza finale, per cui – nell’accogliere l’appello erariale – la Corte di giustizia tributaria della Calabria ha ribadito che: L’avviso di accertamento a carico del consulente fiscale della Snc era stato emesso legittimamente in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 9 Dlgs n. 472/1997 (secondo cui, qualora il professionista concorre nella violazione tributaria commessa dal cliente, ciascuno di loro soggiace alla sanzione per questa disposta)”.
“Al riguardo, pur essendo richiamata dall’ufficio accertatore la mera qualità del consulente quale ‘intermediario’ della presentazione, per via telematica, delle dichiarazioni modello Unico, Iva e Irap, non risultava contestato dal professionista l’assunzione dell’incarico professionale, per conto del cliente, della predisposizione delle dichiarazioni”. Pertanto – ha osservato la Corte – trattandosi dell’inserimento in dichiarazione di dati non veritieri finalizzati all’abbattimento del reddito di imponibile, e quindi a uno sconto delle tasse non spettante, si può affermare che sussiste, senza dubbio, “per la specifica attività professionale svolta dal consulente, anche il requisito soggettivo della condotta concorsuale che, a tal proposito, conferma la colpa del commercialista e non lo esonera da responsabilità”.
Da qui, la conclusione del Collegio calabrese circa la “corretta configurabilità del concorso del commercialista nella realizzazione delle condotte illegittime attribuite al proprio cliente”.